Un ospite ( quello progressista che aveva parlato per ultimo a favore della cultura ) cominciò a fare valutazioni di carattere politico sulle prossime elezioni. Il discorso annoiava a morte e molti erano sul punto di cadere in catalessi, mentre nello stomaco il chilo della cena si stava trasformando in uno stagno putrido pieno di rospi bavosi, perciò il padrone di casa ebbe la felice idea di narrare una delle sue avventure amorose.
“ Dovete sapere che se adesso il mio fascino non manca mai un colpo, è perché sin da quando mi spuntarono i primi peli dei baffi le mie scorribande sentimentali non ebbero tregua. Davvero, come negli affari, io posso dire di aver accumulato molta esperienza, ragion per cui, amici cari, state a sentire e aprite bene le orecchie.
Non sono ancora riuscito a capire in che cosa consista questa malìa che mi rende tanto affascinante, ma è certo che sono infallibile tanto che colpisco anche dove mai mi sarei immaginato.
Non molti anni fa mi trovavo ad una festa in occasione della vittoria del mio partito alle elezioni. Era una bella festa, la gente era completamente ubriaca e la birra scorreva a fiumi. Fu allora che scopersi mia moglie insieme allo chauffeur sotto la doccia a spasimare brancolando ancora vestiti, ma erano del tutto privi della facoltà d’intendere …
Mi trovavo in uno di quei momenti di illuminazione che sogliono sorprendere gli uomini d’intelletto superiore, rivolgevo gli occhi al soffitto e fissavo con fine spirito d’osservazione il lampadario, soffermandomi con meraviglia sui bagliori dei cristalli, paragonandoli per l’intensa luminosità ai lampioni delle strade, quando una voce sicuramente femminile mi costrinse, mio malgrado, a voltarmi verso di essa.
Era una donna, e, perbacco, una di quelle che vi diradano le nebbie della crapula con la fiamma del loro sguardo inceneritore e il profumo penetrante delle sigarette, e vi posso dire che appena mi guardò mi sentii strizzare lo stomaco in un improvviso svuotamento come avessi tirato la catena.
Fu allora che compresi pienamente il detto “ le mogli sono la rovina dei mariti “, importante sentenza che avevo letto in qualche libro di filosofia, dinanzi a quella prodigiosa femmina, in effetti, mi sentii come un cane legato alla cuccia cui si faccia intravedere una succulenta e irraggiungibile bistecca. Ma io, sissignori, decisi di rompere ogni vincolo, e mi diressi subito verso la bistecca … cioè verso la donna. La fissai con un’occhiata penetrante ed ella ricambiò il mio sguardo con complicità, anzi mi prese sottobraccio sussurandomi con una voce di fata delle cose deliziose di cui non afferrai neppure una parola. Ma avevo in pugno la situazione. Quel miracolo di ragazza mi condusse con sé, sempre stringendomi il braccio, e mi diceva le solite paroline dolci che si dicono gli innamorati, almeno così mi pareva, ma io non mi lasciavo mica incantare, io rimanevo duro e tiravo avanti.
Percorremmo a braccetto tutto il viale di Simpleton Road fino al Trombaton Palace, qui ella mise in mostra le sue splendide gambe che fuoruscivano dallo spacco dell’abito da sera. Era una squisitezza. I lunghi capelli biondi le scendevano sul dorso fino quasi al fondo schiena, il vestito attillatissimo permetteva una visione integrale delle sue forme, aveva delle spalle splendide, aveva un fisico atletico, e sul petto due seni che sembravano finti tanto erano perfetti. Il … fondoschiena, poi, era il non plus ultra nel suo genere, un vero bijou, un portento da Venere Callipigia. Mi parlava con le sue labbra da Zulù che rivelavano
“ … duo filar de denti,
che son più bianchi che que’ del cavallo “,
come scrisse quel poeta italiano. Davvero mi pareva di scorgere una perla nelle valve d’un’ostrica, tanto splendevano, abbagliandomi. Comunque si dava da fare, devo dir la verità. Mi esortava a procedere, sculacciandomi leggermente, in direzione d’un casone scuro, che dall’insegna sembrava un hotel. Quando giungemmo davanti al cancello, io non volevo entrare, il luogo mi pareva malfamato, ma la bellezza insisteva e non osavo rifiutare. Tuttavia non appena fummo sulle scale che portavano al primo piano le dissi chiaramente che era meglio andare da un’altra parte, che il posto non mi piaceva, ma lei con un tono di voce suadente e d’una sensualità che dava i brividi, disse : “ Non aver paura, sono io il padrone dell’albergo.”
L’uditorio rimase senza fiato al racconto di Malk, il quale, evidentemente, quella sera aveva bevuto un bicchiere di troppo ed era in vena di confidenze.
In quel mentre entrò in scena la moglie dell’anfitrione, mezza ubriaca, con un vaso di cristallo pieno di whisky, gridando : “ Dov’è finito il mazzo di rose ? “ Poi si sedette su un divano e ricominciò a bere. L’ospite progressista le si avvicinò ed iniziò un discorso di alto livello sulla liberalizzazione sessuale e il ruolo della donna nella società primitiva. Intanto dava dimostrazione di certi rituali che, a sentir lui, erano molto in voga nel Neolitico, massaggiando con lentezza vibrante e prodigiosa maestria la coscia sinistra della gentildonna, che alzava la gonna per farsi un po’ di fresco.
Più in là il gruppo di ragazze discuteva a bassa voce di questioni molto importanti dando ogni tanto occhiate curiose da tutte le parti come timorose di essere ascoltate, probabilmente perché sparlavano del padrone di casa.
Un giovanotto ben vestito reggeva a stento fra le dita un grosso sigaro, e gettava nuvole di fumo denso che si appiccicava sulle foglie degli alberi del giardino ( perché il soggiorno dava su una veranda la quale a sua volta s’apriva sul giardino circostante e l’individuo si trovava proprio affacciato verso le aiuole ). Il tale era demoralizzato e spesso ripeteva : “ Che noia ! “ Era comunque uno degli ospiti più considerati dai coniugi Malk, e se lo disputavano le migliori famiglie dell’alta società, perché con le sue profonde riflessioni dava un tocco di magico snobismo alle serate galanti.
Non c’è che dire erano tutti molto allegri, tanto che a qualcuno veniva da piangere al pensare che il domani sarebbe arrivato con le sue inevitabili conseguenze.
“ Sono tre giorni che non vado di corpo ! “ proruppe esclamando una grossa signora e il suo vocione parve annunciarsi uno scarico d’acqua.
“ Ci sono degli ottimi purganti … “ intervenne una magra zitella, di quelle che conoscono le lunghe sedute dallo psicanalista.
“ Macché, basta leggere tre volte di seguito la prima pagina dei giornali “ seguitò un altro, un arcigno censore, “ dopodiché le verrà voglia di usarla per pulirsi il … “
“ Sboccato ! “ rispose la zitella “ non gli dia retta, esistono degli ottimi medicinali, mi ascolti, ne sia persuasa, è molto importante avere fiducia … “
“ In questo caso “ continuò sempre quell’altro “ è fondamentale essere realistici, siamo in un mondo di … “
“ Ooh ! “
Intanto, presso il pianoforte a coda ( perché il locale era stato concepito come un piano-bar ) una donna alta e formosa, dai capelli rossi, cantava, accompagnata da un pianista basso e talmente largo che sembrava essere stato messo sotto il torchio. Mentre s’esibiva, la cantante piangeva, poiché aveva bevuto molti bicchieri di champagne e aveva l’umore alcolico di tipo tragico. La veste attillata era sul punto di scoppiare ad ogni singhiozzo e le lacrime le inondavano le guance rigandole di nerastri rivoli di trucco, perché aveva le palpebre molto dipinte. Così gli ascoltatori le dissero di cantare anche le note che aveva stampate in faccia se ne era capace, e lei allora cominciò a prendere a calci il pianista quasi volesse cannoneggiare il pubblico con quella palla.
Giunsero nel frattempo sei grossi lottatori che aveva invitato un amico della signora Malk, per compiacerla naturalmente, dato che sapeva come lei fosse interessata ai bei ragazzi. Il più alto e grande si chiamava Brutus. Era un vero gigante biondo, dai tratti del viso duri e segnati dalle cicatrici. Uno degli invitati, dall’aspetto di gufo, con enormi occhiali da miope esclamò : “ Un autentico gladiatore ! Mi ricorda … , ah sì ! … quello per cui Eppia, matrona dell’antica Roma, perse la testa, abbandonando pure il marito. E dire che quel Sergio era assai malconcio, ormai in pensione, senza un braccio, con un’enorme cicatrice sul naso e gli occhi cisposi. “
“ Sempre le citazioni erudite! Ma sta un po’ zitto, barbagianni ! “ gli rispose la moglie.
Infatti anch’ella stava intorno al “gladiatore” e faceva la spiritosa, mentre la moglie di Malk, quando il giovanottone si sedette, gli saltò sulle ginocchia, facendo mille smancerie ed offrendogli il vaso da fiori pieno di brandy. Nel contempo, estasiata, lo guardava dall’alto in basso, cinguettando : “ E’ tutto mio, è tutto mio ! “
Ma sul più bello ecco entrare una nana biliosa, in preda a un attacco isterico, la madre augusta dell’avvocato Malk, la quale cominciò un’interminabile requisitoria contro i cattivi costumi e la sana moralità del buon tempo antico, e già risaliva alla probità di Franklin e nientedimeno all’austero Catone, finché uno dei lottatori non le mollò un peto proprio sotto il naso. L’effluvio ebbe il potere d’interromperla, ed ella volgendo l’espressione arcigna in un sorriso di beatitudine, considerando che, mutatis mutandis, dopo tutto il flusso della vita non era cambiato dall’età della pietra, cadde in un sonno profondo.
Il dotto gufo intanto straparlava in preda a dosi massicce di gin : “ Ho letto, non ricordo più dove, che il sole diventa ogni anno più caldo. Pare che presto la terra cadrà sul sole … no, aspettate … è proprio l’opposto, il sole diventa ogni anno più freddo. “
“ Mi sembra di aver già sentito un argomento del genere, o di averlo letto da qualche parte. “
Dietro suggerimento di alcuni invitati, Malk disse : “ Ragazzi, fa un caldo questa sera ! Andiamo a gettarci in piscina. “ La proposta piacque, anche perché una buona parte dell’uditorio era stimolata dalla voglia d’inconsueti panorami e desiderava mostrare le proprie doti. Così, indossato il costume che fu gentilmente fornito dalla casa, si tuffarono a squadre nell’acqua gorgogliante.
L’avvocato Malk troneggiava nel centro della vasca, sorretto da un salvagente a forma di anatroccolo, e si impegnava con possenti bracciate a dar prova della propria maestria nel nuoto, sollevando schizzi che facevano fuggire terrorizzate le fanciulle in fiore.
Un convitato ritardatario se ne stava ancora col bicchiere di liquore in mano, e, un poco inebetito, fissava malinconico l’acqua splendente sotto la luna. Un altro, rosso per il generoso trincare, si lanciò di botto tra le onde, gridando : “ Urrah, facciamo le spugne ! “
La piscina si trasformò in una sorta di pentolone, schiumante e stipato, fino all’inverosimile, di forme umane, così che Henry decise di astenersi da quella bolgia infernale e rimase seduto su una sdraio lì vicino.
Con la coda dell’occhio notò che Hyacintha si stava silenziosamente allontanando e aveva già preso con sé il leggero soprabito nel vestibolo.
Decise di offrirsi come accompagnatore, si alzò e la seguì.
Assistette alla scena l’avvocato Malk, mentre sguazzava dentro il suo anatroccolo, e dopo avere osservato a lungo la figura di Hyacintha, da vero buongustaio stabilì che avrebbe assaggiato presto quella delizia.