L’ISOLA
DEI MORTI
In
mezzo al mare un’isola remota
Da
quanto vive e si travaglia al mondo:
Intorno
il mar che non ha fin né fondo:
In
alto il ciel ch’eternamente ruota.
Poche,
stagliate, cenerine rupi,
Cui,
da piede, la salsa onda frastaglia;
Sulle
rupi, all’ingiro, una gramaglia
D’erti
cipressi inviluppati e cupi.
Sterminato
è quel mar, placido, tetro;
Né
fragoroso turbine sovverte,
Né
lenta prora fende mai l’inerte
Onda
che muta splende e par di vetro.
Sterminato
è quel ciel, nitido, eguale;
Né
tenebrosa nuvola vi tuona,
Né
uccel che migri ad agognata zona
Batte
mai pel diffuso etere l’ale.
Sotto
l’antico ciel, nella grandeva
Pace
obliosa, incommutabilmente,
Dalla
silenziosa onda lucente
L’isola
come salda ombra si leva.
Vasta
quiete, alto silenzio! Un Lete
Fatto
mare: un’immobile parvenza:
Uno
stupor senza memorie, senza
Desio...
Vasto silenzio, alta quiete!
Solo,
quando nei gorghi algidi spento
Cade
(poiché rifulse invano) il sole,
Fra
i gran cipressi, entro le cave gole,
Mormora
un lieve spirito di vento.
Questi versi mi furono in parte suggeriti da un
noto quadro di
Arnoldo
Bocklin.
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