Walter
Pater Studi greci ( 1895 ) Milano,
SE, 2007
P.
12-13. La concezione che Pater ha di Diòniso è diversa da quella di
Nietzsche. Il filosofo tedesco sulla scia della Poetica di
Aristotele collega il culto dionisiaco a sacrifici cruenti (
soprattutto del “capro” ), mentre Pater ne fa una sorta di
divinità della vite, derivata dall'originario culto degli alberi, e
in seguito in un simbolo della vita di tutte le cose che fluiscono,
come la linfa, come il vino, come la stessa transitoria vita umana.
Il suo simbolo, la vite e la coppa, saranno poi con il Cristianesimo
il vino-sangue e il sacro calice.
C'è
tra la concezione di Nietzsche e quella di Pater un vero abisso. Il
tedesco pone a fondamento del culto di Diòniso il suo sacrificio
cruento e la sua rinascita o resurrezione, mentre per Pater Diòniso
è la vita della pianta di vite, il simbolo più elevato di una
concezione naturalistica dell'esistenza, che si circonda di simboli
animali e vegetali, satiri e ninfe. Indubbiamente l'idea che noi oggi
abbiamo del dionisismo è dovuta all'influsso di Nietzsche che ne ha
fatto un culto cruento, sanguinoso, appunto tragico, mentre se avesse
prevalso la visione di Pater forse Diòniso oggi sarebbe il dio degli
ambientalisti.
P.
17. Diòniso e Apollo a Delfi. Culto di Diòniso che precedette
quello per Apollo e urna cineraria dedicatagli nel tempio di Delfi (
vedi Il servizio divino dei Greci di Nietzsche ).
p.
18. Sacrificio della capra in onore di Diòniso, dapprima per
propiziarsi il vino buono, dato che la cerimonia avveniva in
dicembre, quando si riponeva nelle anfore il vino nuovo, poi anche
come sacrifici per i morti, spiriti affamati e assetati.
P.
20. Un'altra differenza rispetto al Nietzsche. Pater ritiene Euripide
“ preminente come poeta del pathos “ mostrando di apprezzare
proprio l'aspetto passionale, sentimentale del dramma. In un certo
senso sotto questo aspetto si può accostare Euripide a Shakespeare.
(
ibidem ) Il canto corale in onore di Diòniso, il Ditirambo, è
caratterizzato dalla musica selvaggia, questo è un aspetto in comune
con le considerazioni che fa Nietzsche ne La nascita della
tragedia.
P.
21. Nel conferire un senso razionale al mito della folgorazione di
Semele e della nascita di Diòniso, la vite che nasce dal terreno
vulcanico arso dal sole, Pater non può fare a meno di rivolgersi
nella serie delle similitudini seguenti ad accennare a Tannhäuser,
e in ciò mostra la sua sensibilità estetico-musicale, e il culto
per Wagner, tipico dei simbolisti. ( Per la nascita di Diòniso vedi
le Immagini
di Filostrato, precisamente il cap. 14 “Semele”, p. 58 di Elder
Philostratus. Imagines,
Harvard, Loeb Classical Library, 2000 ).
(
ibidem ). La religione di Diòniso, in quanto culto della vite, si
collega anche all'antico culto dell'acqua, grazie alle Iadi, ninfe
delle sorgenti, seguaci di Bacco.
P.
25-26. La visione di Pater è decisamente diversa da quella di
Nietzsche, perché mentre in Nietzsche l'arte, soprattutto quella
musicale e tragica, si risolve nella liberazione, nella catarsi o
catastrofe dionisiaca, in Pater quell'elemento dionisiaco, naturale,
presente nella sensibilità ellenica si risolve, si ferma nell'idea
estetica, nella statuaria, nel bello ideale e nello stesso tempo
fedele alle forme terrene ed umane, nella Baccante, nel Centauro,
nell'Amazzone, nel divino Apollo. Mentre per Nietzsche l'istinto
artistico dei Greci trova la sua massima espressione nella tragedia e
nella musica dei cori, per Pater esso culmina nell'arte plastica, nel
culto “apollineo” per la bellezza.
P.
28. Diòniso come incarnazione, o nome evocatore, dell'anima della
vite, avente tutte le qualità proprie della pianta, la sua
fragranza, il colore, i ricciuti pampini nelle abbondanti chiome
floride come le foglie. E' evidente la concezione estetica di Pater
aliena da qualsiasi implicazione di ordine metafisico o esistenziale
o, tantomeno, tragico.
P.
29. Pater concorda col Nietzsche riguardo all'origine della tragedia
: “ E' dai dolori di Diòniso, dunque – di Diòniso in inverno –
che nasce e si sviluppa la tragedia greca; dal canto dei dolori di
Diòniso, intonato durante la festa invernale dal coro dei satiri,
cantori vestiti di pelle di capra, in memoria della sua vita rustica,
ora l'uno ora l'altro dei quali, di tanto in tanto, esce dalla fila
per sottolineare e sviluppare questa o quella circostanza della
storia; e così il canto si fa drammatico. “
P.
32. Nascita di Diòniso dall'unione di Zeus con una mortale,
Semele.Viene accostato a Persefone negli attributi di divinità
invernale, che scende appunto all'Ade in inverno, le sue feste
coincidono con quelle eleusine. Viene portato in processione ad
Eleusi col nome di Iacco, insieme alle altre due dee cioè Demetra e
Core ( Persefone ).
P.
34. Sacrifici cruenti in onore di Diòniso. Oltre a essergli sacro il
lupo, e da ciò la leggenda del licantropo, cioè della
trasformazione in lupo, a Diòniso il mito attribuisce il sacrificio
di un fanciullo, che lo simboleggia appunto come Diòniso-Zagreo. A
Delfi era custodito un lupo in suo onore, a cui il sacerdote offriva
in sacrificio un capretto, che rappresentava in verità la
sostituzione a un fanciullo originariamente offerto. Pater riferisce
l'episodio di Plutarco ( nella vita di Temistocle ) secondo il quale
prima della battaglia di Salamina Temistocle avrebbe offerto in
sacrificio tre giovani persiani prigionieri a Diòniso il divoratore
( o “carnivoro” ).
P.
35. Dal culto di Diòniso-Zagreo, dio sacrificato e sofferente, gli
Orfici derivarono l'idea di una vita consacrata all'ascetismo, alla
purificazione, nella promessa di una vita ultraterrena e di una
resurrezione. E' chiaro il collegamento con il Cristianesimo e questo
spiega anche perché il Nietzsche, che pure non era a conoscenza del
Pater, abbia firmato i cosiddetti biglietti della follia con la
dicitura “ Diòniso il Crocifisso “.
P.
37 e sg. Nello studio sulle “Baccanti” di Euripide è evidente un
atteggiamento diverso rispetto al tragico greco dalla considerazione
che ne aveva Nietzsche. Pater infatti considera questo tardo parto
del poeta come una sorta di palinodia e quasi di ripudio della sua
mentalità razionalistica e un ritorno alle origini eschilee, quando
il mito si presentava nel suo alone di magica rivelazione.
L'opera
fu rappresentata a Pella, alla corte del re macedone Archelao, in un
paese lontano dalle raffinatezze intellettuali di Atene, ancora
circondato dalla natura selvaggia. E pare proprio che nel dramma come
nell'animo del poeta vi fosse un vero e proprio ritorno, in una
dimensione vagheggiata con nostalgia, all'intesa tra uomo e natura.
P.
44. Oltre alle interessanti riflessioni sugli effetti musicali del
coro nelle “Baccanti” è importante l'affermazione secondo la
quale il riso era l'elemento essenziale del più antico culto di
Diòniso. Questa asserzione di Pater è abbastanza in contrasto ( ma
forse no ) con la tragicità invece riscontrata da Nietzsche nel mito
stesso di Diòniso. Penso però che Pater qui volesse sottolineare
soprattutto l'elemento ferino, selvaggio e puramente istintuale
rappresentato dal dio e ciò in effetti non è in contrasto con la
visione di Nietzsche.
P.
50-51. Ritorna in considerazione la figura e il mito di Diòniso, che
Euripide ha sottoposto al suo sofisma, cioè ha trasformato
l'invasamento delle Baccanti in pura e improvvisa follia. Ma Pater
coglie ugualmente la presenza, sottesa al significato stesso di
tragedia, del mito. Un mito davvero singolare, nel quale il dio
omofago e meilichius, dolce come miele ma anche bevitore di sangue,
si presenta come il cacciatore e nel contempo la preda. Un mito
selvaggio, nato sugli aspri monti di Tracia e connesso a quel filone
di leggende collegato alla vita agreste e ai rituali della
fecondazione dei campi e della rinascita della vegetazione in
primavera dopo la sterilità dell'inverno.
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