L'opera è del 1919,
l'idea è tratta da Alcyone
( 1903 ) di D'Annunzio, precisamente dalle liriche “ Bocca di
Serchio “ e “ La corona di Glauco “. Anche l'azione, tutta
pervasa d'eroismo, è di matrice dannunziana.
Ecco
una strofa da “ Bocca di Serchio “ che costituisce chiaramente
una fonte del testo di Morselli :
GLAUCO
Chiudi gli occhi. Odi il vento? Navigare
ti sembra, veleggiar per il deserto.
Odi il vento tra le sàrtie? Odi
il gemito degli alberi allo sforzo
delle vele? Si naviga per acque
infide verso l’isola di Circe.
Negli orciuoli d’argilla non rimane
goccia di fonte. Beveremo il sale.
Apri gli occhi! Ecco l’atrio della maga
tutto riscintillante di prodigi.
Larve di stelle adornano la reggia
della donna solare, vedi?, simili
a foglie macerate dagli autunni
che serban lor sottili nervature
con la tenuità dei bissi intesti
d’aria e di lume. Fili palpitanti
le congiungono, l’iride le cangia,
indicibile tremito le muove.
Circe incantò le stelle eccelse, e l’ebbe,
e le votò di lor sostanza igníta;
e qui raduna le lor dolci larve.
E poi c'è il celebre e
breve testo di Archiloco :
Γλαῦχ᾽ ὅρα· βαθὺς γὰρ ἤδη κύμασιν ταράσσεται
πόντος, ἀμφὶ δ᾽ ἄκρα Γυρέων ὀρθὸν ἵσταται νέφος,
σῆμα χειμῶνος· κιχάνει δ᾽ ἐξ ἀελπτίης φόβος.
Glauco guarda : già è sconvolto dai flutti profondo
il mare, intorno alla
vetta delle Gire alta sta una nube,
segno di tempesta, giunge
all'improvviso lo spavento.
L'enfasi pervade il
dramma, decisamente ingenuo, i sentimenti sono esasperati e i
personaggi privi di spessore psicologico.
Glauco promette alla
fanciulla Scilla di sposarla dopo aver compiuto grandi imprese ed
essere divenuto addirittura re. Quindi prende il mare. Diventa
effettivamente re dopo molte azioni eroiche e durante il ritorno,
sorpreso dalla tempesta, giunge alla terra di Circe. Qui la maga lo
seduce per renderlo suo prigioniero. La reggia di Circe, le tre
Parche, il coro delle sue schiave, tutto è reso con molta efficacia
e abilità descrittiva.
Circe si innamora di
Glauco e dal momento che l'eroe non la ricambia, per gelosia provoca
la morte di Scilla. Scilla infatti nella sua Sicilia, una volta
abbandonata da Glauco, si dispera e infine si uccide gettandosi in
mare. Le ultime scene ci mostrano il ritorno di Glauco ormai divenuto
dio, la scoperta della disgrazia e il sacrificio di sé dell'eroe,
che si fa legare al cadavere della fanciulla e precipitare in mare.
Più che come un dramma
dovrebbe essere utilizzato come sceneggiatura per un melodramma,
quale ad esempio la Salomé
di Richard Strauss. Il fatto che Luigi Pirandello lo abbia tradotto
in dialetto siciliano conferma la necessità della trasformazione
dell'opera di Morselli in azione mitica, di leggenda locale.
Ecco
uno stralcio significativo del testo :
- ATTO SECONDO
Angolo
d’una immensa sala cubica della reggia di Circe, tagliata nel vivo
smeraldo.
Da
una grande finestra si vedono Cielo e Mare confusi in un meriggio
d’oro. Presso la finestra sta un alto braciere cinto di ghirlande
d’alloro e girasoli.
A
sinistra, sull’alto di sette gradini scolpiti in un blocco di
smeraldo, si vede il letto d’oro di Circe, nascosto da una tenda di
porpora.
Incardinato
alla parete ai piedi della gradinata, è una specie di grande
sportello d’oro massiccio, fatto per essere aperto dal sotto in su,
e che par nascondere una buia fenditura della roccia smeraldina.
A
destra, una grande porta, da cui si scende al mare, e da cui si vede
un lembo dell’isola incantata. Più avanti, una conca d’oro nella
quale cadono limpidissime gocce di un’acqua che stilla dall’alto;
e vicino a questa conca, la mensa, anche questa d’oro massiccio,
con un solo lettuccio coperto di porpora.
Misteriosi
geroglifici son disegnati ovunque, a colori vermigli. E così le due
stelle magiche: quella di sei raggi, e quella di cinque. E così i
segni zodiacali e quelli dei sette pianeti. Un’immensa testa d’oro,
di Elios flammicrinito, risplende in alto sopra un velario di porpora
teso, e il pavimento di smeraldo la rispecchia, stranamente simile a
una piovra gialla.
SCENA
PRIMA
Tutto
è luce e silenzio. Dal braciere sale diritto il fumo del cinnamomo.
Solo le gocce d’acqua cantano sommesse. Sedute sui sette gradini,
presso la chiusa alcova di Circe, Cloto, Lachesi e Atropo filano le
vite degli uomini, taciturne. Il filo discende dalle infantili mani
di Cloto a quelle robuste di Lachesi, a quelle ossute e tremanti di
Atropo; la quale, di tanto in tanto, fa udire il colpo secco delle
sue forbici. A un tratto, una confusione di mugolii bestiali e di
sospiri umani. Il pesante sportello d’oro è sollevato a colpi di
muso da una torma d’uomini che han teste di scimmie, di porci e di
cani, e si tengono aggrappati colle braccia alla fenditura della
roccia. Gli Uomini-Bestie, guardando il letto di Circe, mugolano e
sospirano.
CLOTO
con
pietosa premura
Non
destate la divina Circe, sciagurati eroi. Non provate la sua aspra
collera, se volete che ancor oggi vi lasci toccare il suo caldo
mantello tessuto coi raggi del Sole...
Gli
Uomini-Bestie si torcono di voluttà e mugolano più forte
...
e forse anche vi dia a baciare, come ieri fece, la sua piccola mano
terribile...
LACHESI
con
forza
Non
parlare a loro, innocente Cloto. Non aver pietà del loro vile
dolore... Ogni giorno che passa, si fan più tristi le case che
v’aspettano nelle vostre patrie lontane. Credete che non vi sia
altr’oro da questo, nel mondo? E non son d’oro le messi che
ondeggiano intorno alle vostre case? e non son d’oro le piccole
teste dei vostri figli? e i cuori delle donne che vi aspettano
fedeli? Sapete che l’isola non è guardata; sapete che le vostre
navi son là intatte; sapete che, lontani da quest’isola, si
romperà l’incanto di Circe e riavrete volto e parola d’uomini...
Perché non fuggite? perché vi piace tanto codesta tana da belve?
ATROPO
Non
vedi, buona Lachesi, che non t’ascoltano? Non vedi che annusano
l’aria verso là, sperando solo che entri nelle lor froge un po’
dell’odore della carne di Circe. Se lor dicessimo d’aspettare
cent’anni così, una carezza di lei, li vedresti morir tutti, a uno
a uno, di vecchiaia, lì aggrappati!...
Gli
Uomini-Bestie che l’hanno udita, fan segni di assenso
E
se Circe volesse riempire la sua vasca di tiepido sangue per
bagnarvisi nuda, a quelli parrebbe dolce sgozzare le lor madri... le
lor donne... i loro figli!
Gli
Uomini-Bestie fanno ancora segno d’assenso fra nuovi mugolii e
torcimenti
Giù
nel vostro strame, e zitti! O vi carezzo io, con la mia forbice!
Gli
Uomini-Bestie si ritirano impauriti e lo sportello cade pesante e
torna il silenzio di prima. Pausa
SCENA
SECONDA
CLOTO
trillando,
a un tratto, piena di infantile meraviglia
Oh!
che oro splendente vien giù adesso dalla nostra rocca, sorelle! Io
dico certo che ci tocca ora filare la vita di un eroe immortale!...
Déstati, Circe!
Due
schiave di color olivastro alzano la porpora e Circe appare già in
orecchi, mezzo il bel corpo ignudo fuor delle coltri
Ecco.
Lo vedo nuotare, bimbo ancora, tra gli scogli del mar Siculo. Ad ogni
insidia sfugge, perché di nulla ha paura. Lo chiamano Glauco
dal
colore delle sue pupille... Cresce meraviglioso di bellezza e di
forza. Si fa barca e reti; ma sogna troppo per essere buon pescatore.
Giura amore a una fanciulla; ma sogna troppo per essere buon marito.
La divina febbre degli eroi lo divora, Circe!... e lo caccia!... lo
caccia via dalla sua terra, Circe! via dal suo amore!... E va. E va
in cerca del suo gran destino!... Oh! come è finita presto la sua
giovinezza!... Leggi tu ora, sorella.
Circe
si fa coprire del suo manto tessuto di raggi solari; e si siede sul
letto, sempre più attenta
LACHESI
Ben
di rado Giove ci lascia filare un così robusto filo! Dà piacere a
torcerlo!... Se tu potessi vedere, Circe, quel ch’io vedo! Il mare
non crede ch’egli sia un uomo: e si fa piccolo per lui che lo corre
con tutti i venti... Sua è la gran voce che grida ai Tirreni, agli
Éneti, ai Greci, ai Fenici, agli Egizi: “Venite. Il mare non è
fatto per dividere, ma per unire i popoli!”. E molti corrono ora
sicuri sulle sue scie... Ma eccolo già a Iolco dove Giasone raduna
il miglior fiore degli uomini per muovere contro il fratel tuo,
Circe!... E’ lui che passa primo tra le feroci Cianèe... Porta la
nave di Giasone!... E vede già la tua patria, o Circe!... E già più
non gli basta la fama di gran nocchiero: il suo immenso cuore invidia
il pericolo dei combattenti, e vuole un spada... L’ha... Gronda
sangue... Eppure non cede terra... Giasone corre, e lo fa levare a
forza, e legare sul suo carro... e gli dice: “Non voglio che tu sia
migliore di me”. Glauco rugge contro il duro principe... E nella
notte si libera, e fa vela con una nave piena d’uomini... E’ in
Africa... Libera gli Psylli dai crudeli Fenici... Lo fan re!... Che
più gli resta a
desiderare?... Si fa una nave... prua d’oro e vela
porporina... e si mette sulla dolce via del ritorno!...
Circe
s’avvicina e tocca con curiosità il filo d’oro
Ah!
se tu potessi vedere, dritto, sulla sua prua, appoggiato alla lancia
il bel corpo stanco di battaglie... tu ne saresti innamorata, Circe.
CIRCE
quasi
tra sé
Tu
credi, Lachesi?
ATROPO
mentre
allunga il rugoso collo per vedere nel filo di Lachesi
Te
lo dico io!... E’ così bello, così forte, che, se Giove
m’ordinasse ora di tagliare il suo filo, io son sicura che mi
taglierei un dito per il gran tremore che mi prenderebbe!
Circe
palpa ancora il filo con le sue rosee dita, turbata
CLOTO
ficcando
anch’essa lo sguardo curioso nel filo di Lachesi
No!
No! Non ritorna ancora alla sua patria!... E’ fermo in mezzo al
mare! Vedi, sorella?
LACHESI
E’
vero... Guarda alla tua reggia, Circe!
ATROPO
Bada!...
Egli viene qua.
Nasce
un confuso mormorio nella reggia. Son le Schiave in subbuglio.
S’avvicinano. E irrompono. Le loro nudità d’ogni colore son
coperti di splendenti alghe
LE
SCHIAVE 1 2 3 4
Una
nave, divina Circe!
Vien
più veloce del vento!
E’
una nave da re, divina Circe!
Il
re sta sulla prua!
CIRCE
No!
Non voglio!
Balza
con furore al braciere; ne toglie un tizzone fumante; con moto
fulmineo si traccia attorno un rovente circolo magico. Nella nera
notte che spegne subito ogni luce, si vede solo questo terribile
circolo brillare attorno ai piedi della maga. Le Schiave si
ritraggono tenendosi per mano spaventate. Al guizzare dei fulmini si
vedono rabbiosi venti passare correndo sulle creste dei marosi
lividi. Giungono lontanissime urla umane tra il fragore dell’acque
e del tuono.
LE
SCHIAVE 1 2 3 4
La
ciurma urla!
Imprecano!
Implorano!
Voglion
virare!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3
La
prua è vuota
L’ho
visto io il re, gettar la lancia e fuggire.
Povero
re!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3
No!
è al timone! guardate!
E
non vira!
E’
re marinaro!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3 4 5 6
Ah!...
L’albero stroncato!
Urla
disperate tra il ruggito dei venti
La
vela in mare!
E
mezza ciurma v’era attaccata!
E
l’altra mezza l’ha spazzata via l’acqua, avete visto?!
E
il re?
Non
ci sarà più. Povero re!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3
Sì!
C’è!
Ancora
vivo?
Sì:
al timone! Guardate! Non l’ha lasciato!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3 4 5 6
Avete
visto i remi? Tutti in pezzi! Come i denti d’una vecchia!
E
pendono giù. Segno che i rematori son tutti morti!
Ma
lui non lascia il timone!
Non
lo lascia, no!
E
tien la prua qua!
E’
re marinaro!
Fulmine
LE
SCHIAVE 1 2 3 4 5 6
E’
morto?
Chi?
Il
re. E’ caduto sotto la barra del suo timone.
Corriamo
alla riva.
Corriamo!
Corriamo!
Tutte
discendono da destra. Circe cade affranta nel mezzo del suo cerchio.
Subito la tempesta perde forza
ATROPO
Ben
te lo dicevo io, Circe! Non è facile uccidere quest’uomo.
LACHESI
E
meno facile, farlo tremare.
CLOTO
E
meno facile ancora guardarlo senza amarlo.
CIRCE
in
piedi
No!
Sale
un gran mormorio di donne. Sei robuste Schiave etiopi portano dentro
Glauco svenuto, ancor chiuso nel suo bronzeo vestito da eroe. Circe
col feroce sguardo comanda alle Schiave di depor Glauco e di fuggire;
poi, nell’ombra ancor folta, si protende dall’orlo del suo magico
cerchio per scorgere il volto dell’eroe
ATROPO
ridendo
Ora
uscirà dal suo cerchio per meglio vederlo!
Circe
esce dal cerchio. Il sole inonda ancora la reggia, mentr’ella curva
il meraviglioso corpo sul volto dell’eroe