sabato 26 marzo 2016

Marco Aurelio e Spinoza

Marco Aurelio, Pensieri, V, 21 :

Venera l'autorità suprema dell'universo, cioè quella che di tutto si vale e tutto governa. In pari modo venera anche l'autorità suprema che è in te, che è della stessa natura di quella. Anche in te, infatti, questa autorità si vale di tutto il resto, e al suo governo è sottoposta la tua vita. ( trad. di Maristella Ceva )

Τῶν ἐν τῶι κόσμωι τὸ κράτιστον τίμα· ἔστι δὲ τοῦτο τὸ πᾶσι χρώμενον καὶ πάντα διέπον. ὁμοίως δὲ καὶ τῶν ἐν σοὶ τὸ κράτιστον τίμα· ἔστι δὲ τοῦτο τὸ ἐκείνωι ὁμογενές. καὶ γὰρ ἐπὶ σοῦ τὸ τοῖς ἄλλοις χρώμενον τοῦτό ἐστι, καὶ ὁ σὸς βίος ὑπὸ τούτου διοικεῖται.


Spinoza, Trattato teologico politico, cap. I, 28 :

Tutto è infatti avvenuto per effetto della potenza di Dio : anzi, poiché la potenza della natura non è nient'altro che la stessa potenza di Dio, è certo che noi, nella misura in cui ignoriamo le cause naturali, non intendiamo la potenza di Dio; perciò è stolto ricorrere alla potenza di Dio quando di qualcosa ignoriamo la causa naturale, cioè la stessa potenza di Dio. ( trad. di Alessandro Dini )

Imo quia Naturae potentia nulla est nisi ipsa Dei potentia, certum est nos eatenus Dei potentiam non intelligere, quatenus causas naturales ignoramus; adeoque stulte ad eandem Dei potentiam recurritur, quando rei alicujus causam naturalem, hoc est, ipsam Dei potentiam ignoramus.

Deinde quia rerum omnium naturalium potentia nihil est nisi ipsa Dei potentia, per quam solam omnia fiunt, et determinantur, hinc sequitur, quicquid homo, qui etiam pars est naturae, sibi in auxilium, ad suum esse conservandum parat, vel quicquid natura ipso nihil operante, ipsi offert, id omne sibi a sola divina potentia oblatum esse, vel quatenus per humanam naturam agit, vel per res extra humanam naturam. Quicquid itaque natura humana ex sola sua potentia praestare potest ad suum esse conservandum, id Dei auxilium internum, et quicquid praeterea ex potentia causarum externarum in ipsius utile cedit, id Dei auxilium externum merito vocare possumus.
( caput III, 46 )

L'affinità di pensiero di questi due filosofi testimonia la continuità della Filosofia perenne.

sabato 19 marzo 2016

La sirena

E' dolce il tuo sorriso
sull'amabile viso,
di ragazza fiorente
un respiro nascente,
come lume d'aurora
sopra il mare s'irrora,
freme il flutto domato
all'incanto del fiato.
La mia ombra t'è accanto,
il mio unico vanto,
quale raggio lunare
nella valle dispare.
Seducente chiarore
d'invincibile ardore,
o bellezza infinita
che diffondi la vita,
te potessi cantare
quasi brezza sul mare,
e tuo proprio strumento
risuonare nel vento.
Echeggiare lontano
in un murmure arcano,
e blandire una rada
d'una oscura contrada,
ove giace fra spini
della terra ai confini.
E sia voce che effonda
uno spiro sull'onda
e nel fiotto d'argento
l'occhio sorga già spento,
e vi brilli l'amore
nel risorto calore.
Già nel bosco destato
regna il popolo alato
e una musica viva
si propaga alla riva.
E la selva s'appresta
per la dolce tua festa,
o creatura radiosa,
di baciarti bramosa.
Trema il ramo nell'aria,
come all'iride varia
del tuo sguardo si sveli
un fiorire di steli.
O tu grazia sperata
d'una vita sognata,
o sorriso immaturo
d'un ignoto futuro,
il mio volto ti vede
quando meno ti crede.
Tu ritorni eternata
dalla mente formata,
tu mia gioia e dolore
nel trionfante splendore.
Nel mattino respira
ed il mare ti ammira,
da montagne virenti
stormi esultano ardenti,
ferve al lido il corsiero
percotendolo fiero.
L'onda viva s'immilla
sullo scoglio che brilla,
quasi biondi capelli
smuove l'alghe ribelli.
Nel fluttuante baleno
gioca il giorno sereno,
gioca in alto il gabbiano
circondandolo piano.
Tu, mia bella, sorridi
ed al sole ti affidi,
che fra nuvole ambrate
le procelle ha frenate
e i suoi raggi focosi
dagli inniti insidiosi.
Tu, mia bella, sorridi
verso i tremuli lidi
nell'albano velame
sovra creste di rame,
che s'impennano algenti
sotto i garruli venti.
Nei tuoi occhi l'azzurro
si rispecchia al sussurro
dell'aeree pianure,
e sinuose e sicure
dive sorgono e maghe
e sirene mai paghe
per audaci vaganti
di malie e d'incanti.
O richiamo d'ignoti
oceanici vuoti,
d'orizzonti inviolati
e di sogni mai nati,
tu inaudita chimera
d'ogni sorte che spera,
di caotica unione
immortale visione,
i tuoi lumi profondi
sugli sterili mondi.
Nei tuoi vortici immensi
all'ebbrezza dei sensi
levi amante fatale
l'invasato mortale.
Come all'alto canora
ne rispecchi sonora
gli inviolati pensieri
che per l'acque tu avveri,
brucia il raggio e scintilla
nella nera pupilla
ed incide segreti
coi bagliori più lieti.
Il tuo dorso turchino
nel biancore marino,
fra la spuma crescente,
è la forte corrente
che cattura rinati
nei tramonti dorati.