“
Questo più umano
amore “, tre racconti inediti di Lou Andreas Salomé.
Traduzione
di Claudia Ciardi
Viterbo,
Stampa Alternativa, 2018
I
racconti sono del 1899.
Consiglio
vivamente, per una migliore comprensione dell'opera della Salomé,
l'ottima introduzione di Claudia Ciardi.
“
Prima del risveglio
“, p. 24. Si intuisce meravigliati che Edith ha sposato suo zio !
Per
quanto riguarda lo stile la Salomé procede a scatti per blocchi di
immagini come se avesse in mano una macchina fotografica, ma le
fotografie fossero disegni o abbozzi. All'inizio manca la
drammaticità del sentimento, abbonda invece la descrizione degli
stati d'animo correlati all'ambiente. Giustamente Claudia Ciardi
parla nell'introduzione di racconti autobiografici, qui i
protagonisti adombrano la stessa Salomé e il poeta suo amante Rilke.
Più avanti però la drammaticità si fa spazio, piano, piano avanza
l'introspezione psicologica e la complessità della coscienza,
rivelando la discepola di Freud. Senza dubbio la seconda parte del
racconto ( la scena nella camera d'albergo ) è superiore alla prima.
P.
44, alla fine del racconto Hans “ non è stanco di vagliare con la
sua irrequieta fantasia l'eterno indovinello a cui ha consacrato anni
della sua giovinezza, e che lo ha nuovamente soggiogato “. L'enigma
della Sfinge ? Si accenna forse al complesso di Edipo ? Direi di
sì. Comunque Edith appare come la “femme fatale”, misteriosa e
seducente dei romanzi dell'Ottocento.
Il
secondo racconto, “ Un rivedersi “ ( p. 45 ), rivela la
femminista, nel suo abbracciare l'ideale e pretendere il sacrificio
del maschio riluttante all'idea di una vita fuori dal mondo ma votata
alla Causa. In questa astrazione idealistica si rivela la vestale che
fa della propria rinuncia al sesso un'arma di difesa, ma anche e
soprattutto di dominio. Viene in mente quella fotografia della Salomé
con la frusta in mano che tiene aggiogati al carro Nietzsche e Paul
Rée ( proprio Nietzsche che affermava che con le donne bisogna usare
la frusta ! ). Su Lou Salomé si leggano le pagine veramente spassose
di Anacleto Verrecchia ( La catastrofe di Nietzsche a Torino,
Bompiani, 2003, pp. 68-70 ) che la dipinge come una fascinosa Circe o
per dirla con Cicerone, a proposito della Clodia-Lesbia di Catullo,
“Quadrantaria Clitemnestra”. Quello che è certo è che Nietzsche
ne subì il fascino in maniera quasi tragicomica.
Il
terzo racconto, “ Un caso di morte “, è decisamente superiore ai
precedenti, direi un vero capolavoro. Forse bisognerebbe leggere
prima questo per poter apprezzare meglio i primi due. Se infatti
questi colpiscono per la tormentata rappresentazione dell'amore come
attrazione-repulsione, qui forse è il motivo dell'incesto a fornirne
la chiave con tutti i sotterranei richiami al subconscio e
naturalmente alla psicanalisi.
L'incesto
è poi topico nella letteratura simbolista, oltre che nella cultura
musicale, basti pensare al Sigfrido di Wagner. Thomas Mann ne farà
il motivo conduttore del suo “ Sangue welsungo “ ( 1906 ) e C. G.
Jung tratterà a lungo l'incesto nel suo Simboli della
trasformazione ( 1912 ) dove viene preso in considerazione
appunto il mito di Sigfrido, l'eroe nato da due fratelli. E qui sono
appunto due fratelli che si amano, sebbene non ne siano del tutto
consapevoli.
Ma
al di là dei tòpoi letterari quello che attrae in questo splendido
racconto è la complessità della trama psicologica cui si unisce il
motivo dominante dell'estraneità dell'artista, del suo essere altro
rispetto alla vita comune degli uomini, oltre che al problema del
ruolo della donna intellettuale nella società. Ester è infatti una
donna che ha sacrificato al ruolo di moglie e madre la sua
possibilità di essere la Musa ispiratrice nell'amore del fratello
artista. Ed Eberhart è l'artista che solo nell'esilio, nella
lontananza e poi nella morte realizza se stesso in quanto non uomo o,
per attenerci al verbo di Nietzsche, oltreuomo.
Anche
l'ambiente ha la sua importanza, in particolare è un leitmotiv la
descrizione della spiaggia sul Baltico, rievocata anche nelle pagine
del Tonio Kroeger ( 1903 ) di Thomas Mann.
Scrive
Lou Salomé : ( p. 69 ) “ Più di una volta era stata al mare con
lui. La casa di villeggiatura in cui i suoi genitori passavano gran
parte dell'anno non era troppo distante dal Baltico.
Dovevano
essere stati tali sentimenti di nostalgia e amarezza a occupare
l'animo di Eberhart, allora, in riva al mare, mentre ascoltava la
tempesta e lo stridere dei gabbiani, lasciando che la straniante
caligine della distanza agisse in lui. Non ci aveva mai pensato. Al
mare, lei, si era sempre fatta cullare dal ritmo delle onde, da
questo arcano dondolio, che il vasto seno delle acque produceva.
Nella sua mente non c'era alcuna barca alla deriva, né la turbavano
il luccichio e l'abbaglio dell'orizzonte. Tutto sembrava dissolversi
nella cadenzata melodia di un infinito – ninna nanna e inno al
contempo. “ Le ultime frasi ritornano come un leitmotiv a p. 96.
E
Thomas Mann scriveva in Tonio Kroeger ( BUR, 2001, p. 171 ) :
“ E ora, mentre il mare si apriva davanti a lui, scorgeva da
lontano la spiaggia dove, da ragazzo, aveva potuto spiare i sogni
estivi del mare, vedeva la fiamma del faro e le luci dell'albergo
dove aveva abitato con i suoi genitori … Il Baltico ! “ Die
Ostsee ! Ecco il simbolo dell'infinito, l'apparizione del grande
varco, del viaggio al di là, dello Spirito e di un mondo ineffabile
di pura Bellezza a cui anela con angoscia e desiderio l'animo
dell'artista, che non appartiene a questo mondo.
Pure
Tonio Kroeger riconosce la propria sconfitta dinanzi all'umanità
comune e soddisfatta, ma il messaggio è questo : solo nella morte
l'Arte risplende della sua Vita più pura, “ Eis; und Geist ! Und
Kunst ! “ ( “ ghiaccio; e spirito ! E arte ! “ p. 209 )