J’aime
l’horreur d’être vierge et je veux
Vivre parmi l’effroi que me font mes cheveux
Pour, le soir, retirée en ma couche, reptile
Inviolé sentir en la chair inutile
Le froid scintillement de ta pâle clarté
Toi qui te meurs, toi qui brûles de chasteté,
Nuit blanche de glaçons et de neige cruelle !
( Stéphane Mallarmé, Hérodiade )
Vivre parmi l’effroi que me font mes cheveux
Pour, le soir, retirée en ma couche, reptile
Inviolé sentir en la chair inutile
Le froid scintillement de ta pâle clarté
Toi qui te meurs, toi qui brûles de chasteté,
Nuit blanche de glaçons et de neige cruelle !
( Stéphane Mallarmé, Hérodiade )
Quando
sui vetri vibra il verde raggio
d'una
penombra immota,
quale
un'idra che s'insinua e dilaga
nella
stanza nelle volute bronzee
del
colubro,
m'appari,
Erodiade, dal chiaro sguardo
di
diamante.
Oh,
occhio in cui s'immerge il mio sogno
e
in cui si perde nel varco
d'un
vano sibillino, nel gelo d'una fonte ghiaccia,
e
il mio sogno s'annega
nel
tuo sguardo di sfinge.
Intorno
le spire d'oro e di smeraldo,
come
il fondo delle paludi,
si
serrano piano piano
al
soffio del vento d'occidente,
mentre
avanzi verso di me, colma
del
tuo gelido orrore
e
ti siedi di fronte a me e mi guardi
con
palpebre socchiuse,
senza
vedermi.
Fuori
l'onda dardeggia tremula
dal
mare squamoso, ai rami
dei
giardini il lume brucia
tra
il fogliame, il riflesso iridato
della
fiamma dal tuo viso,
che
una lacrima estingue.
Giardini
d'ametista ove divaga
il
fremito bianco e nudo della veste,
una
sagoma d'ambra fuggitiva
si
ripara alla soglia dello specchio,
ove
si mira.
La
pupilla si fissa, si perde, s'impietra
nel
buio dell'abisso,
onde
non torna più che un senso ignoto
di
solitudine,
e
dalle membra eburnee traspira
un
balsamo, aroma di delizie funebri.
La
tua bocca s'avvicina e bacia
la
fredda pelle ritratta,
un
inganno, una malia
di
giovinezza s'accoppia
alle
tue labbra rubee,
il
vitreo gelo s'imprime,
ti
urta, ti ferisce.
Sanguina
la tristezza sterile dell'abbandono,
ma
non rinunci alla tua morsa
che
cinge nella spirale che piange
di
desiderio flebile.
T'accasci,
umiliata dalla tua bellezza,
la
mano s'apprende allo specchio,
lo
artiglia stridendo.
Tu
che muori, tu che bruci di castità,
mia
sorella eterna,
mentre
le onde danzano con la luce della luna
e
la notte si placa come un corpo
greve
di ombre,
ti
siedi di fronte a me e mi guardi,
senza
vedermi.
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