venerdì 29 marzo 2024

Venus aenigmatica

 

Fu come un giglio sul tenero prato

solo in disparte, rivolto al suo fato,

a luce diurna, a notte silente

tutto rivolto al suo tempo fuggente.


Fu come un sogno di monti lontani,

d’albe e tramonti, d’alberi strani

in violacei bargigli morenti,

come forche di cadaveri ai venti.


Alle insidie dei venti rivolte,

quasi brame d’un cieco dissolte

nel profumo dell’aria canora,

quando al lume la luna s’indora.


Ed il chiurlo invoca il suo lutto

e la branca nasconde il suo frutto,

perché al seno virgineo inviolato

della terra ritorni e al passato.


Ma in un letto di verdi trifogli

fusti sorgono di piante novelle,

tra quei rami i verdi germogli

brillano quali in cielo le stelle.


Nel giardino ogni stelo si muove,

ogni insetto accorre alle nuove

dei compagni, formiche od onischi,

pronti all’arme e ad orridi rischi.


Per le aiuole intanto s’aggira

il fantasma di vane illusioni,

com’è dolce il suo viso a chi ammira,

come inebriano alate visioni !


Quale raggio accompagna di sole

il risveglio degli occhi lucenti,

che si schiudono di rose e di viole,

mentre arridono ai baci dei venti.


La fanciulla percorre i viali

quasi angelo che muove le ali,

quale dea fu dei tempi passati

o una ninfa leggiadra sui prati.


Ella avanza e leggera carezza

la fiorente dovizia del parco,

una guancia le sfiora la brezza

ed Amore le tende il suo arco.


Un alone di fascino arcano

la circonda di fasto persiano,

ella incede fra voci armoniose

tra il profumo di siepi di rose.


Ella ammalia col riso sonoro

ed incanta lo sguardo lucente

e seduce l’acuta sua mente

dei suoi amanti il fervido coro.


I suoi occhi sono come la notte

quando al mare si placa furioso,

chi li scorge rinuncia alle lotte

e si affida a un dominio geloso.


I suoi occhi sono un enigma,

come all’iride preme lo stigma

d’ignoto folgorando il caldo amante

che perduto a sé trae e delirante.


Ne sorride allora maliziosa

e lo stringe nel laccio senza posa,

inebriandosi di gioia sfrenata

come in selva baccante dissennata.


Come in selva baccante che cavalca,

di vendette rabbiose nella calca,

un iroso corsiero fiamme e fuoco

che scatena il sabba al corno roco.


E con occhi di serpe velenoso

lo incatena all’abbraccio furioso

e lo cinge nelle spire tenaci,

lo divora con i baci voraci.


Una volta perpetrato lo scempio,

con orrore lo respinge qual empio,

né mirare lo degna più in viso,

discacciato, vilipeso e deriso.


Ella avanza, la bella altezzosa,

nello sguardo feroce e sdegnosa,

tutta colma di un’ira diffusa,

come il capo ha di serpi Medusa.


Come fonte in cui il raggio si perde,

quando al vento le nubi disperde,

un chiarore il suo viso promana

che si volge alla tenebra arcana.


E nel buio il suo occhio profonda,

pari al gemito che il cuore asseconda,

e muggisce per la cupida brama,

qual Pasife è al toro che ama.


Ama i ganzi gagliardi e robusti,

impazzisce per i magri pelosi,

estasiata mira i bei tenebrosi,

s’accalora per i giovani fusti.


Come lupa consuma sue notti

divorando con gli occhi l’amante

sudaticcio, biondiccio e ruspante,

che di nozze ha ormai i vincoli rotti.


Trascinato da cupa passione,

rosso in volto dal sangue alla testa,

con la fregola in corpo ridesta

sembra abbia inghiottito un bastone.


Ella pure è tutta gagliarda,

sussiegosa, zuccherosa maliarda,

con le sue pupille incrociate

d’ogni lato fa piovere occhiate.


Con due dita s’arriccia i capelli

di Gorgòne roteando lo sguardo

che rimbrotta l’amante in ritardo

e lo affida ai tristi cancelli.


Sempre invasa da moto febbrile

vaga ovunque con sguardo ammattito,

pungolata da voglia virile

come al ballo nel dì di San Vito.


E allo specchio s’affida tranquilla

quando a notte il cielo scintilla,

e già pensa ai cuori domati,

dai venerei suoi occhi deviati.


Il suo sguardo ha questo che assilla :

quale elegge sua negra pupilla

sempre ignora il trepido amante,

mai sicuro d’un occhio vagante.


Ma ella sceglie mai nessuno od almeno

solo affidasi vogliosa a Sileno,

coi satiretti intreccia i suoi cori

e per gli altri le rose ed i fiori.


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