Edoardo Bulwer Lytton Zanoni Milano, Barbini, 1873
( 1842 )
( traduzione di Francesco Cusani )
Nell’introduzione al suo romanzo l’autore afferma di aver
conosciuto un membro della setta dei Rosacroce e cita i neoplatonici e
Apollonio di Tiana quali maestri di costoro, oltre ai Caldei e ai ginnosofisti
dell’India. Secondo l’affermazione di Bulwer Lytton il libro non sarebbe altro
che una traduzione da lui effettuata di un manoscritto composto in caratteri
geroglifici, opera di questo rosacrociano.
Zanoni è un misterioso personaggio di cui nulla si sa se non
che proviene dall’oriente e precisamente dall’India. La sua età è
imprecisabile, egli è accompagnato da una strana fama che gli attribuisce
un’eterna giovinezza.
Nel capitolo VI si riferisce un singolare episodio che ebbe
a protagonista Cazotte, autore del Diavolo innamorato ( Le diable amoureux,
1772 ) e cultore di teurgia e filosofia neoplatonica e cabalistica. Si racconta
infatti come Cazotte predisse la propria morte e quella dei suoi amici, morte
che doveva accadere durante la rivoluzione francese.
Libro II, cap. I, pag. 60. Zanoni è dotato d’uno sguardo che
apporta stupore e turbamento, ha capacità ipnotiche ( si veda Zerduste in Semiramide,
1873, di Anton Giulio Barrili : “ scintillanti gli occhi profondi sotto il
grand’arco delle sopracciglia d’ebano “, e Arbace negli Ultimi giorni di
Pompei ( 1835 ) dello stesso Bulwer Lytton : “ i suoi occhi grandi e neri
come la notte splendevano di una luce strana e ferma “, di Zanoni appunto si
dice : “ quello sguardo ! E’ impossibile descriverlo, ma mi agghiacciò il
sangue nelle vene. “ ). Vedi il Giaurro e il Corsaro di Byron.
Pag. 81. Zanoni ha studiato i testi dei neoplatonici. Il
Bulwer riferisce il termine, parlando dell’anima, di Augoeide, usato dai platonici
nel senso di “risplendente”. Le allusioni riguardanti l’anima sono da riferirsi
al Pimandro di Ermete Trismegisto, soprattutto per quanto riguarda
l’attrazione dell’anima verso il corpo ( mito di Narciso ). Vedi anche La
morte degli dei di Merezkovskij, cap. VII, discorso di Giamblico a Giuliano
: “ L’anima, come Narciso nel ruscello, si dilettava della sua immagine
riflessa nel corpo. “
Pag. 98. Viene citata l’opera di Psello De operatione
daemonum. Zanoni è dedito infatti alla magia e alla teurgia.
Pag. 137. Libro III, cap. V. Ancora una volta viene ribadita
l’importanza della antica scienza dei Caldei, alla quale pochi iniziati furono e
sono ammessi. Si fanno i nomi di Giamblico e Psello, si parla di magia e
alchimia.
Zanoni è un superuomo, dice tra sé Viola : “ Mi si dice che
tu sei più bello di quelle immagini di marmo che superano qualunque perfezione
di forme umane. “
Libro IV, cap. II. Si prepara l’iniziazione del giovane
inglese Glyndon ai misteri della teurgia.
Cap. III. Apparizione di spettri in una camera soffusa di
vapori ( vedi cap. X de La morte degli dei di Merezkovskij ), quindi
all’aria aperta estasi e identificazione con l’astro protettore ( “ Glyndon
teneva fissi gli occhi alla stella, che grado a grado pareva attrarre il suo
sguardo “ pag. 232 ), da notare che anche la Salammbo di Flaubert è soggetta
all’influsso della luna, sacra alla dea Tanit, tanto da identificarsi con essa.
Visione : Glyndon evoca le immagini dei due amici Zanoni e Viola e queste gli
appaiono. Analogamente accade ad Ara in Semiramide, al quale appare come
sulla scena di un teatro il fantasma di Sandi.
Cap. IV. Insegnamento del saggio Mejnour a Glyndon ( pag.
238-239 ) : “ Or bene, come potreste supporre che lo spazio, il quale è lo
stesso infinito, sia soltanto una solitudine senza vita e di minore utilità,
nella gran macchina dell’universo, del carcame d’un cane, d’una foglia o d’una
goccia d’acqua tutti popolati ? Ma se il microscopio scopre all’occhio le
creature in esse viventi, l’uomo non inventò ancora alcun tubo meccanico per
iscoprire gli enti più nobili e privilegiati, i quali scorrono nell’aria non
soggetta a limiti. Eppure avvi una tremenda affinità fra questi enti e l’uomo …
Ma per oltrepassare questa barriera, l’anima con cui ora mi ascolti deve prima
di tutto essere affinata da un intenso entusiasmo, purificata da tutti i
desiderii mondani. Non senza ragione i così detti maghi, in ogni tempo e paese,
insistettero sulla castità e l’astemio fantasticare quali mezzi per giungere
all’ispirazione. … Ora vivono nello spazio milioni di esseri non spirituali, a
rigor di termini, perché tutti hanno come gli animalucci invisibili ad occhio
nudo, certe forme di materia, quantunque così delicata, aerea e sottile, che
potrebbe paragonarsi ad un esile involucro che racchiude lo spirito. Da ciò i
graziosi fantasmi detti dai Rosacroce, Silfi e Gnomi. … Taluni dotati di
sorprendente saggezza, altri di malignità orrenda; alcuni ostili come le furie
all’uomo, altri graziosi, e messaggeri fra la terra e il cielo. “ ( 1 )
Si noti come l’autore si sia addottrinato in proposito,
questi argomenti rivelano un fondamento di studi, non sappiamo se superficiali
o profondi, ma comunque non scaturiscono soltanto dalla sua fantasia. Vi è
infatti una certa analogia fra alcune di queste affermazioni di Bulwer e il De
operatione daemonum di Michele Psello ( vedi libro II, cap. VII, l’autore
cita in margine l’opera di Psello ). Né manca, insieme ai fantasmi, l’elixir di
lunga vita degli alchimisti ( a tal proposito si ricordi il filtro di Sumàti
nella Semiramide di A. G. Barrili, capace di donare la vita e la morte
). Inoltre Mejnour dà grande importanza alla scienza dei Pitagorici. Insomma,
la posizione culturale di Bulwer è assai vicina a quella, posteriore nel tempo,
di Schuré ( I grandi iniziati ), la cui opera contiene spunti
interessanti, ma sconfina assai spesso nel romanzesco.
Cap. VII, pag. 257. Apparizione d’un demone. Glyndon,
disobbedendo al maestro Mejnour, entra nella camera segreta ove è custodito
l’elixir di lunga vita. Ma qui gli appaiono vari fantasmi e infine un essere
demoniaco : “ Gradatamente quell’oggetto si rese visibile allo sguardo : era
somigliante ad una testa umana ricoperta d’un velo nero, traverso il quale
fiammeggiavano con livido e diabolico fuoco occhi che agghiacciavano fin nel
midollo delle ossa. … Le sue forme erano al pari della faccia coperte d’un
velo, ma i contorni apparivano femminili. Non si moveva come gli spiriti che
imitano i viventi, ma pareva strisciare come un rettile schifoso. … l’infuocato
sguardo così penetrante e livido, aveva in sé qualche cosa di umano nell’odio e
nel sarcasmo … Glyndon, stringendosi cogli sforzi dell’agonia alla parete, irte
le chiome, le occhiaje spalancate, non poteva stornar gli occhi … “. Dove è
evidente l’elemento terrifico, gotico, che troviamo anche in Semiramide,
quando il fantasma di Sandi appare ad Ara. Non è questo del cap. VII il solo
episodio in cui compaiono spettri, poiché più volte si incontrano nel corso
della vicenda.
Libro VII, cap. IX. Bulwer, ammiratore e assiduo lettore di
Torquato Tasso, attribuisce al poeta profonde cognizioni di teurgia. E’anche per
questa ragione che spesso vi sono versi della Gerusalemme liberata all’inizio di capitolo.
( 1 ) Well,
then, can you conceive that space, which is the Infinite itself, is alone a
waste, is alone lifeless, is less useful to the one design of universal being
than the dead carcass of a dog, than the peopled leaf, than the swarming
globule? The microscope shows you the creatures on the leaf; no mechanical tube
is yet invented to discover the nobler and more gifted things that hover in the
illimitable air. Yet between these last and man is a mysterious and terrible
affinity. …
But first,
to penetrate this barrier, the soul with which you listen must be sharpened by
intense enthusiasm, purified from all earthlier desires. Not without reason
have the so-styled magicians, in all lands and times, insisted on chastity and
abstemious reverie as the communicants of inspiration. When thus prepared,
science can be brought to aid it; the sight itself may be rendered more subtle,
the nerves more acute, the spirit more alive and outward, and the element
itself—the air, the space—may be made, by certain secrets of the higher
chemistry, more palpable and clear. And this, too, is not magic, as the
credulous call it; as I have so often said before, magic (or science that
violates Nature) exists not: it is but the science by which Nature can be
controlled. Now, in space there are millions of beings not literally spiritual,
for they have all, like the animalculae unseen by the naked eye, certain forms
of matter, though matter so delicate, air-drawn, and subtle, that it is, as it
were, but a film, a gossamer that clothes the spirit. Hence the Rosicrucian's
lovely phantoms of sylph and gnome. Yet, in truth, these races and tribes
differ more widely, each from each, than the Calmuc from the Greek,—differ in
attributes and powers. In the drop of water you see how the animalculae vary,
how vast and terrible are some of those monster mites as compared with others.
Equally so with the inhabitants of the atmosphere: some of surpassing wisdom,
some of horrible malignity; some hostile as fiends to men, others gentle as
messengers between earth and heaven.
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