domenica 22 gennaio 2023

Istakar


 

Là, tout n'est qu'ordre et beauté,

Luxe, calme et volupté.


( Ch. Baudelaire, “ L'invitation au voyage “, Les fleurs du mal )




Ecco, nell'ombra del monte

vedo il mare, il mare d'oro;

ecco, di nuova fonte

m'innamoro.


Canta sul vello biondo;

ride il mare, il mare d'oro.

Il raggio canta, nascondo

l'aureo coro.


Entro nascondo, io sfinge,

tra il canto mio che trabocca

e il vento di verde attinge,

questo mare

in questa bocca.



Languido all'ombra abbagliato del sogno,

del sole equoreo alla vampa eburna,

solo ed immoto nella mobile urna,

rubro solenne nel tramonto sogno


il rovo d'oro, e cantano usignoli

in orti azzurri e sul manto velluto

color di crisoprasso. Quivi soli

lire inebriassero arcane e muto


desiderio; oh, chimere lontane,

ròride di rosse labbra spiranti

sinuose onde di verde arcuato musco,


oh, spumose in bràmito corrusco

su scogli bronzei chiome divoranti;

voi, bacche di cinabro ed ansie umane.



Musiche profumate, aurato ardore,

solenne d'oblio, chiome vaporose,

effluvii di mistico sudore,

tra le lampade fra le carnee rose


oltre il candido muro, e nell'oro

trèmulo di smeraldo, scintillante

opaline malie; ansia amante,

turbinoso susurro, d'ali in coro


voli iridati, perle rugiadose,

odorosi frutti, albe immacolate,

cristalli ed ambre, acque fragorose,


dove, dove l'errabondo mercante

nelle dolcissime insidie ingrate

laccierà il riso suo inebriante ?



Tu all'ombra d'un platano sonora

placa il mio cuore, o cicala,

gioiosa canta con iridata ala

tra sterpi d'oro nella calda ora.


Canta e placa l'angoscia, che divora

la mia povera vita, al tuo canto

in melodie di biondo incanto

al quieto manto marino ancora.


Che all'ombra in sogno soave posi

tra fughe di sorrisi e fauni e ninfe

ed echi di flauti melodiosi.


Che all'ombra di alberi nodosi

della selva al palpito di linfe,

d'albe sogni fra suoni deliziosi.



Odio il tempo tiranno ed il timore,

e dei borghesi l'invidia folle

di sogni alborei al fiammeo colle

alla finestra che mi apriva Amore.


Danza di fauni alle ninfe sposa,

dalla dimora dell'ombre lontana;

fluttuosa sinfonia, armonia ramosa,

rapita ai campi fuga meridiana.


Avide nari al piacere dell'aria

nei prati gioiosi e lieve canto

rubeo tra i rami all'acqua luminosa,


fra l'arse foglie in fruscio varia.

Iride fulva di fauno amorosa

amo e tenui note e umbrato incanto.



Ora fiorisce amante all'arpa e canta

fiotto di fonte, ròrido narciso,

soave all'ombra, dei prati al sorriso,

sovra il violaceo flutto blando incanta.


E libellula giuncata barca

l'onda lambisce, e sèriche svela

le fatate ali, alia mentre varca

per melodiose sponde la vela.


E nelle grotte riposa il pastore

Pan, che quando alto il meriggio regna

a rocce inarca tra i cespi all'odore


della selvaggia chioma, e al balzare

tra i pini della verde vampa impregna

l'avide nari e corre all'ampio mare.



Riva arida e sola, ove il rombo glauco

d'oceano inghiotte aspri singulti urlando,

lacerandosi sugli scogli rauco,

con pianto di rupi sibilando;


in grotte nere giaccio; tra le torce

stridono nòttole, mugola il mare,

l'immane mostro che verdi occhi attorce,

lince, ispido spettro, spira ad unghiare.


Oh, e di zoccoli ed inni di trombe

gorgonea tempesta, e corsiero alle onde,

nero nitrito che tuffa fremente,


algido di violacei flutti. Tombe

fra ombre di germogli e fiorite fronde

nasconde al quieto lago cetra assente.



Furioso al fischio della frusta corri

corsiero mio, corri e nitrisci igneo,

mordi il vento marino. A rupi incorri,

ad abissi viscosi e limo tigneo.


Giù, dalla roccia va ed inventra

alla bocca in crepolii sulfurei

là, voragine di torce e murmurei

cori di morti. Là, a Istakar entra !


Oh, e dove sono delle mandore

l'aulite voci, e dove le fronde

delle cerule canne al caldo sole ?


Tra le rovine muscose il candore

e il gioco delle glauche chiome, sponde

sazie di veli all'avide parole.



Quando la dolce Primavera fiori

coglie nei prati per la bella chioma,

colgono bionde l'api il biondo aroma

figlio del sole e danzano gli amori.


E tu apri la porta e ai campi lieti

fra le viventi fronde corri e il vento,

ombra e sussurri tra le fresche reti;

umide bacche d'insidioso accento.


Occhi palustri, avidi specchi d'acque,

antiche magie sotto la luna,

rossa, all'ululato del corno roco.


O Cibele, te antro d'ombre invoco,

cui coro di corimbi bronzeo nacque,

bella fiera della terra bruna.



Occhio del serpente, cupi e immiti

sibili d'arcani dei freddi venti,

oh, nubi d'oro, attesa di fulgenti

alabastrine colonne agli inviti


di giochi e canti sotto le volte agili,

gigli irrompenti ai raggi fra i veli

sèrici, iridati specchi fragili

fra mille risa, sapidi cieli.


Nebuloso sonno, manto di maghi,

lubrico vagola ai sulfurei draghi

per arabeschi purpurei; invoca


voce il volo e le plaghe varca roca

del negromante e grida sovra il sangue

salso e inebria all'urlo il criseo angue.



Quando il sole alla notte sovrana

il sangue mesce ai nati d'Aurora,

e virginea luna e il mare arcana

danza tra i lumi nella terra incuora,


alti alberi sogno, membra umbrate,

umide e algose all'alito, attorte,

greve al vento, gracchiano lunghe alate

marine ombre, e geme l'onda forte.


Fremito d'ali, e viene il cocchio nero,

della notturna dea, al rombo e al flutto

dei coribanti, e s'apre il suolo al fero


tuono dei timpani e dei gorghi instrutto

fuoco arroca e spira, il mare duole,

selve echeggiano agl'inni e nasce il sole !



Canterò sempre a primavera aedo

armonie purpuree all'erba clora,

cori di ninfe e sussurrare infiora

d'api l'aura radiosa e al vento incedo


lieve che vola sugli ondosi velli,

occhi verdi della ròrida luce;

tra le sacre chiome ella riluce

degli ulivi coi biondi capelli.


Librate foglie al respiro d'autunno

sempre sono con me, morte serena,

onda di sogno luminoso alunno

d'esule lamia nella notte piena.


Dorme allora la terra e dorme il mare

degli dei ai canti e in alto irradiare.



Ampi al volo ceruleo alcioni,

liberi nell'arduo mare ed alto

oceano di sogni, solari doni

del dio, sospiro del verde smalto,


albi ermeti, donde regna il riso,

eterna giovinezza, aulisce il croco

fra corone di mirto e di narciso,

e spira olente aura in aureo gioco.


O sacra libertà, o puro fuoco

di corsieri furenti ai flutti amari,

o certami dei forti efebi al roco


murmure del mare, tu nere nari

sulfuree, cavallo occhi di brace,

vola anguicrinito, falco rapace.



Odo lontani di danze suoni

fra sertocoronate ninfe amanti,

o anima, quando àrcano passioni

fere le muse discingono i canti.


Ignei scalpitano dardi alla schiuma

del mare, del tuono all'ansimo altero,

ed inneggia la rabida bruma

d'oceano all'occhio immane e nero.


Oh, incanto di lontane ombre, fonti

di selve, ansito all'aurato flutto,

frutti di luce eburnea, ascesa


del dio gioioso ai deserti monti,

turbicea fiamma di mènadi incesa

alita aulorosa all'ambrato Tutto.



Coro di fiaccole incede al monte

nero, arsa Tisifone, e trombe e corni

ode bramosa rimbombanti, in fronte

offende il serpe ai tristi giorni;


orrore alle vergini, nero nume,

fremido cavallo ai lai lontani,

e come fanciulla senza lume

al buio rabbiosi cribrano cani,


o Ade sposo d'amare nozze, o sole

al mormorio porfireo morente,

avido di Ciprigna, e plumbea mole


dall'alto l'Austro orrido inspira

il carro in glume d'onde al verde algente;

Apollo, arco di fiamme, delira.



Quando a me la finestra aperse Amore

nell'oscura casa immota, ricinta

dell'alba e con il grembo in fiore

ella m'apparve sulla via sospinta


dalla malia dell'eterno errore

nelle pupille ed in suo canto avvinta,

carminia veste nel purpureo ardore

da cornucopia dell'abisso attinta.


Nell'universo palpitante cuore

oltre le soglie della morte estinta,

fra i canti occidui, fulgido rubore,


ella m'apparve tra i corsieri accinta

igneo sul cocchio, ebbra di furore,

di sangue al vento nelle chiome tinta.



Dèmone dall'iride verde, teda

nella sera dal cocchio d'oro, ghigno

all'idra senile, fuggi o cigno

fra faci d'occhi turbinante preda


degl'Iperborei oltre le terre algenti

follemente scocca corsiero incentra,

fulmineo sole di tube possenti,

tu ad Istakar, ad Istakar entra !


Dardo della mia chiaroveggenza,

oltre la porta passa dei dolori,

o chimera, prezioso opale, essenza


di torbide luci, cupa d'amori

sotterranei, vitreo di sultano

labirinto d'ebano, o sogno vano.



Konx, Ompax. Lune schiave di raggi

argentei. Nera ametista siccome

cupo vino e opali gelidi, saggi

fuochi, delle tenebre fari, crome


d'arpe e leuti all'ampie volute,

marmoree agili arcate, e fontane

cristalline o rosse rose crespute

di ninfe sui seni umbrati, lontane


cupole coppe calde, deliranti

aromi, ardenti fiumi di sotterra,

occhi marini alla torbida guerra


del cielo; o Eros, Eros, ed ora

dei bei trofei insegnami gl'istanti,

e l'igneo miele tra le perle irrora.



Idolatra della lubrica luce,

smaragdina serpe tra le colonne,

casta siderea amante, seduce

selene nel vitreo volto insonne.


Ed ama nella cripta d'ombre illuse

ali di diaspro e gioie effuse

lungi di sistri all'iride marina,

fra negri marmari, striga ferina.


E danza, manto di pavone, occhio

suo rubro come di rabido cane,

sicaria, ebra di stille umane.


Fiore della penombra, rocchio

delle secche algose, estatica luna,

coma di filtri, pitonessa bruna.



Sirene del mare, dell'onda muse

purpuree all'eco cianeo remoto

dei manti flavi, canti e arpe confuse,

fili d'oro d'aulite chiome e al loto


libico suoni di rive d'Asia,

flutti ove mormora l'ultima coppa

stanca del miele dell'Imetto amasia;

simposii senza corone, galoppa


l'ultimo innito, spiro delle dune

dei neri frutti gravide, il vento

donde incubo vigorisce in crune


d'ago scempio di sogni, e me violento

deruba, barbaro, e voi, albo coro,

crespo crine, figlie del fiume d'oro.



L'Ore d'un canto di crisea cetra

vorticose, fieboli vento invetra

le foglie d'autunno, in ombre d'acque

di berillo ove il sangue giacque


del sole, la vela amano al vento

dell'albe librare, ansimo lieve,

poma di ninfa piedeargento,

lunati seni di cigno, ansa breve,


o ali di nebbie, ascese alle rocche

turrite, ove delirio muore

di Babilonia, ove fugaci bocche


mutano algenti, frigido pallore;

alidorate madri sempreverne,

o vie purpuree, o danze eterne.



O sonno dolce nel seno

virente, ombra secolare,

o dolce sonno, sereno

ondeggiare;


sogni sull'erica lene,

cuprei prati in oltremonti,

azzurre fiabe terrene,

ardui ponti;


Istakar arce di perla,

o fonte umbrata pupilla,

musa immemore ove brilla

l'acqua verde;

casa o urna, averla !





Nessun commento:

Posta un commento