Ammaliato un tempo l’Oriente
fastoso sognai fra le vorticose
luci di feste e di palagi,
di Venezia una bella dama
dai capelli rossi, dal volto velato
sotto un ampio cappello di giunchi,
ampia la veste svolazzante nella brezza
del mare, il suo riso risuonava
sopra le onde insieme alla luce
del mattino.
Un’immensa foresta per l’amor divino
attraversai al suono di mille flauti
e di cetre. Oh, tra il suono di mille
flauti e di cetre
echeggiavano le ombre, tra le colonne
arboree, come un soffio arcano
vi s’effondeva il vento canoro.
Sogni vividi d’animali leggeri
e presti transitavano,
maculati e purpurei.
Oh, la sua voce
era un raggio di sole
tra gli alberi, all’alba,
sopra la rugiada.
Ella cantava solitaria.
L’onda della voce vibrava
di spume iridescenti,
si placava in lidi lontani.
E, di notte, allora
al canto suo sorgeva
la luna
d’ambra, un dono
da mondi remoti,
immensa in un incantesimo
di baccanti.
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