Luigi Pirandello, Suo marito (1911), Tutti i romanzi, v. I, Milano, Mondadori, 2003
P. 604 e sg., cap. 4. Il banchetto letterario in cui sfila un campionario di caricature, dalle dame poetesse ai giornalisti esteti, richiama (o anticipa !) col suo tono satirico la prosa di Proust, particolarmente le riunioni mondane narrate in Du côté de chez Swann (1913). Da questo punto di vista i due scrittori hanno qualcosa in comune, ma differiscono poi nello stile, perché Proust si perde nell'analisi degli stati d'animo dei vari personaggi, mentre Pirandello li fa parlare direttamente e si limita alla descrizione della loro mimica e degli ambienti, rivelando il drammaturgo.
Il cap. III è di tono chiaramente comico nel dialogo tra Ippolito Roncella, zio di Silvia (la scrittrice) e il signor Crowell, venuto apposta dall'America per un contratto editoriale con la nipote.
Il romanzo all'inizio appare meno ricco di problematicità, ma poi questa si presenta inevitabilmente, come negli altri romanzi, tra i quali soprattutto Uno, nessuno e centomila.
P. 685, Silvia Roncella è dotata di una ricca vena inventiva, ma è ignorante come una scarpa. Come gli odierni autori di soap opere è una dilettante grafomane.
Cap. IV, p. 722. Sembra gareggiare con D'Annunzio nella ricerca di vocaboli rari, quando descrive la natura che cinge il villaggio piemontese dove Silvia Roncella si è recata, su invito del marito, per trascorrere la convalescenza dopo il parto. Però la descrizione suggerisce un paragone anche con I promessi sposi.
P. 731. Silvia Roncella è sommersa da un profluvio di lodi sui giornali, dove i critici trovano nella sua opera cose che “ella non si era mai neppure sognata di pensare”.
P. 764-765, viene analizzato l'animo di Silvia Roncella e si delinea la sua ostilità crescente verso il marito, che recita il ruolo di suo agente d'affari e di fama. L'autore rappresenta anticipando i tempi la psicologia della donna in carriera, che entra in conflitto con il ruolo millenario di sposa e madre.
Nell'analisi psicologica Pirandello si mostra sempre un vero maestro, come nelle pagine dove mette a fuoco la relazione d'amore-odio di Livia Frezzi e Maurizio Gueli (cap. VI). E' sicuramente il nostro miglior narratore-psicologo, in questo si può affiancare ai grandi russi come Čechov e Tolstoj, a Henry James e a Thomas Mann.
A p. 800 emerge la classica tematica pirandelliana della duplice o triplice personalità. Livia Frezzi, gelosissima, lo vede in un certo modo, il peggiore, e lo considera un uomo falso e disonesto, corrotto dalla fama letteraria, mentre nella realtà il Gueli si comporta nella maniera più riservata e onesta possibile. Assillato dai continui rimproveri della donna, dubita di se stesso e delle proprie azioni, sino a pensare di essere diverso da come si sente. E' il motivo dominante di Uno, nessuno e centomila.
P. 811, nell'incontro tra Maurizio Gueli e Silvia Roncella, nello studio e in casa di lei, Pirandello ricorre in parodia allo stile dannunziano :
… quantunque già dentro di sé abbandonati l'uno all'altra perdutamente.
Si noti infatti quel “perdutamente”, avverbio in fine di frase secondo la consuetudine stilistica di D'Annunzio. E in effetti Maurizio Gueli ricorda nel suo rapporto masochistico con Livia Frezzi il Giorgio Aurispa del Trionfo della morte (1894), mentre Silvia Roncella è la tipica donna fatale, anche se qui ancora latente e in fieri.
Nei capitoli seguenti Giustino si accorgerà, suo malgrado, di avere come Frankenstein creato, con la sua opera pubblicitaria e organizzativa, un mostro. La donna, resa cosciente della propria vera natura, abbandona le prospettive della maternità, alla quale si era consacrata, cercando in essa un rifugio. Ella scopre in se stessa una vocazione completamente diversa, che però sconvolge la sua personalità precedente e la trasforma in una donna spregiudicata, votata interamente alla creazione artistica e libera da qualunque vincolo familiare. E' la donna moderna, non più compagna dell'uomo, ma spesso rivale, soggiogatrice, dominatrice. E' il fallimento del matrimonio e della società tradizionale.
E al matrimonio pone fine negli ultimi capitoli la morte per febbre improvvisa del figlioletto di Giustino e Silvia.
Giustino è disperato per l'abbandono da parte della moglie, ma la morte del figlio gli dà il colpo di grazia. Come fuori di senno incontra Silvia, avvertita della morte, e dopo il funerale i due si lasciano definitivamente.
Bellissima la descrizione dell'animo di Silvia durante la notte seguente alla morte del bimbo. Ella è ormai consapevole di avere acquisito una nuova natura, la sua vera natura, e di dovere obbedire al suo destino. Destino che è una sorta di condanna alla celebrità, alla diversità, alla solitudine.
E la solitudine più assoluta avvolge anche Giustino, ormai senza più alcuno scopo né speranza nella vita.