Plutarco
Iside e Osiride e Dialoghi delfici Milano, Bompiani, 2002
(
a cura di Vincenzo Cilento )
Pag.
316, cap. 18 : molto interessante l'episodio della morte di dèmoni
in Britannia. Sul sonno di Kronos vedi Il mulino di Amleto,
pag. 549 ( Appendice ).
Cap.
18 : ” Demetrio, poi, affermò che tra le isole, sparse intorno
alla Britannia, numerose e deserte, talune traevano il loro nome da
dèmoni e da eroi. Egli stesso aveva navigato a quella volta, mandato
dall'imperatore a visitarle ed esplorarle; nella più vicina di
quelle isole deserte c'erano, sì, alcuni abitanti; i quali non solo
erano pochi, ma erano considerati dai Britanni come esseri sacri e
inviolabili. Al suo giungere, era scoppiato, lì per lì, un grande
sconvolgimento atmosferico con molti portenti celesti : i venti si
scatenarono e caddero le folgori. Cessata che fu la bufera, gli
isolani la spiegarono col fatto che uno dei loro maggiori dèmoni era
appena scomparso. Dicevano : “ Ecco, come una lampada accesa non fa
male alcuno, ma nell'atto di spegnersi riesce molesta a tanti, così
le grandi anime presentano un fulgore benigno e per nulla nocivo;
pure, nel momento in cui si estinguono e periscono, molte volte, come
ora, suscitano vento e bufere e, spesso, inquinano l'aria con
influenze pestilenziali. Qui, anzi, c'è un'isola, nella quale è
tenuto in prigionia Kronos, addormentato sotto la guardia di Briareo;
gli fa da vincolo il sonno e sta intorno a lui tutta una corte di
dèmoni servizievoli “.
Nell'Appendice
de Il mulino di Amleto, pag. 550 si legge : “ Che Kronos …
sia innegabilmente il pianeta Saturno non può venir ignorato da
chiunque abbia letto il resoconto plutarcheo ( De facie quae in
orbe lunae apparet, 941 ) sui “servitori” di Kronos che ogni
trent'anni – cioè quando Saturno si trova nel Toro – fanno vela
per Ogigia ove prestano servizio per trent'anni, dopodiché sono
liberi di andarsene : ma la maggior parte di loro preferisce rimanere
perché là, nell'isola di Saturno, l'Età dell'Oro non finisce mai.
I servitori passano tutto il tempo in studi matematici, filosofici e
simili, né devono darsi pensiero per il cibo, che è sempre a
portata di mano. “
Vedi
a pag. 322 dell'opera di Plutarco l'episodio dell'eremita presso le
sponde del mar Rosso. Profetizza presso il mare, vedi Oannes a pag.
549 de Il mulino di Amleto ( Ioannes il Battista ! ) : “ (
ci si riferisce a un'opera di Robert Eisler ) E' lecito supporre
senza esitazione di sorta che lo stesso sincretismo Giovanni-Oannes,
che appare così naturale negli gnostici neobabilonesi [ s'intendono
i Mandei ], sia esistito anche tra i più immediati discepoli ebrei
del Battista, dal momento che un'influenza della credenza babilonese
in incarnazioni sempre nuove dell'Oannes primordiale – Berosso
conosce ben sei di queste reincarnazioni avvenute nel passato –
sulle speranze messianiche del giudaismo posteriore è lungi
dall'essere credibile. In IV Esdra, XII sg. … ci si attende che il
redentore del mondo, l' “Uomo” celeste, sorga dal “cuore
dell'oceano” prima della sua venuta, come dice Daniele ( 7, 13 ),
assieme alle nubi del cielo, poiché : “ Come nessun uomo può
cercare o scoprire ciò che è nelle profondità dell'Oceano, così
nessun mortale può vedere il Figlio di Dio o le sue schiere se non
nelle ore del Suo giorno “.
E
vediamo Plutarco ( cap. 21 ) :
“ Dal
momento che sta in mezzo a noi la tazza colma di miti e di ragioni
mescolati insieme ( e dove mai si potrebbero incontrare più benevoli
uditori, per saggiare questi argomenti, come se fossero monete
straniere ? ), io non esito a farmi bello col racconto di un barbaro.
Errai molto e sborsai parecchi quattrini, in compenso delle
informazioni per scoprirlo : egli si lascia incontrare dagli uomini
su le sponde del Mar Rosso una sola volta, nell'intero anno, e ne
trascorre il resto, come si va dicendo, in compagnia di ninfe erranti
e di dèmoni. A stento, alfine, lo rintracciai, e ottenni che mi
parlasse con benevolenza.
Tra
quanti uomini mai vidi, nessuno è così bello come lui. Immune da
ogni malattia è la sua vita, poiché egli, una volta al mese, si
cura col frutto, medicinale e amaro, di un'erba. E' esercitato
nell'uso di molte lingue : con me, per lo più, usò un dorico che
sentiva quasi di poesia. Mentre la sua voce risuona, il luogo
s'impregna di fragranza soave, spirante, dolcissima, dalla sua bocca.
Gli studi più vari e le ricerche gli fan compagnia tutto il tempo;
ma alla virtù oracolare egli è ispirato un giorno solo, ciascun
anno : allora egli scende in riva al mare e profetizza, consultato da
sovrani e dai loro segretari, che poi s'affrettano al ritorno.
Orbene,
costui faceva risalire la virtù oracolare ai dèmoni. Egli si
diffuse a parlare di Delfi : di tutto ciò che qui si racconta di
Dioniso e delle liturgie che si celebrano egli ha perfetta
conoscenza. Diceva, anzi, che e racconti e riti riguardanti Pitone
non eran altro che grandi prove sofferte dai dèmoni : al dèmone
uccisore, dopo tale impresa, non era stato imposto un esilio terreno
di nove anni e la fuga a Tempe; era, sì, stato bandito, ma per
passare in un altro mondo, e di là, in seguito, dopo i cicli dei
nove grandi anni, purificato e divenuto veramente Febo [ brillante ],
ritornare a prendere possesso dell'oracolo, serbato sino allora da
Themis.
I
miti di Tifone e dei Titani dovevano intendersi nel modo che segue :
“ prima tra dèmoni e dèmoni arsero guerre; e poi esili dei vinti
o punizioni dei colpevoli, da parte del dio. Così Tifone, si dice,
peccò nei riguardi di Osiride, e Kronos nei riguardi di Urano; di
conseguenza, il culto reso da noi s'illanguidì ovvero si spense del
tutto, allorché trapassarono in un altro mondo. ( Difatti, io ho
sentito dire che i Solymi, popoli vicini ai Lici, onoravano Kronos
più di ogni altro popolo; ma, allorché Kronos ebbe ucciso i loro
capostipiti, Arsalo e Dryo e Trosobio, e si diede alla fuga e migrò
da una terra all'altra, dove che fosse – il luogo essi non sanno
dirlo - , essi lo trascurarono e chiamarono gli eroi del seguito di
Arsalo “gli dèi, duri, di cerro”. I Lici fanno il loro nome
nelle pubbliche e private imprecazioni. Potremmo raccogliere molti
elementi, somiglianti a quelli su riferiti, dalle narrazioni
mitologiche ).
Se
anche chiamiamo alcuni dèmoni con i nomi riservati propriamente agli
dèi, non è il caso di stupirsi – continuava il barbaro – poiché
a tutti piace trarre il proprio nome dal nome di quel dio al quale
ciascuno sia strettamente avvinto e alla cui potenza e al cui onore
partecipi. Mi spiego : tra noi, uno è chiamato Dios, un altro
Ateneo, un terzo Apollonio o Dionisio o Ermeo. Intanto, solo a pochi
capita, per avventura, che il nome abbia una giusta corrispondenza;
per i più, invece, tali nomi di origine divina non corrispondono per
nulla, anzi sono una stonatura bell'e buona “.
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