sabato 28 aprile 2018

Curzio Malaparte, Sangue

Curzio Malaparte              Sangue (1937)               Firenze, Vallecchi, 1995


P. 51-52 : estremamente intenso, vivo e splendente del sole meridiano, sensuale e sanguigno.
P. 61-62 : la descrizione della ragazza addormentata risente dell'influsso dannunziano, ma c'è qualcosa di diverso, un voluto antiestetismo, un approfondimento psicologico, un senso di mistero nel sondare le profondità e le ombre dell'animo umano.
P. 67, “ Giochi davanti all'inferno “, ecco qui la leggenda di Dante tra il popolo di Toscana.
P. 89, “ Angoscia di ragazzo “, verso la fine, l'incontro con un compagno di scuola è forse un episodio di omosessualità ? In ogni caso Malaparte mostra una straordinaria capacità rappresentativa e di introspezione psicologica.
P. 117, bellissimo il racconto “ Fedra “, in cui l'amore di una capra verso un capretto, del quale è diventata matrigna, traspone nel mondo animale l'antico mito di Fedra e Ippolito e la tragica fine di questi. Lo stile è di una evidenza, di un realismo suggestivo e ricco di colore, che ricorda D'Annunzio, soprattutto il D'Annunzio di Terra vergine.
P. 125, “ Scirocco nell'isola “, prezioso affresco di vita selvaggia e solitaria, degno della sensibilità coloristica e musicale di un Gide ( La sinfonia pastorale, 1919 ), di un Mann, ma anche di un musicista come Ravel ( “ Dafni et Cloé “ ).
P. 133, “ Madre che cerca il suo bambino “ è di una delicatezza estrema. Il dolore di una madre che ha perduto il bambino, morto prematuramente, si accompagna alla rappresentazione di una natura desolata e selvaggia, nella quale anche gli animali sono partecipi del suo lutto, ma, come la vita che continua intorno a lei ed è esuberante e misteriosa, la accompagnano con la loro vitalità ferina verso l'oblio di nuovi tramonti.
P. 149, la novella “ Un giorno felice “ è di gusto pirandelliano, ma il finale, grottesco e cruento, ha qualcosa di inquietante. Il ritorno alla natura, a una condizione di reintegrazione nell'originaria natura umana, necessita del sacrificio di una parte di noi, o di una parte vicina a noi, in questo caso del gatto di famiglia.

lunedì 23 aprile 2018

Eugenio Montale, Farfalla di Dinard

Eugenio Montale                   Prose e racconti                  Milano, Mondadori, 2001



Farfalla di Dinard ( 1956 )

Le rose gialle“ ( p. 15 ) : “ Le donne sono particolarmente inadatte alla ricerca del tempo perduto. “
La donna barbuta“ ( p. 45 ) : “ Il piacere di vivere nasce dalla ripetizione di certi gesti e di certe abitudini, dal fatto di potersi dire : “rifarò quello che ho fatto e sarà press'a poco lo stesso, ma non proprio esattamente lo stesso”. Nasce dal diverso nell'identico, ed è eguale tanto per l'analfabeta che per il letterato. “

Umorismo surreale come in “La Tempestosa“, a tratti addirittura esilarante. Sembra di vedere un film con Alberto Sordi. C'è qualcosa dell'umorismo di Mark Twain ( ad es. Il furto dell'elefante bianco e altri racconti, ed. BUR ), si potrebbe anche tentare un accostamento agli scritti di Achille Campanile ( ad es. Se la luna mi porta fortuna, 1928 ) anche se l'arte di quest'ultimo è decisamente più surreale.
Caratteristico di questi racconti è l'impressionismo, perché si tratta di stralci di vita quotidiana, sempre piuttosto originali, che appaiono e scompaiono alla nostra immaginazione così come sono venuti.
In certi racconti, come “Il pipistrello”, il cui titolo appartiene anche a una novella di Pirandello, le circostanze e il finale, in cui la bestiola alata si presenta quasi come un messaggero dell'al di là, sono d'effetto tra l'umoristico e l'assurdo.
P. 139, “L'Angiolino”. Si tratta di una sveglia che da una coppia di viaggiatori abituali viene considerata alla stregua di un figlio. Il racconto potrebbe essere adattato alla scena e fornire un esempio di “teatro dell'assurdo”.
P. 167, “Il colpevole” allude all'esperienza dell'autore come direttore bibliotecario del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux a Firenze e il suo allontanamento in quanto non iscritto al partito fascista. Le caratteristiche di sempre dello Stato italiano vengono fuori : l'ipocrisia, l'inefficienza, la corruzione, l'incapacità o meglio la noncuranza nella considerazione del merito.
P. 173, anche nel racconto “Seconda maniera di Marmeladov” il quadro, in cui il cane dipinto disturba col suo latrato il sonno del suo proprietario, è un esempio di narrazione surreale, alla quale è intonata più o meno tutta questa prosa montaliana.
P. 185, “L'uomo in pigiama”, nella situazione alquanto grottesca di un nevrotico in pigiama che passeggia a notte inoltrata nel corridoio di un albergo e dell'avventura, che si prospetta ma non si realizza, viene fuori una scenetta umoristica di gusto direi “anglosassone”, in effetti Montale ha qualcosa di decisamente “British”.
P. 187, “Sul limite”, s'immagina l'entrata in un al di là onirico. Caratteristica di Montale è la dimensione della memoria. La maggior parte dei racconti sono vissuto che viene riportato alla luce dal ricordo.
P. 193, “Sulla spiaggia”, sempre il motivo della memoria reso celebre dalla poesia “Cigola la carrucola del pozzo”. Il ricordo affiora impreveduto e potente come una presenza misteriosa o un viso luminoso di cui non si rammentano bene i tratti, ma è la vita che affiora e che ci dimostra che di essa non abbiamo capito nulla. Ovvio il riferimento allusivo a Proust nell'espressione “andando dilettantisticamente alla ricerca del tempo perduto.”
P. 202, “I quadri in cantina”. Il racconto anche qui è sempre ricordo di un passato lontano, e si sofferma sulla brevità e caducità della vita umana : un incontro, due quadri acquistati in una mostra di un artista scomparso a vent'anni. Tutto quello che resta dell'esistenza di un essere umano è ben poco, e Montale è ora il custode della memoria di quel ragazzo affidata a due tele mediocri, di cui appunto non può più disfarsi.
P. 211. “Signore inglese” conferma l'atteggiamento British di Montale, rivelato dal suo umorismo di stampo anglosassone, un po' connaturato al carattere ligure e soprattutto genovese. E poi esso è tipico del narratore in quanto distaccato osservatore del mondo, che, se chiamato a essere personaggio, pure mantiene sempre un certo riserbo e occhio critico.
P. 217, l'imprevedibilità delle situazioni è un espediente usato da Montale per attrarre il lettore, come in “Cena di San Silvestro”. Non credo che ci sia nulla di più, se non presentare una scenetta dal finale imprevisto o addirittura assurdo ( in tal caso si rientra nel “Teatro dell'assurdo”, come capita in altri racconti ). Un signore in un ristorante di lusso chiede informazioni sul menu per il cenone natalizio, ma non soddisfatto elenca una serie di piatti prelibatissimi e di vini costosissimi che vuole però pagare in anticipo prima della consumazione. Allo stupore del maître, ma dopo aver pagato, lo invita a mangiarsi lui tutto insieme ai suoi collaboratori, perché il medico gli ha proibito eccezioni a una dieta da malato e perciò si fa portare una camomilla e delle noccioline. Ma lo scopo di una tale spesa ? Quello di poter assistere al banchetto degli altri, di vederli mangiare liberamente e dedicarsi al comune piacere della vita, quello condiviso da tutti.
L'ultimo racconto, con la sua malinconica grazia, reca ragione del titolo della raccolta.