Ora ella appariva sulla
terrazza, al chiarore lunare, volta all'orizzonte stellato e al mare
infinito.
Il suo viso era un opale
velato dall'ombra, la sua chioma la nera brezza aspra, ella respirava
profondamente, lentamente, il fresco alito notturno. Inviolata, come
un fiore negli abissi, ella appariva, irraggiungibile.
A un tratto, ella lo colse
in un bagliore, e gli occhi avvamparono come un rogo, e un'onda
impetuosa, vasta e furente lo abbatté invadendolo, scuotendo e
sradicando tutto il suo essere. Come una fiera lo avvinse tra i suoi
artigli ed egli restò pietrificato, preda senza scampo.
Rimase innanzi
all'immagine di Medusa, colto da un terrore dolcissimo.
Poi le ombre si distesero,
l'onda si ritrasse, il buio si chiuse. Ed egli non vide più nulla se
non il deserto del silenzio e del mare e del cielo nero sparso di
fuochi, come un'immensa pianura costellata dai bivacchi e dalle
veglie, prima d'una battaglia.
Ma udì allora la sua voce
librarsi sulle onde, dilatarsi entro l'ampia conca del lido come
l'eco murmureo nelle conchiglie, come il fluitare armonioso della sua
chioma vibrante nel buio lucido dell'aria salmastra ed ebbra
dell'effluvio salino. E ne echeggiavano i colli intorno e le piane
silenti nel sonno, e ne echeggiava l'anima di lui, mentre la
contemplava.
Ed era bella della
bellezza della notte, il suo corpo avvolto dal profumo dei suoi
capelli.
Ma egli aveva visto ciò
che non doveva vedere, intuito ciò che non doveva sapere. Era ormai
indegno di ogni rivelazione e inutilmente avrebbe tentato l'oracolo.