Immanuel Kant, Critica della ragion pratica, Bari, Laterza, 2001
Scheda di lettura
P. 3. La ragion pratica dimostra la realtà propria e quella dei suoi concetti mediante il fatto.
P. 5. La libertà è alla base della legge morale che è alla base dell'idea di Dio e dell'immortalità, la cui possibilità è dimostrata dalla realtà della libertà.
P. 45, il sentimento del piacere determina la volontà.
P. 51, il sentimento soggettivo di piacere e dispiacere.
P. 61, la forma legislativa, motivo determinante della volontà libera.
P. 65. Legge fondamentale della ragion pura pratica.
P. 67, “sic volo, sic iubeo”.
P. 93, NB : la natura archetypa.
P. 101, la legge morale è un fatto della ragion pura apoditticamente certo.
P. 105, l'incondizionato : il dionisiaco di Nietzsche, vedi G. Colli, Apollineo e Dionisiaco.
P. 135, la ragione nell'uomo lo determina a un fine superiore a quello della semplice animalità.
P. 155, NB : la ricerca della felicità fine a se stessa degrada l'umanità (Kant è evidentemente avverso all'Utilitarismo anglosassone).
P. 163, NB : si distingue tra Io patologicamente determinabile (sottoposto alla natura) e il restante Io (Io puro e razionale) che è il nostro vero Io. Questo accenno all'Io è fondamentale e sarà considerato da Schelling. Ma dà luogo a molte altre considerazioni, anche nelle discipline orientali (Raja Yoga).
P. 189, la dottrina morale del Vangelo come esempio della morale della ragion pratica. E' evidente l'intento di Kant di conciliare ragione e fede. Anche il seguente inneggiare al dovere suggerisce un'origine “religiosa” di esso.
P. 191, anche qui si parla di volontà divina e di sue creature, è chiaro l'influsso religioso. Altrimenti non si parlerebbe di “creature”, ma si userebbe un altro linguaggio.
P. 193, le basi di tutto questo ragionamento sono chiaramente metafisiche e religiose, metafisiche in senso aristotelico, religiose in senso cristiano. Dov'è il dubbio filosofico e socratico, così legittimo ? Hume è più coerente.
P. 201, la dottrina della felicità è la via che conduce direttamente al più assoluto egoismo e al vizio.
P. 205, chi ritiene la libertà una proprietà psicologica (vedi Freud e compagnia) sono agli antipodi della filosofia di Kant (e di conseguenza della Filosofia vera, di quella greca di Platone, proiettata alla ricerca della Verità trascendentale).
P. 217, la legge morale ci rivela la superiorità del nostro vero Io rispetto al soggetto come fenomeno.
P. 241, l'armonia di volontà e ragione.
P. 251, falsità di una legge morale che prescrive la realizzazione del sommo bene.
P. 255, critica al concetto epicureo di virtù e onestà.
P. 265, rigetta come mostruosità le pretese visioni dei mistici.
P. 275, l'esistenza di Dio.
P. 277, la fede razionale pura.
P. 289, l'ordine razionale di Dio pone una felicità proporzionata al merito.
P. 291, spiega il postulato dell'immortalità come necessario all'adempimento completo della legge morale in quanto essa esige la perfezione (che non è umana).
Ibidem, Dio = Sommo Bene, concezione di origine platonico-aristotelica (greca).
P. 297, si dimostra che Dio, l'immortalità e la libertà esistono in quanto realtà trascendente, ma non possono essere conosciuti. Tuttavia il fine puro pratico della morale (p. 311) ne dimostra l'esistenza necessaria.
P. 315, i ragionamenti di Kant conducono alla fede razionale pura pratica.
P. 323, se noi sapessimo tutto, se conoscessimo le verità ultime, non avremmo più la libertà, ma agiremmo all'insegna del timore ossia la nostra ragione ci impedirebbe qualunque tipo di arbitrio.
P. 329, a leggere queste pagine si direbbe che la maggior parte dell'umanità sia immorale (il che è vero !).
P. 344-345, queste osservazioni sull'applicazione della legge morale, basate sul culto del senso del dovere per il dovere, sono perfettamente razionali e pertanto perfettamente utopistiche o superumane. Kant dietro ai suoi ragionamenti perde il senso della realtà.
P. 357, NB : “la scienza è la porta stretta che conduce alla dottrina della saggezza.” Questa è la morale dello scienziato accademico, lontano dalla comune umanità, della quale non può essere maestro.