Nella parte finale della sua opera Rostovtzev espone la sua teoria metastorica alla luce dei drammatici fatti della rivoluzione russa: «È possibile estendere una civiltà elevata alle classi inferiori senza degradare il contenuto di essa e diluirne la qualità fino all'evanescenza? Non è ogni civiltà destinata a decadere non appena comincia a penetrare nelle masse?»[19].
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EliminaMi scuso per l'errore: ho spezzato inavvertitamente il mio intervento in due e non sono più riuscito a correggere, riuscendo invece a cancellare quanto scritto sopra...
RispondiEliminaPremetto che l'ora tarda e la stanchezza potrebbero avermi portato a non comprendere appieno la domanda (presumibilmente retorica) che si pone il buon Rostovtzev, ma la sua tesi mi pare classista e addirittura contraddittoria.
"Civiltà", come spiega meglio di me un saggio che mi capitò in mano molto tempo fa e che sono riuscito a ripescare dalla Rete con tanta fatica (http://eprints.sifp.it/20/1/CHIGNOLA.html) nasconde dietro di sé una storia molto interessante e non a caso condivide la propria radice con parole come 'città' e 'cittadino'.
Insomma, si ha 'cività' solo se si ha una comunità.
Ciò detto:
1) posto che le comunità sono formate da soggetti molto diversi tra loro, che si potrebbero raggruppare, a fatica e facendo un lavoro di generalizzazione indebita, in classi (per reddito, cultura, ecc...);
2) posto che che civiltà di soli demiurghi, perfetti ed infallibili, non appartengono al mondo materiale (lasciamolo al mondo 'delle idee');
3) e posto che una civiltà non può allora essere così elitaria da comporsi da un'unica persona (come alcuni partiti in parlamento, nati giusto per prendersi i rimborsi), allora potrei rispondere all'amico Rostovtzev che semmai più una civiltà è forte, più saprà permeare tutte le classi sociali che la compongono, traendone da queste, indistintamente, la forza e nutrimento.
Se tutto collassa, semplicemente non era civiltà.
Peraltro, dato il tenore filosofico della discussione, sarei curiosissimo di sapere cosa ne pensa in merito il buon Cerasti.
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