sabato 12 ottobre 2013

Leopardi, Zibaldone, 607.






Cum proelium inibitis, (moneo vos ut) memineritis vos divitias, decus, gloriam, praeterea libertatem atque patriam in dextris vestris portare. Parole che Sallustio (B. Catilinar. c.61 al.58.) mette in bocca a Catilina nell’esortazione ai soldati prima della battaglia. Osservate la differenza dei tempi. Questa è quella figura rettorica che chiamano Gradazione. Volendo andar sempre crescendo, Sallustio mette prima le ricchezze, poi l’onore, poi la gloria, poi la libertà, [607]e finalmente la patria, come la somma e la più cara di tutte le cose. Oggidì, volendo esortare un’armata in simili circostanze, ed usare quella figura si disporrebbero le parole al rovescio: prima la patria, che nessuno ha, ed è un puro nome; poi la libertà che il più delle persone amerebbe, anzi ama per natura, ma non è avvezzo neanche a sognarla, molto meno a darsene cura; poi la gloria, che piace all’amor proprio, ma finalmente è un vano bene; poi l’onore, del quale si suole aver molta cura, ma si sacrifica volentieri per qualche altro bene; finalmente le ricchezze, per le quali onore, gloria, libertà, patria e Dio, tutto si sacrifica e s’ha per nulla: le ricchezze, il solo bene veramente solido secondo i nostri valorosi contemporanei: il più capace anzi di tutti questi beni il solo capace di stuzzicar l’appetito, e di spinger davvero a qualche impresa anche i vili.

(4. Feb. 1821.)

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