Leone
Tolstoi, Guerra e pace (1869), Verona, Mondadori, 1956,
traduzione di Erme Cadei
P.
42, nel suo discorso misogino contro la moglie e le donne in generale
il principe Andrea mostra il suo dissidio interiore tra una vita
eroica e una vita normale. Il suo temperamento nervoso e romantico lo
sprona alla vita eroica. Ma in questo dissidio, in questo scontento
esistenziale è già lo spirito dell'epoca. Siamo in pieno
Decadentismo, non c'è più lo spirito costruttivo e positivo della
metà dell'Ottocento, ma una sorta di anelito a un superamento della
realtà o alla morte come a una liberazione.
La
concezione dell'amore e del matrimonio secondo Tolstoi si trova già
nella lettera della principessina Maria alla amica Julie (p. 134,
vol. I). Si tratta di una concezione assolutamente antimoderna e di
carattere mistico, si tratta di obbedire alla volontà divina. Il
matrimonio è un'istituzione sacra finalizzata alla nascita di nuovi
esseri umani per dare compimento al misterioso processo della
creazione.
P.
162, l'episodio di Dolocòv, soldato che risponde al suo generale, è
impressionante. C'era dunque più democrazia ai primi dell'Ottocento
nella Russia zarista che non attualmente, e nei Paesi occidentali
stessi.
Nei
cap. successivi la descrizione delle battaglie contro i francesi
ricorda nella precisione il grande Tucidide e bisogna dire che
Tolstoi non è da meno. Egli vi aggiunge l'analisi psicologica e
l'impressionismo che rendono quest'opera essenzialmente moderna. E'
senza dubbio il Michelangelo del romanzo storico, uno scrittore pari
ad Omero.
P.
312 (vol. I), il tema della predestinazione credo sia importante per
Tolstoi (qui riferito ai pensieri della principessa Maria figlia di
Bolkonskij, che si tormenta, essendo brutta, circa la prospettiva o
no del matrimonio).
P.
414, nell'episodio della presunta morte del principe Andrea
Bolkonskij, ferito ad Austerlitz, si rivela la profonda religiosità
di Tolstoi, il senso del mistero della vita umana e della morte, la
consapevolezza di una realtà superiore e trascendente e della vanità
dei desideri e delle aspirazioni degli uomini.
Ma
nella parte IV del libro VIII (vol.II, p. 50) si viene a sapere quasi
increduli che il principe Andrea non è morto. Colpo di scena. Forse
perché era un personaggio troppo importante per farlo morire così
presto.
E
invece gli muore la moglie di parto, la giovane principessa che lui
disprezzava e che aveva lasciato alla custodia della sua famiglia per
partire in guerra, inseguendo i suoi sogni di gloria.
P.
74, cap. XV, l'arte coglie l'essenza della vita, l'Essere. Rostov,
nonostante la notevole perdita al gioco, si redime all'ascolto del
canto della sorella Natascia. Concezione della musica molto simile a
quella di Schopenhauer.
P.
80, parte V, cap. I. Pierre in una stazione di posta è immerso nelle
sue meditazioni sulla vita e sulla morte. Anche qui si colgono i veri
interessi di Tolstoi. Egli è prima di tutto un filosofo che ha avuto
agio di seminare la propria filosofia in un ampio romanzo destinato a
un vasto pubblico e frutto di grande maestria e lavoro. Nell'opera
ricorre a tutti gli espedienti del romanzesco, come anticipa i futuri
sceneggiati televisivi distribuendo “a puntate” gli episodi
dedicati a diversi personaggi, ma il suo vero interesse è la ricerca
della verità, soprattutto morale.
Nel
cap. XI e XII la discussione filosofica tra il conte Pierre e il
principe Andrea riflette quella che s'agita nell'animo dell'autore.
La narrazione non si esaurisce nell'azione né questa ha fine in se
stessa, ma essa prelude sempre a una vita interiore e a una
meditazione che è lo sfondo necessario e sostanziale dell'azione. In
breve, Tolstoi non è uno Stendhal ma piuttosto si avvicina a
Flaubert, anche se in lui la riflessione e la notazione psicologica
oltrepassano spesso i confini del Realismo e ancora di più del
Naturalismo.
P.
150, cap. XV, nel caso di Rostov, rientrato al suo battaglione dopo
la licenza, si pone il problema filosofico : “E' meglio per l'uomo
essere libero o servo, cioè rigorosamente vincolato a degli ordini
?” In parole povere, la libertà è veramente un bene ? Un
bene per tutti ? Rostov anela all'ordine della caserma, perché sa
di non essere capace di autodisciplinarsi (infatti ha perduto al
gioco una enorme somma di denaro).
P.
185, vol II, la morale del principe Andrea “non doveva
intraprendere nulla e doveva terminare la sua vita, senza fare del
male, senza inquietarsi e senza nulla desiderare” riflette la
morale orientale dei Buddhisti. L'influsso di Schopenhauer è
evidente.
P.
206, vol. II, a proposito della massoneria di cui fa parte Pierre
Besukov, circa la dottrina esoterica massonica è evidente la
derivazione dall'ermetismo cinquecentesco (vedi Yates, G. Bruno e
la tradizione ermetica).
Vol.
II, p. 239, ma Bolkonskij è bruno ? Mi sembrava fosse biondo
all'inizio.
P.
295, il romanzo è troppo lungo e quindi scritto un po' in fretta.
Come si spiega altrimenti che nella stessa pagina il cameriere Cekmàr
risulti prima ingrassato e poi addirittura scarno ?
Vol.
III, p. 10, concezione fatalistica della Storia, il suo sviluppo
risulta irrazionale e incomprensibile.
P.
59, a proposito del generale tedesco Pfull, agli ordini dello zar,
Tolstoi espone la sua opinione sulla presunzione dei tedeschi che è
anche un attacco indiretto alla filosofia idealistica di Hegel. E'
chiara la matrice positivistica della posizione intellettuale dello
scrittore, e la sua sensibilità si avvicina molto a quella di
Flaubert e soprattutto al Decadentismo.
Le
considerazioni nei capitoli seguenti circa la Storia e il suo
sviluppo e sul giudizio degli storici mostra l'atteggiamento
fortemente critico dell'autore nei confronti della presunzione dei
politici e nell'operato degli storici che spesso attribuiscono ai
personaggi della Storia delle capacità di valutazione che questi non
hanno mai avuto. Secondo l'autore il destino è imprevedibile e la
Storia è una rivisitazione di fatti ai quali siamo solo noi ad
attribuire un significato.
Nel
personaggio del vecchio principe Bolkonskij e nella sua morte, che
appare come la tragedia misteriosa e solenne di ogni vita umana, nei
suoi rimpianti e nella rivelazione di una bontà insospettata, come
nel generalissimo e scettico Kutusov, vediamo presentato il tema
della vecchiaia e dell'alone di solitaria grandezza che la cinge. La
vita umana e la vita universale appaiono come un mistero insondabile.
Vol.
IV, p. 351. Dopo la straordinaria descrizione della battaglia di
Borodinò, delle avventure di Pierre Besukov, del ferimento del
principe Andrea, veniamo a sapere che quest'ultimo è morto. Così se
ne va il personaggio sicuramente più eroico del romanzo, mentre al
suo posto l'attenzione si focalizza sul grosso conte Pierre. Sarà
lui a sposare Natascia ? Ho questa premonizione, ma non ho scorto
le pagine che mi attendono. Vedremo.
P.
455, dopo la presa di Mosca, l'avventura di Pierre, la conoscenza del
capitano Ramballe e l'incendio della città, veniamo a sapere che il
principe Andrea è risorto per la seconda volta e assistiamo
all'incontro tra lui e Natascia, mentre ferito giace su una branda in
una catapecchia.
Nella
parte IV, cap. 16, la morte del principe Andrea costituisce
l'episodio più denso di significato e che rivela la profondità
della visione di Tolstoi, il cui pensiero sonda il mistero della vita
e della morte. Come poi in Anna Karenina, la morte era già
stata annunciata nella prima parte dell'opera, quando il principe
Andrea era stato ferito ad Austerlitz. Un presagio del suicidio di
Anna Karenina è nell'incidente ferroviario dei primi capitoli di
questo romanzo. Il modus operandi di Tostoi è basato sul presagio,
perché l'autore crede nel destino.
La
narrazione della morte del principe Andrea è quanto mai realistica e
commovente e chiunque ne abbia fatto esperienza per avere assistito
dei cari in fin di vita lo può confermare. Credo che nessun altro
scrittore abbia raggiunto mai tanta veggente consapevolezza.
P.
177-178, parte VI, cap. X. L'arte di Tolstoi si basa su una
straordinaria capacità di analisi psicologica, della quale un saggio
eloquente è la descrizione del sogno ad occhi aperti di Petia nel
bivacco tra i cosacchi, durante la notte prima di uno scontro con i
francesi. La mente di Petia, pur ignara di tecnica musicale, crea una
sinfonia dei suoni più comuni, una sinfonia di suggestioni sonore
tanto più seducente quanto più misteriosa. Chi di noi non ha mai
sognato di comporre musica in sogno ? Lo sognò anche il
razionalissimo Socrate ! Queste atmosfere particolari di stati
d'animo estraniati o allucinati fecero scuola. Anche in Italia, basta
pensare a Grazia Deledda, al sogno di Efix morente, in Canne al
vento.
P.
181-182, cap. XI. La morte tragica di Petia in battaglia coincide con
il ritrovamento di Pierre Besucov, fatto prigioniero
nell'accampamento francese. Così una morte si collega a una vita, a
una sorta di rinascita.
P.
248, cap. XIII, nelle riflessioni di Pierre si manifesta il pensiero
religioso di Tolstoi, la sua concezione del divino : “...aveva
imparato a vedere il grande, l'eterno e l'infinito in ogni cosa...”.
Il romanzo in effetti è anche una profonda testimonianza di
pensiero. Tolstoi non è solo un grande artista, è anche un grande
filosofo.
P.
268, cap. XVIII. La mia premonizione era giusta ! Pierre s'innamora
di Natascia ed è ricambiato. Siamo in un romanzo e, per una volta,
avevo indovinato, ma nella vita, si sa, è un'altra cosa.
P.
283. Siamo all'epilogo, cap. I. L'irrazionalismo di Tolstoi, che lo
schiera dalla parte di Nietzsche, è palese nell'ultima frase di
questo capitolo : “Se si ammette che la vita umana possa essere
governata dalla ragione, si annienta la possibilità della vita
stessa.” Tolstoi è un romantico, che crede nel sentimento più che
nella ragione, nella quale non ha molta fiducia (vedi le critiche
alla strategia militare che segue modelli matematici, propria dei
tedeschi) però non nega come Nietzsche l'esistenza della verità.
Per Tolstoi la verità è nell'interiorità dell'animo umano, è
nella profondità del suo cuore.
In
questa parte finale del romanzo, l'autore ci presenta l'ambiente
familiare ideale, forse eccessivamente edulcorato, che riteneva
essere l'atmosfera adatta a una giusta vita cristiana e umana. Ma,
oggi, questa famiglia ideale è del tutto fuori dalle aspirazioni
degli uomini e soprattutto delle donne, per cui questo epilogo si
legge con ammirazione per un mondo ormai perduto, ma anche con una
certa noia.
E'
comunque indubbia l'abilità dello scrittore nello scandagliare
l'animo umano, di ogni personaggio ci offre oltre agli aspetti
essenziali del carattere anche le più sottili sfumature, come nel
rapporto coniugale tra Natascia e Pierre o nel sogno finale del
figlio del principe Andrea, Nikòlenka.
Segue
un saggio storico che vuole essere un po' una giustificazione del
romanzo. In questa parte finale si pone la questione alla quale
l'autore dice che non è stata ancora data risposta, cioè si domanda
che cosa sia il potere, riconosciuto come la vera causa e forza della
Storia. Seguono varie considerazioni sul libero arbitrio e sulla
necessità, provocate dalla diffusione del pensiero positivista e dai
nuovi metodi della ricerca storica. L'affermazione finale è
improntata, a quanto sembra, su una visione fatalistica delle umane
vicende.
L'edizione
qui riferita riporta in appendice un articolo apparso nella rivista
Le antichità russe del 1888, in cui si delinea chiaramente
nel pensiero di Tolstoi la concezione fatalistica, la legge della
predestinazione, che è la traccia segnata percorsa per tutto lo
svolgimento del romanzo.