O soave sentore
del celeste splendore
del mio forte amore.
I suoi lunghi capelli
sono neri anelli,
fieri nodi a imbrigliare
ribelli onde nel mare.
I suoi occhi belli
sono neri gioielli,
un timido soffiare
sull’ardente fluttuare.
Da quale ignota terra
venisti tu a chi erra
di sogno in sogno orbato
del senno e del passato ?
O giovane estate
d’illusioni dorate,
che più non ritorni
nei deboli giorni.
Come raggio sul mare
il sorriso m’appare,
come a notte la luna
quando gli astri raduna.
Un mormorio ridesta
all’alba la foresta,
e un cantico radioso
nel mattino gioioso.
O donna mia obliata,
ora sei ritornata,
potente invitta diva
che il senso presagiva.
Una corsa impetuosa
nella selva ombrosa,
imperversa la caccia
sulla desiata traccia.
Brillano i verdi monti
di rugiada alle fronti,
l’eco a valle si spande
sulle fertili lande.
Il fremito del mare
s’affretta ad annunciare :
un dio le mani stende
il mondo suo riprende.
Fiottano i ruscelli
fra i teneri arboscelli,
tra l’edere trionfanti
d’estatiche Baccanti.
Pallida Arianna,
ora nulla t’affanna,
tu dormi alla riva
e d’amore sei priva.
Domani nascerai,
allora assurgerai
nel beato fulgore
con Diòniso signore.
O soave sentore
del celeste splendore
del forte mio amore.
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