Ansava il mare roco, e noi allora
alla lieve brezza d’un mattino
discutevamo. E breve in sogno
d’aurora il fulvo manto appariva
futuro. E già sorgeva il fascino lontano
d’eroi e di dee da te svelati
all’occhio ancora ignaro.
Erano quelli i volti d’antichi paradisi,
era l’immortale Valalla o il bronzeo Olimpo ?
Era d’allora il vero paradiso
solo l’incanto e l’ebbrezza dolce
di gioventù, un sorso di vita
nella celeste coppa degli dei.
Ma, o amico, per che ti dileguasti,
via svanendo nella notte perenne ?
Il sogno d’un Maestro forse su queste
rive aleggia, amico dei gabbiani,
errabondo compagno, un fantasma,
od un suono d’ombre sinuose.
Notte d’onde ed illune, oscure
ali di nottole, soltanto il moto
del mare e un lugubre rombo.
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