Eugenio
Montale Prose e racconti Milano, Mondadori, 2001
Farfalla
di Dinard ( 1956 )
“Le
rose gialle“ ( p. 15 ) : “ Le donne sono particolarmente inadatte
alla ricerca del tempo perduto. “
“La
donna barbuta“ ( p. 45 ) : “ Il piacere di vivere nasce dalla
ripetizione di certi gesti e di certe abitudini, dal fatto di potersi
dire : “rifarò quello che ho fatto e sarà press'a poco lo stesso,
ma non proprio esattamente lo stesso”. Nasce dal diverso
nell'identico, ed è eguale tanto per l'analfabeta che per il
letterato. “
Umorismo
surreale come in “La Tempestosa“, a tratti addirittura
esilarante. Sembra di vedere un film con Alberto Sordi. C'è qualcosa
dell'umorismo di Mark Twain ( ad es. Il furto dell'elefante
bianco e altri racconti, ed.
BUR ), si potrebbe anche tentare un accostamento agli scritti di
Achille Campanile ( ad es. Se la luna mi porta fortuna,
1928 ) anche se l'arte di quest'ultimo è decisamente più surreale.
Caratteristico
di questi racconti è l'impressionismo, perché si tratta di stralci
di vita quotidiana, sempre piuttosto originali, che appaiono e
scompaiono alla nostra immaginazione così come sono venuti.
In
certi racconti, come “Il pipistrello”, il cui titolo appartiene
anche a una novella di Pirandello, le circostanze e il finale, in cui
la bestiola alata si presenta quasi come un messaggero dell'al di là,
sono d'effetto tra l'umoristico e l'assurdo.
P.
139, “L'Angiolino”. Si tratta di una sveglia che da una coppia di
viaggiatori abituali viene considerata alla stregua di un figlio. Il
racconto potrebbe essere adattato alla scena e fornire un esempio di
“teatro dell'assurdo”.
P.
167, “Il colpevole” allude all'esperienza dell'autore come
direttore bibliotecario del Gabinetto Scientifico Letterario
Vieusseux a Firenze e il suo allontanamento in quanto non iscritto al
partito fascista. Le caratteristiche di sempre dello Stato italiano
vengono fuori : l'ipocrisia, l'inefficienza, la corruzione,
l'incapacità o meglio la noncuranza nella considerazione del merito.
P.
173, anche nel racconto “Seconda maniera di Marmeladov” il
quadro, in cui il cane dipinto disturba col suo latrato il sonno del
suo proprietario, è un esempio di narrazione surreale, alla quale è
intonata più o meno tutta questa prosa montaliana.
P.
185, “L'uomo in pigiama”, nella situazione alquanto grottesca di
un nevrotico in pigiama che passeggia a notte inoltrata nel corridoio
di un albergo e dell'avventura, che si prospetta ma non si realizza,
viene fuori una scenetta umoristica di gusto direi “anglosassone”,
in effetti Montale ha qualcosa di decisamente “British”.
P.
187, “Sul limite”, s'immagina l'entrata in un al di là onirico.
Caratteristica di Montale è la dimensione della memoria. La maggior
parte dei racconti sono vissuto che viene riportato alla luce dal
ricordo.
P.
193, “Sulla spiaggia”, sempre il motivo della memoria reso
celebre dalla poesia “Cigola la carrucola del pozzo”. Il ricordo
affiora impreveduto e potente come una presenza misteriosa o un viso
luminoso di cui non si rammentano bene i tratti, ma è la vita che
affiora e che ci dimostra che di essa non abbiamo capito nulla. Ovvio
il riferimento allusivo a Proust nell'espressione “andando
dilettantisticamente alla ricerca del tempo perduto.”
P.
202, “I quadri in cantina”. Il racconto anche qui è sempre
ricordo di un passato lontano, e si sofferma sulla brevità e
caducità della vita umana : un incontro, due quadri acquistati in
una mostra di un artista scomparso a vent'anni. Tutto quello che
resta dell'esistenza di un essere umano è ben poco, e Montale è ora
il custode della memoria di quel ragazzo affidata a due tele
mediocri, di cui appunto non può più disfarsi.
P.
211. “Signore inglese” conferma l'atteggiamento British di
Montale, rivelato dal suo umorismo di stampo anglosassone, un po'
connaturato al carattere ligure e soprattutto genovese. E poi esso è
tipico del narratore in quanto distaccato osservatore del mondo, che,
se chiamato a essere personaggio, pure mantiene sempre un certo
riserbo e occhio critico.
P.
217, l'imprevedibilità delle situazioni è un espediente usato da
Montale per attrarre il lettore, come in “Cena di San Silvestro”.
Non credo che ci sia nulla di più, se non presentare una scenetta
dal finale imprevisto o addirittura assurdo ( in tal caso si rientra
nel “Teatro dell'assurdo”, come capita in altri racconti ). Un
signore in un ristorante di lusso chiede informazioni sul menu per il
cenone natalizio, ma non soddisfatto elenca una serie di piatti
prelibatissimi e di vini costosissimi che vuole però pagare in
anticipo prima della consumazione. Allo stupore del maître, ma dopo
aver pagato, lo invita a mangiarsi lui tutto insieme ai suoi
collaboratori, perché il medico gli ha proibito eccezioni a una
dieta da malato e perciò si fa portare una camomilla e delle
noccioline. Ma lo scopo di una tale spesa ? Quello di poter assistere
al banchetto degli altri, di vederli mangiare liberamente e dedicarsi
al comune piacere della vita, quello condiviso da tutti.
L'ultimo
racconto, con la sua malinconica grazia, reca ragione del titolo
della raccolta.