giovedì 2 luglio 2020

Heinrich von Kleist, Pentesilea



Heinrich von Kleist, Pentesilea (1808), Firenze, Felice Le Monnier, 1922

Traduzione di Vincenzo Errante



P. 8, ecco Pentesilea, regina delle Amazzoni, vero e proprio caso da clinica psichiatrica. Ella è attratta dalla bellezza di Achille e per questo lo odia :


la Centaura,

d'un ebro sguardo novamente avvolta

la smagliante persona del Pelide

non lo distolse più …

Il rossor che le sue guance copria

(forse per ira ? forse per vergogna ?)

si riflesse su tutta l'armatura

della Regina, giù fino alla cintola.

Rimase ella così, come sdegnata

e insiem confusa …


P. 11, come la belle dame sans merci di Keats anche Pentesilea conduce alla morte i bei guerrieri e altri tiene prigionieri. Il motivo dell'amore-odio, dell'attrazione-repulsione tra Pentesilea e Achille prelude alla contrapposizione tra i due principi maschile e femminile, esemplarmente presentata nella Salammbô di Flaubert, cioè la vicenda di Salammbô e di Mâtho. E Pentesilea, come Salammbô, come Salomé, come l'Erodiade di Mallarmé, è un'isterica che rifiuta con orrore il sesso. (Potremmo dire questo anche di alcune cosiddette femministe, le quali, al di là di legittime rivendicazioni, sono mosse da un impulso viscerale e del tutto irrazionale contro il maschio categoricamente detestato).

Ella nelle prime scene appare come un incubo che perseguita e insegue Achille, divorata com'è da una smania incessante di preda, il suo amore-odio è l'impulso maniacale che la muove e che costituisce ormai l'unica ragione della sua esistenza.

Nella III scena (p. 24) mentre insegue Achille ella è come un dèmone che copre della sua ombra il Pelide :


Il sole che si leva

proietta immensa l'ombra dell'Amazzone.

Tutta, in essa, si spegne la quadriga !


Achille dal canto suo (scena IV, p. 34) si è accorto che la sua persecutrice è in realtà invaghita di lui e da impenitente dongiovanni giura che non rivedrà le mura di Troia, finché non abbia domato al suo piacere la Centaura. Così, dopo l'inseguimento da parte di Pentesilea e il suo quasi miracoloso scampo, nonostante sia stato ferito nella caduta in un fossato, durante la folle corsa sul cocchio verso il campo greco, Achille si accinge ad affrontarla nuovamente.

Nella scena V Pentesilea manifesta tutto il suo amore-odio per Achille, bramosa di sottometterlo in duello, per mostrare la propria superiorità di guerriera in una vera e propria guerra tra i sessi.

P. 60, ancora più evidentemente si rivela qui il connubio tra amore e morte. Pentesilea, innamorata di Achille, può trovar pace soltanto con la distruzione dell'oggetto amato, cioè con la fine di Achille.

P. 62, il Pelide al contrario, durante un duello con Pentesilea, si innamora di lei perdutamente, tanto da offrirsi, disarmato, all'offesa mortale delle Amazzoni, che però lo risparmiano, avendo ricevuto tale ordine dalla regina.

P. 64, infatti Pentesilea è innamorata a sua volta del Pelide e lo confessa, ma il suo sentimento contravviene alla legge delle Amazzoni e perciò lo deve reprimere.

P. 90, nella scena decimaterza Pentesilea viene catturata in battaglia da Achille che si dichiara follemente preso da lei.

P. 94, l'avversione di Pentesilea però è indomabile. Ella odia radicalmente Achille nel momento in cui vede in lui il maschio vincitore, dal momento che deve essere lei a vincere e a dettare le condizioni per un'eventuale pace.

P. 100, l'odio che Pentesilea rivolge al sesso maschile è in realtà il risultato di un dissidio interiore, di un complesso psichico direbbe Freud, di un tentativo fallito di repressione della libido come del naturale desiderio di maternità :


Odiai le tracce della gioia impresse

sovra volti mortali. Insino il bimbo

festoso tra le braccia della madre

sembrò schernire la mia sorte. …


Nella scena XV Pentesilea, credendo di aver vinto Achille, gli si rivolge come suo prigioniero e rivela la tradizione delle Amazzoni di sposare quali sostituti del dio Marte i maschi sconfitti in battaglia, per garantire la continuità della stirpe. Ma alla fine si svela l'inganno e Achille appare quale il vero vincitore, con sommo sgomento della regina. Tuttavia il dramma è assai animato, e infatti la situazione si ribalta e nella scena XIX muta completamente a favore delle Amazzoni che, vittoriose sui Greci, liberano Pentesilea.

Nella scena XXIII si compie la tragedia. Achille folle d'amore sfida Pentesilea a duello per poi donarsi a lei e seguirla al tempio di Artemide, ma Pentesilea profondamente turbata nell'animo da quello che considera un tradimento, impazzisce e trascinata da un'ira furiosa, completamente fuori di senno esce in campo come una mènade selvaggia alla caccia della preda. La scena della morte straziante di Achille ricorda quella di Penteo nelle Baccanti di Euripide, in particolare il fatto che Achille, come Penteo, trovi momentaneo rifugio in un pino. Come Agave, madre di Penteo, ne spicca il capo dal busto, così Pentesilea simile a una vampira azzanna il petto di Achille e si lorda tutta del suo sangue.

Nella scena XXIV assistiamo alla catastrofe di Pentesilea. Ella piano piano rinsavisce ma solo per apprendere l'orrendo massacro, quindi, dopo avere indugiato alquanto, incredula di essere stata l'autrice di un simile mostruoso crimine, straziata dal rimorso, ripudiate le leggi dell'amazzone Tanaide, spira improvvisamente colpita dall'immenso dolore. Così termina la tragedia che ci presenta una protagonista che nel suo ruolo di donna fatale si affianca inevitabilmente alla Carmen del Mérimée, alla Salammbô di Flaubert, alla Salomé di Wilde e a tutta la schiera delle maliarde che popola la fantasia dell'età romantica.

Potremmo dire che non è il sonno della ragione a partorire mostri ma piuttosto il rifiuto della natura, e infatti l'isteria di Pentesilea, come nel caso di Salammbô, la conduce obbligatoriamente alla strage e alla morte. E' dunque il ripudio dell'istinto cioè dell'irrazionale a generare il trionfo della follia cioè dell'irrazionale stesso, contro cui non vale nessun discorso ragionevole per quanto persuasivo. In quest'ottica, che è poi anche quella di Rousseau (1), come molto più tardi quella di Jung, l'irrazionalità è più forte della razionalità e l'istinto ha la meglio sulla ragione.



(1) Per l'importanza nella vita dell'amore e del sesso basti citare le sue Confessioni con la rassegna delle sue amanti di ogni genere, dalla giovane signora Basile, a Madame de Warens, alla cortigiana Zulieta, a Madame d'Houdetot e altre.






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