domenica 31 dicembre 2017

Friedrich Nietzsche, Il servizio divino dei Greci






Friedrich Nietzsche Il servizio divino dei Greci ( 1875-1878 ) Milano, Adelphi, 2012



P. 25. “ Pressoché tutti i culti comprendono un drama, un frammento di mito rappresentato che si riferisce alle origini del culto. Il senso autentico sembrerebbe questo : fare e patire ciò che un dio stesso ha fatto e patito è il più alto segno di devozione : in breve, sforzarsi di essere il dio stesso o il suo seguace. Questo vale come mezzo per spingere il dio a partecipare lui stesso e a mostrarsi. Nelle celebrazioni di Diòniso sul Parnaso si credette sempre che il dio fosse lì presente, che lo si potesse udire nelle grida e nei cimbali bacchici. “
P. 29. Influenze semitiche in Grecia : “ Una dominazione semitica deve aver preceduto l'ellenizzazione in Grecia; gli edifici delle città, gli impianti e le istituzioni, così come i loro dei, i loro culti e le loro saghe, giunsero in parte ai Greci. Il culto degli astri, l'adorazione dei 7 pianeti ( vale a dire il Sole, la Luna e i cinque pianeti conosciuti nell'antichità ) e l'astrologia ad essa collegata appartengono alla religione semitica primitiva. “
P. 32. Europa : dea della luna fenicia. Più avanti si sostiene l'origine fenicia di Troia. Il culto del fenicio Adone è riferibile ad Anchise, identificato appunto con Adone, e allo stesso Diòniso ( Adone e Diòniso sono considerati identici ).
P. 33. Origine semitica di Calipso e di Ogigia.
P. 38. Le Muse ( spiriti della fonte ) legate in origine più strettamente al culto di Diòniso che non a quello di Apollo. Come il Pater anche Nietzsche collega il culto di Diòniso a quello di Demetra e Core.
P. 46. Identità di Zeus e Diòniso : “ … è il dio del cielo, da un lato come cielo diurno e, dall'altro, in quanto dio del cielo notturno, dell'oscurità, del maltempo, degli inferi. “ Interessanti notizie anche sul Diòniso dei Celti : Sabo.
Le informazioni seguenti hanno grande somiglianza, soprattutto nel metodo, con quelle di Frazer ( Il ramo d'oro ), ad esempio relativamente al culto degli alberi.
P. 58. Origine tracia del culto delle Muse e di Diòniso.
P. 62. Clan e tribù dell'Attica.
P. 67. Il culto delle 12 divinità olimpiche è di matrice politica, dovuto alla fondazione della lega tra le varie città-stato, l'Anfizionia.
P. 106. Culto dei serpenti collegato a quello degli alberi. Il serpente è simbolo del genius loci.
P. 121. La città considerata come templum. Simile concezione in Elèmire Zolla, Che cos'è la tradizione, ( 1971 ) Milano, Adelphi, 2003, p. 194.
P. 129. Concezione originaria del tempio come casa dei morti.
P. 133. NB : gesta e sofferenze della vita del dio ( così anche Cristo è concepito come un eroe greco, che come Eracle diventa dio ).
P. 135, qui si parla della direzione e funzione delle strade della città. Vedi E. Zolla, p. 213 di Che cos'è la tradizione. Ci sono dei punti di contatto tra la lettura di Nietzsche e quella di Zolla ( anche se quella del primo è rigorosamente positivistica ).
P. 139-140. Differenza fondamentale tra il sacerdozio greco e quello asiatico ( ebraico e cristiano ). Manca la gerarchia, l'associazione in genere, il sacerdote è un interprete del dio che molto spesso rappresenta.
P. 143, le vicissitudini toccate in sorte al dio ( cfr. Bachofen, La dottrina dell'immortalità della teologia orfica, 1867, Bachofen afferma che per gli Orfici tutte le anime sono divinità ). Concezione originaria del sacerdote come incarnazione temporanea della divinità. Nietzsche porta l'esempio dei sacerdoti tibetani incarnazioni di Buddha. In origine non era sviluppata la statuaria a causa appunto della sufficiente presenza del sacerdote, incarnazione della divinità. Vedi anche a tal proposito Frazer, Il ramo d'oro ( 1890 ) relativamente al cap. “ Il re del bosco “, laddove il sacerdote di Nemi è incarnazione del dio Virbio.
P. 147 : origine del tempio dalla tomba. Vedi anche E. Rohde che in Psiche ( 1897 ) parla di tomba di Zeus, di Diòniso ecc. Si tratta evidentemente di un equivoco, sono infatti luoghi di culto. Cfr. Nietzsche : “ … il tempio si forma a partire dalla tomba, il culto del tempio dal culto delle tombe. “ NB : l'uomo secondo gli Orfici è un dio ( cfr. il Fedro di Platone ).
P. 148, “ nobiltà sacerdotale ereditaria … nocciolo duro della comunità cittadina “, qui si elabora inconsciamente il futuro messaggio di una casta aristocratica dominatrice.
P. 158, la legge di Delfi : “ La legge che si diffuse a partire da Delfi, e che normalizzava quella parte della religione greca che era la medesima ovunque, era scritta in esametri ed era formata da sentenze oracolari. E' stata scritta prima di tutte le legislazioni dei singoli Stati, o quanto meno prima di quelle più importanti. L'esercizio di questa legge è affidato agli esegeti. “
P. 161 : nell'antica Grecia i sacerdoti non esercitarono mai alcuna egemonia sulla società come nell'età cristiana.
P. 172 : origine troiana della Sibilla. Profezia su Roma. “ Essa vive al tempo di Solone, annuncia ai Teucri, le cui spoglie venivano custodite sul monte Ida, una nuova fioritura sotto l'antica casa regnante degli Eneidi; le sue sentenze giunsero a Cuma, nella terra degli Oschi, e di lì a Roma, all'epoca di Tarquinio Secondo. Esse furono trascritte su tela e custodite sul Campidoglio insieme ad altre profezie straniere; … “
P. 177, su Diòniso e Apollo. L'affermazione più interessante è che l'oracolo di Delfi divenne apollineo soltanto tardi ( cfr. Rohde, Psiche ). “ … sul Parnaso il culto di Diòniso ( quello tracio ) è più antico del culto di Apollo. “ Il sito di Delfi viene descritto con una certa precisione, ma si nota che Nietzsche non l'ha mai visitato direttamente perché sembra che il tempio sorga alle pendici delle Fedriadi, mentre queste rispetto al tempio sono situate di lato ( a destra per chi sale al tempio ). Importante è di nuovo l'affermazione che nei mesi invernali, quando Apollo dimora presso gli Iperborei, è Diòniso a regnare a Delfi.
P. 179. Si ribadisce la presenza di Diòniso nel sostenere che dei due sacerdoti assistenti della Pizia, uno era di Apollo, l'altro di Diòniso. Vedi gli Studi greci ( 1895 ) di W. Pater ( Milano, SE, 2007 ) a p. 17 si dice che in Delfi erano riservati onori particolari a Diòniso, che precedette Apollo nel culto del santuario, e comunque furono sempre tributati onoranze e sacrifici in egual misura a lui come ad Apollo. Pater, come Nietzsche, afferma che i mesi invernali erano consacrati a Diòniso. Negli Studi greci di Pater, p. 31 ( “ Studio su Diòniso “ ) si ribadisce che Diòniso divide con Apollo il santuario di Delfi.
P. 180. Le cosiddette rhètrai spartane non sono altro che spiegazioni ( oracolari ) dei sacerdoti di Delfi. P. 182, l'Eubea, patria della Sibilla Cumana.
P. 184. Anche l'oracolo di Zeus Dodoneo sarebbe stato in origine un oracolo di Diòniso.
P. 185, residuo del culto tracio di Diòniso nello Zeus ctonio.
P. 193. Il punto di svolta per l'arte drammatica greca è quando gli attori diventano professionisti ( a proposito delle associazioni di artisti dionisiaci ).
P. 196 : progressiva affermazione della musica nelle rappresentazioni teatrali. La funzione infatti di attore e musico era distinta sin dall'origine. NB : “ E' un fatto notevole che nelle rappresentazioni di tragedie tutta l'azione fosse limitata a tre attori, come un tempo, e che non facesse il suo ingresso nessun coro. “ ( Dopo il 279 a. C. ).
P. 199-200. Aspetti comuni con il Cristianesimo ( acqua lustrale, purificazione, tempio vivente ).
P. 200 : vino per i sacrifici, bagno purificatore : elementi confluiti nel rituale cristiano.
P. 202, la trasformazione del sacrificio da reale a simbolico richiama Frazer, Il ramo d'oro. E' chiara l'impostazione positivistica del Nietzsche.
P. 209 : l'animale sacrificale porta in sé la sciagura.
P. 210, religione orfico-tracia : bisogno di espiazione e purificazione ( stretta parentela fra Traci e Lidi ).
P. 214, il ramo dell'albero simbolo della divinità, vedi Frazer, Il ramo d'oro. Ibidem, NB : “ secondo la dottrina segreta orfica “ qui vi è un probabile influsso di Bachofen.
P. 219. Interessante spiegazione del significato del sacrificio e del pasto rituale dell'animale sacrificato, banchetto in comunione con gli dei, in ricordo dell'antica comunione tra dei e uomini.

Si tratta di un testo di antropologia che rivela la tendenza di Nietzsche all'approfondimento psicologico, tipico anche delle opere maggiori e “filosofiche “, basti pensare all'Anticristo.




martedì 26 dicembre 2017

Walter Pater, Diòniso






Walter Pater Studi greci ( 1895 ) Milano, SE, 2007


P. 12-13. La concezione che Pater ha di Diòniso è diversa da quella di Nietzsche. Il filosofo tedesco sulla scia della Poetica di Aristotele collega il culto dionisiaco a sacrifici cruenti ( soprattutto del “capro” ), mentre Pater ne fa una sorta di divinità della vite, derivata dall'originario culto degli alberi, e in seguito in un simbolo della vita di tutte le cose che fluiscono, come la linfa, come il vino, come la stessa transitoria vita umana. Il suo simbolo, la vite e la coppa, saranno poi con il Cristianesimo il vino-sangue e il sacro calice.
C'è tra la concezione di Nietzsche e quella di Pater un vero abisso. Il tedesco pone a fondamento del culto di Diòniso il suo sacrificio cruento e la sua rinascita o resurrezione, mentre per Pater Diòniso è la vita della pianta di vite, il simbolo più elevato di una concezione naturalistica dell'esistenza, che si circonda di simboli animali e vegetali, satiri e ninfe. Indubbiamente l'idea che noi oggi abbiamo del dionisismo è dovuta all'influsso di Nietzsche che ne ha fatto un culto cruento, sanguinoso, appunto tragico, mentre se avesse prevalso la visione di Pater forse Diòniso oggi sarebbe il dio degli ambientalisti.
P. 17. Diòniso e Apollo a Delfi. Culto di Diòniso che precedette quello per Apollo e urna cineraria dedicatagli nel tempio di Delfi ( vedi Il servizio divino dei Greci di Nietzsche ).
p. 18. Sacrificio della capra in onore di Diòniso, dapprima per propiziarsi il vino buono, dato che la cerimonia avveniva in dicembre, quando si riponeva nelle anfore il vino nuovo, poi anche come sacrifici per i morti, spiriti affamati e assetati.
P. 20. Un'altra differenza rispetto al Nietzsche. Pater ritiene Euripide “ preminente come poeta del pathos “ mostrando di apprezzare proprio l'aspetto passionale, sentimentale del dramma. In un certo senso sotto questo aspetto si può accostare Euripide a Shakespeare.
( ibidem ) Il canto corale in onore di Diòniso, il Ditirambo, è caratterizzato dalla musica selvaggia, questo è un aspetto in comune con le considerazioni che fa Nietzsche ne La nascita della tragedia.
P. 21. Nel conferire un senso razionale al mito della folgorazione di Semele e della nascita di Diòniso, la vite che nasce dal terreno vulcanico arso dal sole, Pater non può fare a meno di rivolgersi nella serie delle similitudini seguenti ad accennare a Tannhäuser, e in ciò mostra la sua sensibilità estetico-musicale, e il culto per Wagner, tipico dei simbolisti. ( Per la nascita di Diòniso vedi le Immagini di Filostrato, precisamente il cap. 14 “Semele”, p. 58 di Elder Philostratus. Imagines, Harvard, Loeb Classical Library, 2000 ).
( ibidem ). La religione di Diòniso, in quanto culto della vite, si collega anche all'antico culto dell'acqua, grazie alle Iadi, ninfe delle sorgenti, seguaci di Bacco.
P. 25-26. La visione di Pater è decisamente diversa da quella di Nietzsche, perché mentre in Nietzsche l'arte, soprattutto quella musicale e tragica, si risolve nella liberazione, nella catarsi o catastrofe dionisiaca, in Pater quell'elemento dionisiaco, naturale, presente nella sensibilità ellenica si risolve, si ferma nell'idea estetica, nella statuaria, nel bello ideale e nello stesso tempo fedele alle forme terrene ed umane, nella Baccante, nel Centauro, nell'Amazzone, nel divino Apollo. Mentre per Nietzsche l'istinto artistico dei Greci trova la sua massima espressione nella tragedia e nella musica dei cori, per Pater esso culmina nell'arte plastica, nel culto “apollineo” per la bellezza.
P. 28. Diòniso come incarnazione, o nome evocatore, dell'anima della vite, avente tutte le qualità proprie della pianta, la sua fragranza, il colore, i ricciuti pampini nelle abbondanti chiome floride come le foglie. E' evidente la concezione estetica di Pater aliena da qualsiasi implicazione di ordine metafisico o esistenziale o, tantomeno, tragico.
P. 29. Pater concorda col Nietzsche riguardo all'origine della tragedia : “ E' dai dolori di Diòniso, dunque – di Diòniso in inverno – che nasce e si sviluppa la tragedia greca; dal canto dei dolori di Diòniso, intonato durante la festa invernale dal coro dei satiri, cantori vestiti di pelle di capra, in memoria della sua vita rustica, ora l'uno ora l'altro dei quali, di tanto in tanto, esce dalla fila per sottolineare e sviluppare questa o quella circostanza della storia; e così il canto si fa drammatico. “
P. 32. Nascita di Diòniso dall'unione di Zeus con una mortale, Semele.Viene accostato a Persefone negli attributi di divinità invernale, che scende appunto all'Ade in inverno, le sue feste coincidono con quelle eleusine. Viene portato in processione ad Eleusi col nome di Iacco, insieme alle altre due dee cioè Demetra e Core ( Persefone ).
P. 34. Sacrifici cruenti in onore di Diòniso. Oltre a essergli sacro il lupo, e da ciò la leggenda del licantropo, cioè della trasformazione in lupo, a Diòniso il mito attribuisce il sacrificio di un fanciullo, che lo simboleggia appunto come Diòniso-Zagreo. A Delfi era custodito un lupo in suo onore, a cui il sacerdote offriva in sacrificio un capretto, che rappresentava in verità la sostituzione a un fanciullo originariamente offerto. Pater riferisce l'episodio di Plutarco ( nella vita di Temistocle ) secondo il quale prima della battaglia di Salamina Temistocle avrebbe offerto in sacrificio tre giovani persiani prigionieri a Diòniso il divoratore ( o “carnivoro” ).
P. 35. Dal culto di Diòniso-Zagreo, dio sacrificato e sofferente, gli Orfici derivarono l'idea di una vita consacrata all'ascetismo, alla purificazione, nella promessa di una vita ultraterrena e di una resurrezione. E' chiaro il collegamento con il Cristianesimo e questo spiega anche perché il Nietzsche, che pure non era a conoscenza del Pater, abbia firmato i cosiddetti biglietti della follia con la dicitura “ Diòniso il Crocifisso “.
P. 37 e sg. Nello studio sulle “Baccanti” di Euripide è evidente un atteggiamento diverso rispetto al tragico greco dalla considerazione che ne aveva Nietzsche. Pater infatti considera questo tardo parto del poeta come una sorta di palinodia e quasi di ripudio della sua mentalità razionalistica e un ritorno alle origini eschilee, quando il mito si presentava nel suo alone di magica rivelazione.
L'opera fu rappresentata a Pella, alla corte del re macedone Archelao, in un paese lontano dalle raffinatezze intellettuali di Atene, ancora circondato dalla natura selvaggia. E pare proprio che nel dramma come nell'animo del poeta vi fosse un vero e proprio ritorno, in una dimensione vagheggiata con nostalgia, all'intesa tra uomo e natura.
P. 44. Oltre alle interessanti riflessioni sugli effetti musicali del coro nelle “Baccanti” è importante l'affermazione secondo la quale il riso era l'elemento essenziale del più antico culto di Diòniso. Questa asserzione di Pater è abbastanza in contrasto ( ma forse no ) con la tragicità invece riscontrata da Nietzsche nel mito stesso di Diòniso. Penso però che Pater qui volesse sottolineare soprattutto l'elemento ferino, selvaggio e puramente istintuale rappresentato dal dio e ciò in effetti non è in contrasto con la visione di Nietzsche.
P. 50-51. Ritorna in considerazione la figura e il mito di Diòniso, che Euripide ha sottoposto al suo sofisma, cioè ha trasformato l'invasamento delle Baccanti in pura e improvvisa follia. Ma Pater coglie ugualmente la presenza, sottesa al significato stesso di tragedia, del mito. Un mito davvero singolare, nel quale il dio omofago e meilichius, dolce come miele ma anche bevitore di sangue, si presenta come il cacciatore e nel contempo la preda. Un mito selvaggio, nato sugli aspri monti di Tracia e connesso a quel filone di leggende collegato alla vita agreste e ai rituali della fecondazione dei campi e della rinascita della vegetazione in primavera dopo la sterilità dell'inverno.





domenica 10 dicembre 2017

Terenzio, Heautontimorumenos

Atto III, scena I

vv. 483-485

Nam deteriores omnes sumu' licentia.
Quod quoique quomque inciderit in mentem volet
neque id putabit pravom an rectum sit : petet.


“ … La troppa libertà
rende tutti peggiori. Lui vorrà
qualunque cosa, né si chiederà
se sia giusta o sbagliata, … “

Trad. di Mario Scaffidi Abbate




Giustamente gli antichi invocavano il rigore nei confronti delle nuove generazioni o per lo meno, come qui Terenzio, la prudenza nei confronti di una natura non ancora domata dai rigori dell'età adulta e responsabile. I giovani animati dalle loro brame e dal loro egoismo non sanno porsi un limite perché non lo conoscono anzi non l'immaginano neppure, ma i più anziani dovrebbero sapere che la natura umana è spesso una brutta bestia cui è meglio mettere il basto.