Yukio Mishima, La voce delle onde (1954), Milano, Feltrinelli, 2024
Stile simile a quello di Hemingway. Le descrizioni degli ambienti sono accurate e precise, direi fotografiche. Anche le azioni vengono rappresentate con grande evidenza ed attenzione al realismo e ai particolari più minuti (vedi la scena della pesca dei polipi, p. 17). Siamo nella fase di transizione dal romanzo alla sceneggiatura.
P. 20, nel finale del cap. 2 i sentimenti del giovane pescatore si rispecchiano nella natura circostante e viceversa l’ambiente marino influisce profondamente sul suo animo. In questa simbiosi uomo-ambiente c’è qualcosa di comune con la sensibilità dannunziana.
P. 70-74, la scena erotica tra il giovane Shinji e la giovane Hatsue è quanto mai suggestiva, realistica e nello stesso tempo reticente e quasi velata dal pudore. I due corpi si stagliano alla luce del fuoco come rivelazioni improvvise di dei.
P. 132-134, la descrizione della vita quotidiana del villaggio, in particolare delle pescatrici di perle colte nel momento in cui dopo essersi tuffate si riposano nude sulla spiaggia, è realistica e ingenua. La bellezza femminile, specialmente la conformazione del seno, non viene apprezzata con malizia, ma esaltata in maniera del tutto spontanea e naturale.
Il seguito della vicenda, che si conclude con il fidanzamento dei due giovani, è tutto imperniato di naturalezza e di color locale, all’insegna delle tradizioni del vecchio Giappone. C’è in questo qualche elemento comune con il verismo dei Malavoglia di Verga. Tutto sommato si tratta di neorealismo.
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