Del
lago soffia sulle onde il vento
e
si sperde vago
delle
rive tra i rami
di
echi risonanti notturni
delle
acque sovra il buio,
dove
trascende solitario il canto,
e
si desta e freme la terra
all'alba
fra i monti a quel canto
oscuri,
viva sorgiva
d'un
mattino alato,
che
dal nido suo si parte.
Invade
la valle un respiro
e
per le selve
e
per le cime
su
tra gli abeti bruni,
ondosi
sopra l'erte
rubide
rupi al nato giorno.
Dei
larici tra i rami
soffia
il vento,
alti
nella profonda selva,
si
destano i fiori
rugiadosi
dal velo e fulvi
danzano
scoiattoli tra le fronde.
Come
ebra alita sull'erbe,
sulle
onde una musica fluisce del lago
e
lieve melodia
fra
canori echi
di
branca in branca
sino
alle rocce
rapita,
ove sovrasta
il
tacito rapace.
Soave,
ineffabile, misteriosa
e
malinconica musica
si
propaga per la valle presaga.
D'ignote
armonie dei torrenti
empie
le conche vuote,
avide
fra scogli bramosi
di
note nuove
delle
nubi celesti.
Dolce
attesa sorge,
cresce
dei tronchi nel cuore.
Dolce
attesa screpola scorze
e
foglie agita nel brivido,
tremano
nell'ansimo,
tra
il popolo centenario nuova
linfa
serpeggia e il mormorare
più
forte sale, simile
a
ingenuo canto,
frondute
lunghe braccia
nel
pegno s'incrociano d'amore.
Respira,
e il vento avvolge la foresta
e
i vividi rami e luminoso
s'impregna
dell'aroma,
all'enfiare
d'inesausta
tuba
canoro
come
coda di cometa,
che
nel vasto si stende
delle
stelle silenzioso spazio.
Trema
la selva
al
mistero meravigliata e muta,
là
nel cielo
un
grande lume,
rosso
braciere,
nunzio
di speranza,
quale
radioso viso
di
lei si specchia
sull'acque
lievemente mosse,
d'una
vita immortale
occhi
azzurri
nel
silente meriggio.
Un'onda
s'effonde
lentamente
iridata,
in
un florido manto
sorgono
raggi dalle crespe acque
e
dai molli prati
alle
rive. E rivive
anche
in me l'immortale
sorte
dell'uomo mortale
e
a contemplare mi volgo
l'altra
riva del scintillante
grembo.
Un bagliore,
riflesso
del candido spiro
del
giorno, ora mi volge
un
saluto, cenno
d'amato
consenso,
come
bianco cigno
sull'acque
fluita radianti
con
i dardi del sole.
Da
quali regni remoti
muovi
alla desolata sponda,
o
bramato sogno ? Gli occhi,
di
lacrime un velo, appena ti scorgono
e
il timore, che la mano
mia
vana un'ombra abbracci,
m'opprime.
Ma qui attendo,
sulla
riva, e il volto fermo
al
tuo fulgore,
che
sopra l'acque brilla trepide
e
invincibile corona
l'eterno
sorriso.