venerdì 30 dicembre 2016

Edipo e l'enigma

Ora ella appariva sulla terrazza, al chiarore lunare, volta all'orizzonte stellato e al mare infinito.
Il suo viso era un opale velato dall'ombra, la sua chioma la nera brezza aspra, ella respirava profondamente, lentamente, il fresco alito notturno. Inviolata, come un fiore negli abissi, ella appariva, irraggiungibile.
A un tratto, ella lo colse in un bagliore, e gli occhi avvamparono come un rogo, e un'onda impetuosa, vasta e furente lo abbatté invadendolo, scuotendo e sradicando tutto il suo essere. Come una fiera lo avvinse tra i suoi artigli ed egli restò pietrificato, preda senza scampo.
Rimase innanzi all'immagine di Medusa, colto da un terrore dolcissimo.
Poi le ombre si distesero, l'onda si ritrasse, il buio si chiuse. Ed egli non vide più nulla se non il deserto del silenzio e del mare e del cielo nero sparso di fuochi, come un'immensa pianura costellata dai bivacchi e dalle veglie, prima d'una battaglia.
Ma udì allora la sua voce librarsi sulle onde, dilatarsi entro l'ampia conca del lido come l'eco murmureo nelle conchiglie, come il fluitare armonioso della sua chioma vibrante nel buio lucido dell'aria salmastra ed ebbra dell'effluvio salino. E ne echeggiavano i colli intorno e le piane silenti nel sonno, e ne echeggiava l'anima di lui, mentre la contemplava.
Ed era bella della bellezza della notte, il suo corpo avvolto dal profumo dei suoi capelli.
Ma egli aveva visto ciò che non doveva vedere, intuito ciò che non doveva sapere. Era ormai indegno di ogni rivelazione e inutilmente avrebbe tentato l'oracolo.

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