La luna si librava, fanciulla insana,
fra le nebbie notturne, appena cinta
da un velo d'argento, come desta
da profondo sonno d'oriente
nelle cortine del suo letto di nubi.
Nell'oscuro ignoto tentava la fuga
e volgeva il volto pieno di stupore
alle colline illuminate di case.
Sposa abbandonata cercava riparo
nelle silenti selve, ove soltanto udiva
il lamento d'un rapace tra le insidie degli occhi.
Tenera incalzata dall'incubo fugge
fanciulla esangue e un'orma di pallore
lascia nell'aria, forma effimera
che seduce col suo alone nel bosco
fosco di cespi e di rubizze bacche
agitati dalla sua arcuata danza.
Così aleggiava lieve la luna
come su un solo piede curvando
il dorso, offrendo ai raggi l'ampio
fianco pregno di rugiade ebbre.
E l'ebbrezza dei sensi l'accompagnava,
mentre essa danzava languida nel cielo.
Un coro di luci intorno ai fianchi
suoi opimi, della carne carchi
nel ritorno dei mesi molli di brame.
Odalisca si confessava all'acque del lago
mèmore di vorticosi lacci, calda
del suo alone dorato come vellutato
frutto, calda di sorrisi e ricordi,
d'immemori istanti di vani impulsi,
come anelito di mari canuti.
E lei riviveva, alle acque stellate
specchiandosi, di promesse non tenute,
insidioso specchio dei desideri,
quali parole incomprese ma dette.
Così si librava per la volta del cielo
mèmore dell'umano errare, antica
giostra dei giorni, sognata chimera,
canto solitario nella notte brumosa,
incantesimo di perduti abbracci amati,
rimpianti ora nel pallido volto.
“ Pallida custode di segrete lussurie
nel cielo degli istinti effigie, idolo
dietro l'altare fra nebbie d'incensi
danzatrice dei sette veli al suono
ossesso dei crotali e flauti e lire,
mostri l'ampio fianco d'avorio
oscillante alla magia di melodiosa danza.
E poi ti incanti su un letto di nebbie,
una coltre bianca dove ti corichi
pigramente adagiata morbida e lucida
di rugiada notturna, la nera chioma
effusa sul dorso madido di splendore
ambrato, dolce miele stillante. “
Suonava così la voce del cantore,
amante della luna, fedele sempre
all'amata, nella profonda notte assiduo
visionario, in catene schiavo d'amore.
E lei ne gioiva, alta nell'alto,
coronata dell'alone vago di stelle;
s'aprivano i suoi occhi, grandi grani
d'agata, colmi di silente desiderio.