sabato 15 agosto 2020

Francesco Biamonti, L'angelo di Avrigue

 



Francesco Biamonti, L'angelo di Avrigue, Torino, Einaudi, 1983



P. 4, poetica del primitivo, il villaggio sembra vivere nell'atmosfera del mito. Si sente l'influsso di Grazia Deledda, e naturalmente di Pavese, Fenoglio, Calvino (soprattutto di quest'ultimo è bene tener presente Il sentiero dei nidi di ragno).

P. 7, la descrizione dell'ambiente naturale ricorda Canne al vento (1).

P. 9. Come anche le donne nei romanzi di Cesare Pavese sono proiezioni della mente dell'autore, così Ester potrebbe essere paragonata all'Elena del Carcere. Si tratta di donne sempre disponibili, sempre compiacenti e che appaiono e scompaiono ad ogni schiocco di dita. Questo vaneggiamento estetico è tipico di chi non conosce le donne.

P. 12, il racconto si sviluppa in un “giallo” e questo è forse nell'intenzione dell'autore un modo per catturare maggiormente l'attenzione, ma in Canne al vento il servo Efix ha sulla coscienza un omicidio, quindi il fatto di sangue è un elemento comune.

In particolare colpisce lo stile con il brusco passaggio a volte dal passato remoto o dall'imperfetto al presente per designare una condizione di atemporalità o di gesti abituali (p. 11) :


Nel vano della finestra si vedeva già l'ulivo.

A fatica lo sguardo si distrae dal mare per posarsi sulla ragnatela degli alberi.


E la Deledda :


Adesso era lui che sognava per loro la buona fortuna … Ed ecco nella fantasia stanca del servo le cose a un tratto cambiano aspetto … (2)


P. 17-18, fusione tra realtà e sogno. Anche questo è presente in Canne al vento (il sogno finale di Efix).

P. 19, spesso espressioni poetiche o fortemente metaforiche come questa :


Il crinale vibrò nel sole, come un maroso artigliato dal vento.


P. 20. Altre espressioni poetiche nella descrizione della natura, così anche nel libro della Deledda. Le analogie stilistiche sono numerose :


Assediava le colline il bagliore turchese del mare. Sulle rocce, sopra gli ulivi, cantava un passero solitario.

Forse non era un passero solitario a melodiare, era un tordo, anzi erano due tordi : la voce soave sembrava ora scendere dalla rupe ora salire da un botro d'arastre sotto cammino. E ogni tanto quei ghirigori d'organo terminavano bruscamente in uno stridio da uccellaccio notturno.

Gli ultimi ulivi magri come farfalle cedevano ai cespugli, che per nutrirsi scolpivano il dirupo di radici.


E la Deledda :


E Dio prometteva una buona annata, o per lo meno faceva ricoprir di fiori tutti i mandorli e i peschi della valle; e questa, fra due file di colline bianche, con lontananze cerule di monti ad occidente e di mare ad oriente, coperta di vegetazione primaverile, d'acque, di macchie, di fiori, dava l'idea di una culla gonfia di veli verdi, di nastri azzurri, col mormorio del fiume monotono come quello di un bambino che s'addormenta. (3)


Si procede col rendiconto dell'indagine personale di Gregorio e con sprazzi di esplorazioni psicologiche che sfociano spesso nell'onirico e che si alternano a descrizioni paesaggistiche rese con brevi frasi scabre ma sempre metaforiche (p. 28) :


il sole ebbe come un tremito, offuscato da vapori marini.


La misteriosa vicenda si dipana lentamente attraversata da illuminazioni rivelatrici, ricordi malinconici, sogni un po' ossessivi. E' uno stile quasi come quello degli impressionisti, fatto di pennellate rapide e incisive e di un disegno approssimativo e franto.

I personaggi, come quello di Maria Zelenski o quello di Ester, si rivelano a tratti nel corso della narrazione, non vengono presentati, e questo è ormai il risultato consolidato dell'insegnamento verista. Però gli ambienti e il paesaggio sono i veri protagonisti del romanzo, ad esempio la casa di Edoardo (p. 43-44) dove l'interno corrisponde all'esterno come l'aspetto fisico e l'animo dei personaggi e il loro rispecchiarsi nel cielo e nel mare, modellati quali aspre montagne.

P. 45, ecco un esempio di questa alternanza di paesaggio e di ritratto di personaggi, quasi in mutua rispondenza :


Il sole nel centro della valle, sopra la strettoia, illuminava uliveti e boschi di roveri. Anzi, di roverelle, che trattengono ai rami le foglie secche e da lontano sembrano grano maturato nel cielo.

In casa Maria si rannicchiò su una poltrona, alzò il bavero del giaccone di marinaio e si stese lo scialle sulle ginocchia. Era spettinata e aveva un volto severo.


P. 53, ricorso a espressioni dialettali secondo l'insegnamento verista o di termini molto precisi e di uso non comune come a p. 52 “garìga” per designare la vegetazione della macchia mediterranea.

P. 57, predilezione per la descrizione “metaforica” d'ambiente che romanticamente corrisponde allo stato d'animo dei personaggi. Direi anzi che il vero protagonista di questo romanzo è proprio il paesaggio al quale è rivolto l'interesse prevalente dell'autore. Ma questo è anche un limite, perché i personaggi vivono in funzione del paesaggio e la loro psicologia risulta per lo più sfuggente e quasi vaporata e fusa con esso.

Nella stessa pagina l'autore scrive :


Una macchina … saliva per la strada sterrata. I suoi fari balzavano da rocce a cespugli a pini bassi come pini mughi. Deviò verso i bungalow, dove si arrestò coi fari accesi, illuminando una mimosa in stato di avanzata fioritura, gialla e alonata di pulviscolo.


Ci si aspetterebbe che il seguito della scena giustifichi l'apparizione dell'automobile, invece l'autore tiene a specificare che la ginestra era “una Denis Boden o una Waldorf” e ci fornisce le caratteristiche della pianta, poi salta al ricordo del trionfo della coltivazione di questo arbusto, quando i rami recisi partivano per Vienna e per Praga. Insomma l'azione non esiste più, schiacciata da un enorme fardello di rimembranze, e quella macchina apparsa serviva solo per illuminare la ginestra. Così vi sono periodi poco comprensibili, spesso per l'uso ambiguo e gergale dei termini, seguiti talvolta da illuminazioni improvvise che lasciano perplessi. Si tratta infatti di uno scrittore naïf, anche se non privo di una certa esperienza di lettura.

P. 72-73, quando Edoardo in compagnia di Gregorio va a fare erba per le capre, si è introdotti in pieno in un'atmosfera georgica primitiva, come nell'Itaca omerica, nel podere di Odisseo.

P. 75, notare l'espressione ardita e metaforica, quasi barocca :


lichenoso meriggio in cammino verso la sera.


P. 88, bella la scena della madre che aspetta nell'ora vesperale il fantasma del figlio e che pensa di averlo intravisto nella sua stessa immagine allo specchio qualche ora prima, immagine che le richiama la passata giovinezza nella somiglianza di lei col figlio.

P. 88-89, Martine e Laurence dormono insieme (o almeno vivono insieme, a quanto pare). Si allude forse a un rapporto omosessuale ?

P. 96, si chiarisce l'omosessualità di Laurence.

P. 102-106, Laurence è un'avventuriera alla quale non manca nessun vizio. A Nizza, dopo il gioco al casinò di Montecarlo, Gregorio e Laurence passano la notte insieme in un motel. Evidentemente ella è bisessuale. Si chiarisce anche il mistero della morte di Jean-Pierre, suicida per un male incurabile.

P. 109. Come di consueto si aprono spiragli sul mondo contadino, con l'uso dei termini dialettali propri della campagna e con suggestive e rapide immagini, che rispecchiano sempre lo stato d'animo del protagonista.

Cap. 16. L'episodio del giovane soldato francese ucciso durante la seconda guerra mondiale da un tenente italiano, mentre cercava di arrendersi, è davvero intenso e commovente e si collega naturalmente alla morte dell'altro giovane francese, Jean-Pierre.

NB : le descrizioni di natura, rese in uno stile metaforico molto particolare, dove abbonda l'uso del dialetto o anche del francese (oltre al ricorso ai nomi latini della botanica per designare le piante), i brevi dialoghi dove talvolta bisogna indovinare chi parla, tutto insomma questo modus scribendi può dare inizio a una vera e propria “maniera”. Così mi spiego la ragione per cui Sandro Soleri in Corpi estranei fra le altre sue creazioni umoristiche ha inserito una divertente parodia dello stile di Biamonti.




1) Grazia Deledda, Canne al vento, Milano, Garzanti, 1994, da p. 6 a p. 9

2) Op. cit. p. 17

3) Op. cit. p. 4








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