Franco Galletti, La bella veste della verità, Milano, Mimesis edizioni, 2020
P. 17, nella considerazione dell’antico paganesimo Galletti mostra di condividere l’opinione di Walter Otto : “i numerosi dei del pantheon rappresentavano più che altro aspetti peculiari dell’unica Divinità”, vedi nota 11.
P. 19-21, Dante viene presentato come un iniziato ai Misteri della Gnosi, come un profeta cui è stata rivelata la Verità. In questo senso la Divina Commedia rappresenta un’opera di esoterismo e non semplicemente un’opera d’arte.
P. 24, 25, nella “Presentazione dell’argomento” l’autore sottolinea la presenza nel testo dei cosiddetti “Fedeli d’Amore” (tra i quali oltre Dante anche Petrarca e Boccaccio) di un senso anagogico o iniziatico di difficile individuazione e spesso di origine islamica (fonti : René Guénon e Ananda K. Coomaraswamy).
P. 27, secondo l’interpretazione esoterica di Gabriele Rossetti Beatrice è l’immagine della divina Sapienza e non della teologia, in ciò conformandosi alla rivelazione degli antichi illuminati come Empedocle (vedi Giorgio Colli), cioè superando l’ambito troppo ristretto del cristianesimo.
P. 31, importanza dell’Ordine dei Templari.
P. 35, NB la distinzione a proposito della teologia e della dottrina iniziatica tra ragione e intelletto. Distinzione che separa da un lato il razionalismo e dall’altro la dottrina dell’interiorità a partire da Schopenhauer (Critica della filosofia kantiana).
P. 52, l’appartenenza di Dante all’organizzazione esoterica dei Fedeli d’Amore comportava l’aspirazione a un ordine politico-sociale corrispondente all’ordine celeste.
P. 59, basandosi su un’espressione di Boccaccio (“i nostri”) l’autore deduce un collegamento se non addirittura un’identità con i Templari da parte dei Fedeli d’Amore.
P. 64, dopo lo scioglimento dell’Ordine dei Templari per volontà del re di Francia Filippo IV detto il Bello, essi confluirono nell’Ordine dei cavalieri di San Giovanni ossia l’Ordine di Malta e in altri Ordini tra i quali l’Ordine Teutonico, depositario della loro tradizione iniziatica.
P. 71, la Vita nuova sarebbe la testimonianza dell’ammissione di Dante tra i Fedeli d’Amore. Il suo linguaggio e le immagini sarebbero dunque volutamente criptiche ed esoteriche.
P. 74, Dante sarebbe succeduto a Guido Cavalcanti come capo della confraternita dei Fedeli d’Amore di Firenze, in seguito al passaggio del Cavalcanti in un’altra confraternita presso Tolosa.
P. 75, simbolismo numerico, il numero 9 collegato a Beatrice si riferisce a un simbolo (Beatrice = la Sapienza divina) essendo esso stesso simbolico.
P. 81, incontro presso Pisa, in occasione del soggiorno in Italia di Arrigo VII, tra Dante e Petrarca ancora bambino accompagnato dal padre Petracco. Dante e Petracco vengono considerati sostenitori della parte ghibellina e filoimperiale contro la parte dei Guelfi (Neri) facente capo a Filippo IV di Francia, il nemico numero uno dei Templari. Questi ultimi poi sarebbero stati in relazione con i filoimperiali e anche con i Guelfi Bianchi, tra cui Dante stesso.
P. 99-102, i Trovatori, Guglielmo IX di Aquitania. Influsso su questo movimento culturale della poesia arabo-islamica e per il contenuto anche delle tradizioni celtiche (il Graal). Diffusione della poesia trobadorica in tutta l’Europa occidentale e in Ungheria.
P. 103, nonostante le numerose tesi a favore dell’influsso dei catari sulla poesia trobadorica, quest’ultima in realtà non trae né origine né ispirazione dal catarismo, sebbene l’area di sviluppo fosse la stessa.
P. 107, influsso sulla poesia medievale della filosofia pitagorica. Unione di poesia e musica. Costruzione delle chiese secondo esigenze di armonia musicale, quindi secondo rapporti matematici e la sezione aurea.
P. 109, influsso sulla poesia siciliana (al tempo di Federico II di Svevia) della poesia araba e persiana.
P. 114, Dante a Bologna frequentò probabilmente corsi di diritto (Corpus iuris di Giustiniano), data la sua amicizia con il giurista e poeta Cino da Pistoia. Frequentò anche corsi di medicina.
P. 115, la scuola toscana di Guittone d’Arezzo si contrappone al “Dolce stil novo” dei Fedeli d’Amore soprattutto per il contenuto, che non raggiunge l’elevatezza spirituale.
P. 122, all’origine della poesia trobadorica e della Divina Commedia probabilmente vi è la letteratura arabo-persiana, vi è infatti un racconto persiano che descrive il viaggio nell’aldilà, il racconto di Viraf.
P. 124-127, influsso della letteratura esoterica araba sulla Divina Commedia, in particolare del Libro della Scala, come ha anche dimostrato Maria Corti. Dante probabilmente ne ebbe conoscenza, come di altri autori esoterici arabi, nelle biblioteche dei conventi domenicani e francescani, che soleva frequentare a Firenze. L’impianto assai scenografico dell’Inferno, Purgatorio e Paradiso sarebbe stato derivato dal Kitab al-Mi’raj e dai poeti islamici Abu l-’Ala’ al Ma’arri e Muhyiddin Ibn ‘Arabi. Naturalmente questi testi circolavano in traduzione volgare o latina.
P. 127, 128, dubbi su un reale influsso dell’Islam sui Fedeli d’Amore, su Dante e Petrarca, perché questi autori in genere mostrano di disprezzare la religione musulmana, Dante del resto pone Maometto all’Inferno !
P. 131, 132, Beatrice e il tema della fanciulla di nove anni. Beatrice è collegata al numero 9 multiplo di 3, numero della Trinità. E’ riferito il sogno di Maometto che ebbe così la visione della futura moglie Aysha, avvolta in un drappo rosso (come Beatrice nella Vita nuova, ed anche il titolo dantesco allude al numero nove !).
P. 133, possibile influsso indiretto sui Fedeli d’Amore e quindi sui Trovatori e gli Stilnovisti della poesia araba e persiana connessa al culto esoterico dell’aspetto femminile della divinità.
P. 134, 135, la donna angelicata come simbolo della Sapienza divina, identificata nel Cristianesimo nell’angelo custode, retaggio del daimon socratico. “L’umana bellezza acquista una valenza metafisica” e la stessa sessualità è una tappa verso la Bellezza dell’Invisibile. Così è evidente che l’amore di Dante per Beatrice è un amore mistico per la donna angelo simbolo della Sapienza e del Verbo.
P. 136, NB : si sottolinea l’identità tra orfismo e pitagorismo e si afferma che quest’ultimo rappresentò “uno dei principali substrati del percorso iniziatico dei F. d’A.”. In particolare il matrimonio era concepito come la costituzione d’una comunità a due in cui l’uomo aveva un ruolo specifico e così la donna.
P. 139, interscambiabilità del termine “uomo” e “donna”, stato edenico androgino, l’androginia come completezza originaria, nella Genesi la Divinità crea gli esseri umani “maschio e femmina”.
P. 146, 147, influssi dell’India e della Cina sulla Divina Commedia. In particolare le ali di pipistrello dei diavoli sarebbero dovute all’iconografia cinese.
P. 149, la condizione vegetale dei suicidi nell’inferno dantesco non ha giustificazioni nella dottrina cristiana ma è affine alla dottrina hindu secondo la quale post mortem le anime si reincarnano in esseri corrispondenti al loro stato, che nel caso dei suicidi è quello più basso, cioè vegetale.
P. 156-158, i Francescani come depositari di un sapere iniziatico derivato dalla loro esperienza in Oriente. Testimonianza di Dante stesso nel suo Paradiso, quando canta S. Francesco. I Francescani in Oriente vennero in contatto con i cristiani copti e con altre Chiese, tra cui quella armena. Importanza dell’influsso esoterico islamico.
P. 169, frate Ricoldo di Montecroce, domenicano, dopo la sua esperienza oltremare e a Bagdad nel 1295-1296, lasciò scritta la sua testimonianza sui “Saraceni”, inclusa la descrizione del viaggio ultraterreno del Profeta dell’Islam, nel convento domenicano di Firenze, dove studiò Dante, e viene perciò indicato come una delle fonti possibili della Divina Commedia.
P. 180, importanza del ruolo dei Francescani Spirituali, che si consideravano i veri cristiani, membri della Ecclesia spiritualis, per quanto riguarda la concezione apocalittica di Dante, che deve molto al pensiero di Ubertino da Casale. Così si spiegano le invettive di Dante contro la Chiesa simoniaca e corrotta e contro Bonifacio VIII, rappresentante della Ecclesia carnalis, opposta alla prima. Quindi il poeta fiorentino sarebbe una sorta di portavoce delle esigenze e delle teorie dei Francescani Spirituali.
P. 182, dopo aver sostenuto l’influsso delle dottrine di Gioacchino da Fiore, Galletti suggerisce un’interessante interpretazione della famosa profezia del Veltro nel I canto dell’Inferno. Secondo lui il Veltro opposto alla lupa deve essere considerato come il simbolo dell’Ordo iustorum (cioè i Francescani Spirituali) contro l’Ecclesia carnalis, corrotta e avida di potere e denaro, il cui simbolo sarebbe dunque la lupa.
P. 184. Celestino V fu posto da Dante tra gli ignavi in quanto aveva deluso le speranze dei Francescani Spirituali, favorendo l’avvento del loro nemico Bonifacio VIII. Dante pose dunque questo papa all’inizio dell’Inferno, perché il poeta condivideva le speranze degli Spirituali e la dottrina apocalittica di Gioacchino da Fiore.
P. 187 e sg. Dante e i Templari. Probabilmente c’è un legame tra l’Ordine dei Templari e i Fedeli d’Amore. Dante allude ai Templari nella descrizione del coro dell’Empireo e nel simbolo della rosa unita alla Croce sembra riferirsi alla società esoterica derivata dall’Ordine Templare e cioè ai Rosacroce. Così la sua avversione per Filippo IV di Francia detto il Bello e per Bonifacio VIII, nemici dell’Ordine Templare, tradirebbe la sua affiliazione o comunque un legame con l’Ordine.
P. 191 e sg. distinzione tra i Fedeli d’Amore e i Templari. Fra le due “organizzazioni” c’erano distinzioni nette sia per l’origine (i Fedeli d’Amore precedono cronologicamente i Templari) sia per le abitudini di vita (cortigiani i primi, rudi guerrieri i secondi). Però tutti sembrano accomunati dall’ideale venerazione della donna (Donna Sapienza) e della Madonna. Con loro si incontra la leggenda celtica di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda, cantata da un poeta di corte come Chrétien de Troyes. A questa leggenda si unisce in modo indistinguibile il mito della ricerca del Santo Graal.
P. 198 e sg. digressione sulla leggenda della ricerca del Santo Graal. I tre cavalieri Galaad, Parsifal e Bohort rappresentano probabilmente tre gradi iniziatici. C’è anche un probabile influsso dell’esoterismo islamico, rappresentato dalla figura di Flegetanis, nome che alcuni studiosi hanno identificato come corruzione del titolo di un’opera esoterica araba, il Falak-thani, trattato sulla sfera celeste di Mercurio. E non manca l’esoterismo dei libri ermetici (Ermete = Mercurio).
P. 206. Il simbolismo del numero 3 e 9 sarebbe di origine templare. La leggenda dice che i primi cavalieri del Tempio furono nove. Inoltre si noti il collegamento tra S. Bernardo, l’Ordine cisterciense e i Templari. Dante fa di San Bernardo la sua guida nel Paradiso. Identità tra i Templari e i Cavalieri del Santo Graal.
P. 237 e sg. dopo l’esegesi dei simboli e dell’allegoria della processione mistica del carro nel Purgatorio Galletti fa riferimento (p. 257) alla precessione degli equinozi ricordata da Dante nel Convivio. L’osservazione è molto interessante perché connette l’apocalittica dantesca alla tradizione mitica analizzata da De Santillana e da Von Dechend nel Mulino di Amleto. Naturalmente qui agisce l’influsso di R. Guénon che tratta ampiamente dell’argomento nei suoi vari scritti e in particolare nel Regno della Quantità e i Segni dei Tempi.
P. 290, Dante accoglie la tradizione sacra pagana e la considera introduttiva a quella cristiana. Inoltre evidenzia l’analogia della tradizione pagana con quella biblica. Un esempio è offerto dalla vicenda biblica di Nembrot e della torre di Babele accostato al mito greco dell’assalto dei giganti all’Olimpo e della sovrapposizione dei monti dell’Ellade per raggiungere il cielo. Dante considera infatti che il potere temporale sia di origine divina e sia stato prima concesso ai Troiani nell’emblema dell’Aquila e del Palladio e poi sia stato trasmesso a Roma, confluendo così in seguito nel potere temporale dei papi, potere che però è stato illegittimamente sottratto al vero detentore di esso cioè l’imperatore.
P. 291, l’isola di Creta e il Purgatorio della Divina Commedia, analogie che pongono in rilievo come Dante accetti la tradizione antica greco-romana e la consideri precedente a quella cristiana, ed entrambe derivate dalla Tradizione primordiale. Creta e il Paradiso terrestre, la sede dell’età aurea di Saturno e la sede dei primi uomini, Troia erede della sacralità di Creta, il monte Ida cretese e il monte Ida troiano, entrambi luoghi dell’apparizione e manifestazione divina nel segno dell’aquila. L’aquila di Zeus infatti secondo il mito rapisce sull’Ida Ganimede così come Dante sogna di essere rapito dall’aquila sul Purgatorio.
P. 305, molto interessante il riferimento alla tradizione pitagorica, testimoniata dall’attenzione al numero sacro (il 3 e i suoi multipli). In particolare è importante la considerazione attribuita al santuario di Delfi, al suo motto “conosci te stesso” e alla tradizione orfica. E’ il poeta Ovidio nelle Metamorfosi la fonte privilegiata da Dante oltre a Virgilio. Del resto anche la teologia cristiana nell’elaborazione del concetto trinitario ha fatto riferimento al numero tre. Tutte queste considerazioni sono a sostegno della tesi fondamentale sostenuta da Galletti e cioè che il poema di Dante è soprattutto un testo esoterico.
P. 337, molto interessanti a proposito del De Monarchia sono i riferimenti alle osservazioni di Frances Yates alla tradizione ermetica in voga nel Rinascimento e al Re del Mondo di R. Guénon, secondo Galletti le diverse tradizioni confluiscono tutte nella Philosophia perennis, denominazione in voga a partire dagli scritti di A. K. Coomaraswamy per designare la Tradizione universale della Sapienza.
P. 376, osservazioni interessanti sulla lingua primordiale, che per Dante e Boccaccio doveva essere la lingua ritmata cioè sottoposta alla metrica e quindi al numero. In tal senso il poeta è portavoce di un mondo superiore ed è dotato di un’ispirazione profetica.
P. 392, non so se sia un pregio o un limite, ma è evidente che le affermazioni dell’autore sono di ispirazione massonica. Afferma infatti che non solo Dante e altri contemporanei, come Cino da Pistoia, ma anche Petrarca e Boccaccio avessero raggiunto “gradi spirituali attinenti ai Grandi Misteri”. L’opera di Galletti è molto interessante, però bisogna tener presente che egli considera l’argomento da un punto di vista sicuramente eccentrico.
P. 449, Dante pare si sia ispirato al Libro della scala musulmano che descriveva il viaggio del Profeta dell’Islam nell’aldilà e la sua ascesa ai sette cieli. In questo caso è evidente che Dante si presenta agli occhi del lettore come un profeta.
P. 464, è molto interessante il fatto che si sottolinei che la missione di Dante comportava la fusione della tradizione pagana con la rivelazione cristiana, essendo appunto Poeta (secondo il significato originario del termine greco di profeta e creatore).
P. 564, dopo le pagine dedicate a Petrarca e Boccaccio, che ricalcano l’impostazione seguita dal Galletti per Dante e cui rimando direttamente, è interessante la postfazione di Alberto Ventura, che consiste in un approfondimento dell’influsso esercitato dalla lirica araba e in genere islamica sull’Occidente medievale e quindi sui Fedeli d’Amore. In particolare sarebbe stato Abbas ibn al-Ahmaf ad elaborare un ideale femminile assai vicino alla Beatrice dantesca.
Ibidem : una poesia di Abbas pare aver offerto a Dante alcune immagini nel suo “Tanto gentile e tanto onesta pare” a proposito di Beatrice.
P. 567, l’antica tribù araba degli Udhriti pare fosse dedita alla poesia d’amore e alla “morte d’amore” che essi realizzavano morendo effettivamente.
P. 568, il massimo trattatista arabo dell’amore fu Ibn Hazm di Cordova nel suo Collare della colomba. Questo autore ebbe un influsso determinante su tutta la poesia d’amore che ebbe sviluppo nella lirica trovadorica e poi nello stilnovismo. I caratteri essenziali dell’amor cortese sono fissati definitivamente : l’innamoramento al primo sguardo, il mantenimento del segreto, l’unione amorosa, il dolore della lontananza, la morte.
P. 569, Ruzbehan di Shiraz, uno dei massimi “Fedeli d’Amore“ dell’Islam, secondo questo autore l’amore per la bellezza umana conduce all’amore per la Bellezza Divina, la donna amata è un simbolo del Divino.

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