Gérard
de Nerval Storia del califfo Hakem Roma, Via
della Seta Editrice, 2016
Racconto
tratto dall'opera di Nerval Voyage en Orient ( 1851 ).
La
storia richiama la vicenda narrata da William Beckford nel suo Vathek
( 1786 ), cioè quella di un califfo un po' originale che qui si
crede Dio e nel Vathek sfida il destino e finisce all'inferno.
Ambedue
i protagonisti hanno tratti simili, un aspetto maestoso, uno sguardo
perturbatore, una passione amorosa proibita.
Interessante
è il saggio, del 1946, di Alberto Moravia sul Vathek di
William Beckford, di cui riporto un breve stralcio : “ Il valore
del Vathek, a parte le insolite qualità di fantasia e di
invenzione, sta nella consapevolezza, sincerità e lucidità con cui
Beckford a poco più di vent'anni giudica se stesso e i propri sogni.
Apparentemente Vathek, scritto in francese, chiaramente
derivato dalla lettura delle Mille e una notte e dei romanzi
filosofici e orientali settecenteschi, può sembrare il perfetto
frutto di una infatuazione e di una sensibilità diffuse in tutta
Europa. Ma in realtà esso si distacca dalla letteratura di quegli
anni per il suo romantico carattere di autobiografia moralistica e
immaginosa, di confessione favoleggiata e apologetica. C'è un senso
cristiano della vanità di tutte le cose in questa favola pagana e
orientale di un orgoglio criminale che finisce in una catastrofe. E
se la pittura di Eblis, lo spirito del male, ricorda assai quella del
Satana di Milton … così da far pensare che Beckford il libertino
nascondesse nell'anima più di un riflesso dell'antico rigore
puritano; d'altra parte la storia di Vathek con la sua
smisurata avidità di esperienza e di ricchezze che lo porta a
vendersi a Eblis, anticipa il mito faustiano predominante nel secolo
successivo. In questo senso Beckford prende figura di precursore; e
il suo libro piuttosto che tra gli aridi e ragionevoli romanzi
filosofici ed orientali del tardo Settecento, trova il suo posto tra
quei libri a fondo deluso e demoniaco che da Byron su su fino a
Dostoevskij commentano e illustrano gli innumerevoli sviluppi della
lunga malattia romantica. Con questa differenza tra Beckford e tanti
altri : che l'autore del Vathek … scriveva di cose realmente
vissute e sperimentate. “ ( W. Beckford, Vathek, Torino,
Einaudi, 1973, p. X-XI )
Più
avanti Moravia ci suggerisce la somiglianza tra Beckford e Oscar
Wilde, ma io direi piuttosto tra Beckford e Dorian Gray, del quale
aveva le caratteristiche psicologiche e forse anche fisiche. Le
misteriose abitudini di Dorian sembrano accompagnare il peregrinare
di Beckford in Europa e in Italia, dove elesse Venezia a patria del
suo sogno estetico orientaleggiante ( la Venezia del futuro Stelio
Effrena del Fuoco di D'Annunzio e di Aschembach della Morte
a Venezia di Thomas Mann ).
Hakem
come Vathek è dedito all'astrologia, inoltre vuole sposare la
sorella Setalmulc per consegnare alla posterità una progenie divina,
come un tempo solevano fare i faraoni dell'Egitto. Ma farà una
brutta fine, ucciso in un agguato dal suo migliore amico, ignaro
peraltro dell'identità della sua vittima, inviato come sicario
proprio dalla sorella, vendicativa e assetata di potere.
Ecco
come appare per la prima volta il personaggio Hakem nel racconto di
G. de Nerval : “ Lo straniero fissò su di lui le sue pupille di un
azzurro scuro, la pelle della fronte gli si contrasse in pieghe così
violente che la capigliatura ne seguiva le ondulazioni. Per un
istante sembrò sul punto di gettarsi sul giovane spensierato e farlo
a pezzi ... “ ( op. cit. p. 16 )
E
nel Vathek ecco il ritratto del califfo : “ D'aspetto era
bello e maestoso ma, quando si adirava, uno dei suoi occhi diventava
talmente terribile, che nessuno osava guardarlo, e il malcapitato sul
quale esso si appuntava, cadeva immediatamente per terra, e talvolta
moriva. “ ( p. 26 di I grandi romanzi dell'orrore, Roma,
Newton-Compton, 1996; il racconto di Beckford è seguito da altri
romanzi, tra cui Il Dr. Jekill e Mr. Hyde dello Stevenson e
Dracula di Stoker, la sua traduzione è però corredata di un
cospicuo e interessante apparato di note ).
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