L’amato sogno d’un tempo di nuovo
tra questo bosco sorge e corre lieve
ninfa nell’aria, sì che più mi trovo
preso da laccio malioso e breve,
e gli alberi ondeggianti sopra i monti
e il vento e il cielo luminoso e terso
suscitano anche, quali fresche fonti,
l’animo antico, che non è mai perso.
L’animo antico, alto e luminoso,
soave e rapito in estasi arcane,
l’animo bello, nobile, radioso,
che di speranze si diletta vane,
ma vi permane, e non ha riposo,
solo si regge, forte e generoso.
Ora vedo con gli occhi del passato
un viso di fanciulla e un corpo antico
di grazia e di bellezza, tanto amato
non sapevo da me, per me non dico.
Taccio come tacqui inconscio allora,
forse mentendo a lei ed a me stesso,
ché nel rapido correre dell’ora
fuggì pubertà nel viso riflesso.
Fugaci occhi di fanciulla ignara,
occhi colmi d’un cruccio onnipotente,
dolce fu bere la bevanda amara,
dolce è berla ancora nel presente.
Ah, tu non sai, non saprai mai … serrato
fu il cuore e volò muto il fiato.
Come sei bella, fanciulla, chiusa
ancora nel tuo intimo serio, greve
di futuri abbandoni, ma schiusa
già al raggio d’Amore più lieve.
Com’è tenero e candido il viso,
rosee le guance e le pupille nere
timide e ardite, a volte fiere
splendono, a volte celano il sorriso.
Pudica e dolce guardi e non osi,
non osi ancora eleggere l’amante
che in sogno baci quando ti riposi.
Ma sei tu al mio cuore vagante
causa ignara di palpiti amorosi;
a me che vago sono ed ora errante.
Un viso scorsi ( ora certo deliro )
nella più dolce età d’un dolce Maggio,
quando ero assai più forte e ancora saggio,
tenendole la mano in un sospiro.
Silenti selve intorno al fresco prato
florido d’erbe e rorido trifoglio …
( ora non è se non cosa che voglio
disacerbare in un raro passato ).
Rivo fra giunchi avido corrente,
ed ebra gioia sulla landa estiva,
fra rade nubi una sete ardente
di baci e alla bocca la fonte viva
d’errante insidia, melodiosamente;
ma il sogno nega ch’altri lo descriva.
Dolce ricordo è del passato, quando
la vita è una musica ascoltata
e i suoni sono immagini di fata,
quali vengono e vanno, danzando.
La musica soave ammaliando
reca il sospiro ignaro dell’amata
ignota, come melodia ispirata
misteriosamente fluttua, sognando.
E vaga entro una valle ombrosa
dove scorre sinfonia di cori
d’acque e di api, piana o lamentosa,
ed ove il vento sperde antichi amori;
e quindi rifiorisce fresca rosa
nei petali raggiante e odorosa.
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