domenica 5 ottobre 2025

Thomas Hardy, Il ritorno del nativo

 

Thomas Hardy, Romanzi, Milano, Meridiani Mondadori, 2000 (a cura di Carlo Cassola)


Il ritorno del nativo, traduzione di Ada Prospero


Scrittore realista, lo si capisce dalla descrizione minuziosa della brughiera di Egdon e dal ritratto preciso del venditore di ocra che un anziano viandante incontra sullo stradone. Tuttavia il realismo non manca di aprire all’indagine psicologica e questo lo avvicina a Tolstoj.

P. 87, il ritratto fisico-psichico di Eustacia Vye è di una suggestività impareggiabile, egli ci delinea dapprima il carattere con gli atti di lei e poi nel dipingerla piano piano sembra quasi disegnarla sulla tela e poi colmarne la figura di colori.

La giovane Thomasin Yeobright deve sposare il dongiovanni Damon Wildeve che però è anche invaghito della bella e ombrosa Eustacia Vye. Thomasin dopo un tentativo di matrimonio fallito per ragioni burocratiche viene portata a casa da un giovane un po’ strano che fa il venditore d’ocra, un certo Diggory Venn, che a sua volta s’innamora di lei ma viene respinto. Ai già numerosi partecipanti al gioco d’amore si unisce l’arrivo imprevisto da Parigi del giovane rampollo di buona famiglia Clym Yeobright, della cui fama si appassiona la femme fatale Eustacia Vye.

Alla festa data dalla madre di Clym al suo ritorno da Parigi, Eustacia partecipa in incognito, accompagnatasi alle maschere della recita tradizionale durante il Natale, e i due giovani s’incontrano, innamorandosi. Intanto Clym rivela alla madre di aver abbandonato una professione lucrosa nel commercio con l’intenzione di diventare maestro di scuola. La madre ne è contrariata e lo è ancora di più quando il figlio le rivela di aver l’intenzione di sposare Eustacia Vye. A questa notizia sua madre si rifiuta di continuare a vivere con lui e Clym si allontana di casa cercando alloggio per sé e la futura sposa in un villaggio vicino. A tale notizia anche Wildeve, ormai marito di Thomasin, reagisce emotivamente, desiderando di nuovo l’antica amante Eustacia.

La partita ai dadi del cap. VII del libro III è quanto mai avvincente e suggestiva. Hardy è un descrittore incomparabile di ambienti e situazioni e la sua capacità di introspezione psicologica è magistrale. Al gioco sembra partecipare anche la natura con i cavallini della brughiera, gli insetti e le lucciole che offrono luce agli sfidanti. Wildeve mostra sempre di più la sua indole malvagia.

In una festa di paese dove si reca, Eustacia incontra per caso Wildeve e tra i due s’accende nuovamente l’antica passione. Ma vengono furtivamente scoperti da Venn e il loro rapporto si complica.

Libro IV, cap. VII, l’episodio della mancata visita della madre a Clym e il ferimento di lei in seguito al morso di una vipera dà luogo a una scena finale dove il folclore locale si manifesta nella sua piena ingenuità, rivelando la mentalità dei contadini del luogo. E’ un elemento che richiama il Verismo italiano e soprattutto il Verga dei Malavoglia.

Nel libro V Clym viene a conoscenza dell’ospitalità data a Wildeve da parte di Eustacia il giorno della visita mancata della madre. Egli presume che Eustacia abbia provocato indirettamente la morte della madre non avendole aperto la porta e quindi avendone causato l’allontanamento in preda alla delusione più cocente e allo sconforto. Così tra i due coniugi avviene la rottura ed Eustacia se ne va via nella casa di suo nonno, dove aveva vissuto prima. A questo punto rientra in scena Wildeve che mostra alla donna di amarla ancora e di avere desiderio di aiutarla. Dopo qualche esitazione Eustacia accetta il suo aiuto ma per il momento rimanda al futuro le sue decisioni.

P. 438, nelle espressioni di autocommiserazione durante la fuga dalla casa di suo nonno per raggiungere Budmouth forse insieme a Wildeve, Eustacia rivela di essere una sorta di Madame Bovary inglese, un’eroina romantica agitata da sogni impossibili e dall’aspirazione a un amore irraggiungibile. Nella scena seguente del rito magico di Susan Nunsuch contro di lei c’è l’annuncio della prossima tragedia.

Al cap. IX del libro V la tragedia si compie. Durante una spaventosa tempesta Eustacia decide il proprio destino. E’ d’accordo di ricevere l’aiuto di Wildeve per fuggire nottetempo a Budmouth, mentre l’amante è deciso a seguirla, ma improvvisamente si rende conto che la sua dignità è perduta, la sua vita un fallimento.

Approfittando perciò della piena del vicino fiume si getta nelle sue acque dove è più profondo, presso una diga. Raggiunta da Wildeve e da Clym quando ormai è troppo tardi, provoca con la sua morte la morte di Wildeve che si getta in acqua per tentare di recuperare il suo corpo nell’illusione di salvarla. Anche Clym si getta nel fiume ma non annega. Giunge infatti in aiuto Venn avvertito da Thomasin e lo pone in salvo. Così con la morte dei due amanti si può dire che abbia fine il racconto, che continua ancora per poco per informare dei fatti seguenti.

Thomasin, moglie tradita di Wildeve, nonostante la vedovanza e la presenza della figlia di Wildeve, la piccola Eustacia, va sposa all’antico pretendente Venn, ex venditore d’ocra ora ricco proprietario terriero. Clym dal canto suo, nonostante tutte le difficoltà e la debole vista diventa predicatore ambulante e realizza il suo progetto di educatore del popolo.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, a proposito di Hardy, nei suoi scritti sulla letteratura inglese (e in genere europea) a p. 1234 scrive (Opere, Milano, Meridiani Mondadori, 2011) :


Il personaggio maggiore dei suoi romanzi non è una persona vivente ma un luogo, Egdon Heath, fuori dal tempo, immemorabile e noncurante delle vite umane che per un attimo si agitano su di essa, eterna. Fatalista e determinista, Hardy vedeva gli uomini vivere, amare, travagliarsi e perire su di uno sfondo di forze remote, implacabili, non coscienti e non controllate. Rinnovando in sé lo spirito dei tragedi greci egli aveva come loro la convinzione che l’uomo è nato per sopportare ciò che forze estranee hanno in serbo per lui. E questo suo plumbeo credo egli espresse in personaggi che spessissimo hanno la gravità e la dignità dei personaggi tragici.


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