sabato 11 giugno 2016

Il lamento della ninfa

Così ci dissolvemmo in estasi perpetue,
gelose primavere
nei fuggevoli silenzi delle selve.
Poi echeggiavano le amorose voci
sopra gli alberi nel volo
vibranti, bramavi anche tu forse
un suono, fosse solo
e per sempre un addio ?
Amore, che dolce parola,
mi piacque un tempo,
ora, ascoltami mentre la mia
voce lo dice.
Lo dice sulle acque che un dio
dischiude nel mio
occhio, fluente iride di fiorenti rive
d'amaranto.

Ho pianto
per te l'impossibile,
come una sventura,
ci ha coronato della sua luce
un giorno iniquo.
Le tue parole come
onde luminose
mi carezzavano, il mio corpo
era avvolto
dalla tua musica, succube
del tuo anelito.
Echeggiava il suono
d'una voce, si colorava di visioni
vaste, impalpabili
dimore di solitudini,
nascoste in foreste
fra nere rocce
dall'aspro grembo.
Amore, sei tu ?
Eri tu ?
Eri tu quel brivido,
quel palpito, quella gioia
che mi estingueva
in un'inesausta vampa ?
Come risuona lontano
il flauto del pastore, senti ?
Senti ora, senti la sua voce
smarrirsi fra le concave valli fievole
soave melodia, morente
stasi dell'anima.
Il cuore ora piange
per sempre.
E' una fonte di lacrime
ove a noi i volti si riflettono
sul velo crespo di fluttuanti accordi;
i nostri volti d'un tempo,
i sogni.
Non più. Ora m'abbraccia sola
in bruciante rancore
la tenebra.
Amore, non tormentarmi,
non tormentarmi più. “

Così la melodiosa voce
della ninfa divina.
E la mia palpebra
dell'iridato rivo
colma, si chiude.

giovedì 2 giugno 2016

Come un fiore sbocciato

Come un fiore sbocciato
presto me ne dovrò andare,
come le mie dita si muovono
così rapido è il tempo.
Cosa ho da desiderare ?
Che cosa può mancarmi ?
Sono un attimo che svanisce
nella nascita
dell'Eterno.

Nell'abbandono d'un amore lontano
ho sofferto invano
le attese colme di sonni delusi,
schiusi petali
allo spiro afoso di caldi venti,
assenti giorni giovani
nell'ansito cupo dell'ali d'Amore,
dèmone che non perdona.

A chi perdonare, a chi chiederlo ?
Ah, solitudine immensa
del mio deserto,
più arido del mare.
Ora ti apri innanzi,
o infinito,
e non ancora
il desiderio
si chiude.

E come l'aurora
si posa sul mare,
calmo e rabbrividito
al sospiro notturno,
trema di speranza
anche la mia piccola fiamma.

Ma il vento esaspera la costa
turbinando furioso, cavalcando la spuma
come un folle dèmone
e una brama demente
inchioda al quotidiano supplizio,
urla la sua condanna;
nati a disperata attesa
volgiamo altrove il volto
divinando un sole ignoto.

E un sole torrente vampa
sull'immensa palude,
una luce accecante
è una nebbia di lumi,
in un fiotto si perde.

Come di maggio l'opprimente pioggia
triste non disseta gli orti,
fremono le foglie, senili mani scarne
al cielo grigio pregano.

Forse vincoli frangere,
tornare agli illusi giardini
dei miti, liberi correre
senza freno, indomiti
ai sospiri azzurri del mare !
Oh, potessimo !
Ma ci chiude gli occhi
la vendetta d'un dio.