Sotto le ali dell’airone
sogna il rivo d’oro,
tra i giunchi celesti
i volti ridono delle ore;
nella candida casa
assolata e silente,
nel respiro calmo del mare,
agli alti ulivi
sospira il Tempo.
Sotto le ali dell’airone
sogna il rivo d’oro,
tra i giunchi celesti
i volti ridono delle ore;
nella candida casa
assolata e silente,
nel respiro calmo del mare,
agli alti ulivi
sospira il Tempo.
Nel profondo della foresta risuona dei pastori
un flauto lontano,
come un’onda di suoni luminosi pervade
la memoria di ombre,
aleggia il vento, un coro s’avvicina
traspare fra i rami,
sommesso volteggia nel richiamo cauto.
Una nube si specchia
sul mare calmo di mèmori accordi.
La vita è un romanzo triste.
Lontana come un’ombra
mi parlasti nel tramonto stanco.
Non eri più. Nulla per me.
Come sul fondo d’uno stagno
si dilegua il fluire della luce,
così mutavi; il canto si smarriva
nella tua remota dimora.
Pietro Citati, Il Male Assoluto, Milano, Adelphi, 2000
Descrive, ponendo in rilievo le caratteristiche dell’opera letteraria. Ha uno stile unico e originalissimo.
P. 13, il breve saggio su Robinson Crusoe di Defoe ci rivela subito il saggista artista o addirittura poeta, perché Citati trasforma la sua capacità di lettura in un corpo vivente di vita propria. Lo stile è accuratissimo, elegante ed estremamente scorrevole. Un maestro inimitabile.
Nel libro non è presente neppure una nota a piè di pagina, ma questo sarebbe probabilmente di disturbo alla narrazione -descrizione dell’oggetto, che è a sua volta un’opera letteraria come il discorso che la prende in considerazione. Si tratta di una rielaborazione artistica del contenuto di un’altra opera d’arte, ma senza travisamenti né alterazioni, anzi dotata di una perspicacia tanto efficace da raggiungere e superare qualunque metodo di critica “scientifica”. E’ tanto diversa dalla prosa saggistica di un estimatore di Citati come Mario Praz, il cui capolavoro, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, abbonda di note in ogni pagina, ma coglie non meno nel segno e ci svela i nascondigli insospettati dei giardini della letteratura. Praz è un assoluto maestro dell’erudizione universitaria, Citati lo è della libera saggistica.
Da p. 30 segue un riassunto commentato delle Affinità elettive di Goethe. E’ questo il metodo di Citati, rifare l’opera in sintesi aggiungendovi di proprio l’interpretazione personale basata su una sensibilità di raffinato artista.
Se nelle pagine sulla Austen ci presenta un genio del realismo, un modello per tutti i romanzi destinati al pubblico, nel presentarci De Quincey elogia l’uomo di cultura, immerso in un mondo di sentimenti e d’immagini grandiose, degno rappresentante del vero romanticismo (quello inglese e in genere nordico) e maestro venerabile di Baudelaire. Coglie degli scrittori la vena del loro genio, il segreto della loro arte, ma soprattutto della loro vita, in una prosa unica, semplice e insieme quasi barocca, come un degustatore di buoni vini che al primo calice vi sa dire tutti i pregi d’una intera cantina.
A p. 95 sempre a proposito di De Quincey è possibile rendersi conto del titolo dell’opera di Citati, Il Male Assoluto. Esso si riferisce al mondo demoniaco dell’inconscio, che alberga minaccioso nel cuore umano.
A p. 102, ritorna la locuzione “male assoluto”, una sorta di breve “leit motiv”.
Il ritratto di Balzac è seguito da quello molto simile di Dumas, che però fu meno inquieto, anche se più avventuroso. Quest’ultimo viene paragonato per la gioia di vivere, l’esuberanza senza eccessi a Rossini.
Le pagine su Edgar Poe, oltre a descrivere le sue opere, sono volte a sottolineare il suo impulso irresistibile verso il trascendente, la vocazione teosofica, la sfida ai limiti della materia.
Giacinto Spagnoletti scrive che il rischio della saggistica di Citati è la parafrasi, ma è meglio questa allo stravolgimento o all’equivoco. E poi Citati è un creatore, anche se tratta di letteratura, di opere altrui. Egli fonde l’autore nell’opera e l’opera nell’autore e questo è in realtà un compito molto difficile. La sua interpretazione fa rivivere le opere letterarie fondendo nell’opera i sentimenti dello scrittore, con uno stile elegantissimo e suasivo come quando descrive gli effetti dell’eloquenza di Dimmesdale ne La lettera scarlatta di Hawthorne.
A proposito di Manzoni, l’ansia della definizione esatta, del vocabolo scelto e preciso, del periodare perfettamente architettonico, rivela l’orrore dell’incertezza, dell’approssimativo, dell’incompleto, dell’inesatto, del fuggevole pensiero e dell’inafferabile tempo, in parole povere della vita che è tutto questo. E questo appunto spiega la terribile nevrosi che pervase con la sua tortura la psiche del grande lombardo.
P. 177, interessantissime le osservazioni sullo stile architettonico e matematico de I promessi sposi e sulla lingua del romanzo, completamente artificiale, ricalcata sul latino, sul francese secentesco e su un toscano immaginario. L’importanza di Manzoni è veramente qui, egli è stato l’inventore della lingua italiana, il padre della nuova cultura dell’Italia, dopo Dante (il nonno ?).
Le pagine sul genio umoristico di Dickens sviscerano tutte le sfumature della personalità dello scrittore inglese.
Anche le pagine su Dostoevskij intessono le vicende biografiche alla presentazione e al commento delle opere, in maniera da illuminare la fonte dell’ispirazione e a darci ragione del contenuto del messaggio dello scrittore. Dotato di una squisita sensibilità Citati riesce a svelarci i segreti della composizione rivelando la mente di Dostoevskij alla luce della testimonianza dei suoi romanzi come un detective o un attento psicanalista.
P. 250, le riflessioni sulle Memorie del sottosuolo, avvicinano l’atteggiamento intellettuale di Dostoevskij a quello di Nietzsche, particolarmente il temperamento sadomasochistico di entrambi.
P. 261 e sgg. analisi del personaggio di Raskol’nikov (Delitto e castigo).
P. 266, 267, il personaggio di Svidrigajlov è quello di un puro sadico. Il sadismo è alla base dell’ispirazione di Dostoevskij, questo spiega la sua affinità con Nietzsche, altro temperamento sadico.
P. 273, altra affermazione di Citati che illumina sul Dostoevskij come precursore di Nietzsche : per giungere alla dimensione che sta al di là del bene e del male bisogna aver conosciuto la terra del delitto.
Passione del gioco d’azzardo alla base della concezione della vita del pensatore di Pietroburgo come risultato d’una serie di casi indipendenti dalla nostra volontà e frutto di un destino incomprensibile.
P. 289, apprezza tra i romanzi di Dostoevskij soprattutto I demòni (così anche Nietzsche ne La volontà di potenza, dimostrando di aver compreso perfettamente lo scrittore russo).
P. 293, 294, Kirillov nei Demòni rappresenta l’ateo che vuole sostituire se stesso a Dio, realizzando una sorta di superuomo. In questo è evidente l’aggancio per Nietzsche alle sue stesse teorie. Sembra veramente che abbia trovato in Dostoevskij un precursore.
P. 305, “il mondo moderno è il trionfo dell’inautentico” e in questa denuncia accomuna, come consapevoli eroi dell’autentico, Flaubert, Tolstoj, Dostoevskij e Nietzsche. Lo stesso Nietzsche era consapevole della sua affinità con gli scrittori francesi e russi dell’Ottocento (vedi La volontà di potenza).
A proposito di Flaubert è interessante l’osservazione di Citati che lo scrittore francese odia i dialoghi e soprattutto in Mme Bovary si limita a pochissimi.
(P. 321, a proposito di Flaubert cita Roger Kempf).
In Bouvard et Pécuchet Flaubert esplicita la sua visione della realtà e dell’umanità, un mondo di idioti immerso nel caos.
Il ritratto di Lewis Carroll è un vero e proprio racconto della vita e della strana natura dell’autore di Alice nel paese delle meraviglie. Citati delinea con una sorta di bonomia divertita il caso di questo scrittore maniaco e amante di bambine.
Le pagine su Carlo Collodi ci rivelano la personalità dell’autore di Pinocchio e l’originale genesi della fiaba. Anche qui per ricchezza di informazioni e sensibilità Citati si mostra impareggiabile.
Le pagine su Tolstoj centrano perfettamente la fonte d’ispirazione dell’autore, la profonda riflessione sulla vita e sulla morte che attraversa tutta l’opera dello scrittore russo e che ne fa il romanziere più umano e più “filosofo” dell’Ottocento. Ne La morte di Ivan Il'ič culmina la sua meditazione filosofica in una prospettiva metafisica, che però non si mostra se non di lontano.
P. 367, colpisce, a proposito di Salgari, la definizione della “sublime idiozia” di Sandokan, cioè un personaggio che riassume in sé le aspirazioni mitomaniache al genio romantico e al superomismo byroniano.
Le pagine su Stevenson sono un ritratto suggestivo di un uomo innamorato della vita e afflitto dalla malattia, gioioso e pur consapevole di tutta la desolazione del destino umano. Siamo di fronte forse a un personaggio in cui Nietzsche avrebbe riconosciuto l’incarnazione del suo superuomo ? Certo, senza il tormento del pensatore tedesco, Stevenson sembra abbia accettato la vita e l’abbia pienamente goduta nella consapevolezza della sua tragedia.
Il ritratto di Henry James, unito alla descrizione di alcune opere, è il frutto di una simbiosi tra l’animo di Citati e quello dello scrittore americano, la delicatezza psicologica e la profondità dell’uno si riverbera nell’altro che ce li restituisce come in una eco, in una modulazione suadente.
Le ultime pagine su Freud ci chiariscono la vera natura del grande analista : un sognatore e in parte un illuso, che abbracciò la pseudoscienza dell’epoca ritenendola infallibile e fondò la religione della psicanalisi.
Lou Andreas Salomé, Friedrich Nietzsche, Milano, SE, 2009
(Friedrich Nietzsche in seinen Werken, Wien 1894)
Caratteristica fondamentale della personalità di Nietzsche è la sua totale passività nei confronti del pensiero. Poteva essere filologo soltanto facendosi “greco” e “filosofo” soltanto vivendo la filosofia altrui. Così prima abbiamo in lui il fanatico discepolo di Schopenhauer e il negatore della razionalità, poi il fanatico discepolo di Paul Rée e il negatore dell’irrazionalità nonché l’anacoreta del vero. La sua personalità sin dall’inizio risulta fortemente squilibrata a favore di un atteggiamento intellettuale o di un altro opposto. Solo nell’ultima fase della sua vita cosciente prima della follia raggiunse una posizione propria con la teoria della volontà di potenza, che indubbiamente è frutto esclusivo della sua riflessione e meditazione.
Come giustamente avvertì la Salomé, c’era in lui un’incompletezza di fondo, una sostanziale mancanza di equilibrio. Quali poi siano state le cause della follia, tante sono le supposizioni, ma non vi è nessuna certezza. Certo è che doveva trattarsi di una persona piuttosto eccentrica, e per questo aspetto vale quanto ne riferisce Massimo Fini nel suo Nietzsche, l’apolide dell’esistenza (2014).
La dottrina dello stile, contenuto di una lettera indirizzata alla Salomé (riportata in nota a p. 97), è rivelatrice della vera natura degli scritti di Nietzsche e di Nietzsche stesso. Egli era soprattutto un grande scrittore, un grande poeta. E il suo capolavoro è senza dubbio Così parlò Zarathustra.
Si ponga attenzione all’affermazione della Salomé :
… Nietzsche non padroneggia soltanto il linguaggio, ma si innalza anche al di sopra dei limiti di quel che non può essere espresso in maniera adeguata attraverso di esso, facendo risuonare nella tonalità emotiva quel che altrimenti sarebbe rimasto muto nella parola 1.
Questa dichiarazione è di estrema importanza, perché ci rivela la vera natura dell’operato di Nietzsche, quella di uno scrittore simbolista, di un predecessore di Rilke, di Proust e di Joyce oltre che parente stretto di Dostoevskij.
Dopo l’esperienza di convivenza intellettuale con Paul Rée, Nietzsche perviene all’esigenza di
… fondare da capo la conoscenza sui moti entusiastici del sentimento, della vita affettiva, e subordinarla agli slanci creativi della volontà 2.
Questa interpretazione della Salomé concorda con quella di Giorgio Colli in Apollineo e Dionisiaco 3, che appunto intende il dionisiaco come interiorità dell’animo e addita, secondo la stessa definizione di Nietzsche, Archiloco come esempio di poeta dionisiaco.
La Salomé sonda l’animo di Nietzsche con una perspicacia veramente straordinaria, delineando in modo magistrale i moti dell’animo e l’essenza della personalità del filosofo. Intendendo il superuomo come antitesi ideale e proiezione mistica dell’interiorità di Nietzsche, quello che avrebbe voluto essere ma non era affatto, un mito oggetto del suo culto del quale però non aveva alcuna partecipazione e forse neppure un’idea precisa, mi sembra che sia nel giusto. Ha compreso cioè che Nietzsche aveva bisogno di credere in un essere superiore, e, negando Dio, ha dovuto inevitabilmente adorare una proiezione idealizzata di se stesso, ma anche necessariamente antitetica.
In Al di là del bene e del male l’affermazione, secondo la quale la menzogna è più importante della verità perché spesso conserva la vita e perciò l’artista è al di sopra dello scienziato e della sua ricerca della verità, fa di Nietzsche il caposcuola dell’irrazionalismo e nel campo artistico del decadentismo e del simbolismo in letteratura. La sua sensibilità è affine a quella di Baudelaire e di Rimbaud, oltre che a Dostoevskij naturalmente.
La considerazione dell’uomo civile come uomo della décadence coincide con la concezione di Rousseau dell’uomo civile come animale degenerato. Anche nella biografia dei due filosofi vi sono molti aspetti comuni 4, tra questi la misantropia e la mania deambulatoria.
La citazione :
Tutti gli istinti che non si scaricano all’esterno, si rivolgono all’interno … 5
è un’annotazione psicologica degna di Freud, di cui Nietzsche è in un certo senso il precursore.
La sua dottrina della decadenza è il frutto del sentimento profondo, avvertito di continuo, della propria malattia, … 6
con queste parole la Salomé ha perfettamente indovinato il segreto dell’ispirazione nietzscheana, la sua stessa latente follia, le cui cause possono essere state le più varie, dalle tare ereditarie all’abuso di farmaci a base di oppio, al forzato solipsismo dovuto anche alla semicecità.
La dottrina della volontà di Nietzsche presenta una fusione delle sue concezioni metafisiche precedenti con un determinismo di tipo scientifico 7.
Anche qui la Salomé ha individuato le due matrici essenziali del pensiero del filosofo cioè Schopenhauer e i positivisti (Darwin ad esempio). Le considerazioni seguenti sono il frutto di una interpretazione personale che però si rivela molto perspicace nel delineare con chiarezza le linee di fondo del discorso nietzscheano. Senza dubbio il testo proprio del filosofo non è così chiaro.
La dottrina del superuomo si esemplifica nella figura di Napoleone. Oltre a Taine, citato dalla Salomé, a mio parere bisogna tener presente l’influsso di Dostoevskij in Delitto e castigo (Nietzsche cita I demòni nella Volontà di potenza, paragrafo 334). Si ricordi la tesi di Raskolnikov dell’uomo straordinario, del quale ritiene incarnazioni Licurgo, Solone, Maometto e Napoleone. La tesi del superuomo delinquente, al di là del bene e del male è già tutta nell’opera dello scrittore russo, sicché Nietzsche non sembra aver affermato nulla di così originale.
E’ geniale l’intuizione della Salomé che il fondamento delle concezioni di Nietzsche relative alla storia umana, la sua distinzione tra morale dei signori e morale degli schiavi, è semplicemente psicologico, nasce dalla sua condizione psichica scissa tra la sua natura debole e dolente e la sua aspirazione alla forza e alla liberazione degli istinti, tra una repressione di essi e uno sfogo tracotante di tutti gli impulsi. L’uomo superiore è in un certo senso la proiezione dell’aspirazione di Nietzsche alla liberazione degli istinti, mentre l’uomo inferiore, il décadent, è l’uomo represso dai freni della civiltà e delle convenzioni sociali.
La seguente osservazione è molto interessante e perspicace, per la comprensione della “non filosofia” di Nietzsche, dell’intima contraddittorietà della sua “dottrina” :
… quel che egli sembra combattere fin nei suoi fondamenti, lo assume poi a fondamento delle sue teorie, ma soltanto nelle sue conseguenze e nel suo significato più estremi. Ciò che egli respinge nel modo più risoluto lungo il suo cammino, alla fine lo utilizza per annetterlo alla sua meta finale, al suo scopo. Si può anzi essere certi del fatto che dove Nietzsche si accanisce e disprezza qualche cosa con un astio tutto particolare, là vi è qualcosa che in un modo o nell’altro si nasconde nel profondo, nel cuore della sua filosofia o della sua vita. E questo vale sia per le persone, sia per le teorie 8.
E’ degna di nota l’osservazione secondo la quale l’al di là del bene e del male nella concezione di Nietzsche non sfocia mai nell’al di là del bello e del brutto. La sua concezione estetica prevale sull’etica, anzi la sostituisce.
Il superuomo è possibile e concepibile soltanto come opera d’arte dell’uomo 9.
Di qua l’apprezzamento particolare della prima grande opera dello scrittore tedesco e cioè La nascita della tragedia dallo spirito della musica e del rapporto-opposizione tra il dionisiaco e l’apollineo. Se intendiamo il dionisiaco come l’inumano che costituisce il primo stadio dell’antimorale nietzscheana, ecco che all’apollineo corrisponde la meta del superuomo. E in effetti sulla scena della tragedia apollineo è appunto l’eroe che recita la sua parte, dietro cui si nasconde il mistero della natura dionisiaca. Così, ancora una volta, il superuomo si presenta come una proiezione ideale del proprio sé, che deve essere superato. E tuttavia resta soltanto un’immagine, un’idea, una bella opera d’arte.
L’etica di Nietzsche « assume un carattere in prevalenza estetizzante 10» e si traduce nel suo ideale etico-estetico di Zarathustra, come trasfigurazione e divinizzazione dello stesso Nietzsche. Così parlò Zarathustra è considerato opera essenzialmente esoterica della filosofia mistica di Nietzsche, mentre le altre opere, di più facile comprensione, conterrebbero l’insegnamento essoterico.
La base psicologica del suo pensiero viene individuata nel bisogno di redenzione, nel bisogno di fornire alla sua interiorità dolente e malata un sostegno mistico, un secondo io di natura divina, una proiezione sublimata, appunto Zarathustra.
L’importanza della concezione tragica dell’esistenza, già rivelata nella prima grande opera e cioè La nascita della tragedia, è posta in evidenza dalle opere dell’ultimo Nietzsche, che ha ormai superato la fase illuministica e positivistica di Umano, troppo umano e si è nuovamente avvicinato al suo antico maestro Schopenhauer. La nascita della tragedia però non è più dallo spirito della musica, poiché la fase wagneriana è ormai oltrepassata, ma dallo spirito della vita. Nei misteri dionisiaci la folle ebbrezza degli orgiasti, alimentata dal dolore dell’autolesionismo, si volge a un’esaltazione della forza vitale e della vita stessa. E’ una morte e trasfigurazione di Dioniso stesso che si tramuta in un essere superiore e divino, che però racchiude in nuce sempre la stessa natura dionisiaca. E la tramutazione presuppone il ritorno della vita a se stessa in un ciclo eterno di ritorno di tutte le cose. La vita con i suoi dolori non avrà mai fine, ma l’uomo divenuto superuomo ha finalmente accettato il suo destino e ha compreso di essere un dio.
Il suo tentativo di trovare una dimostrazione inconfutabile e scientifica alla dottrina dell’eterno ritorno fallì completamente, come i suoi progetti di studio rigorosamente scientifico nelle università di Vienna o di Parigi, e Nietzsche si volse allora esclusivamente a esplorare le luci della propria interiorità. Questo fondamento del pensiero di Nietzsche è stato individuato in Apollineo e Dionisiaco da Giorgio Colli, che ha risolto l’ego dionisiaco di Nietzsche, il suo vero Io, nell’interiorità profonda della coscienza, ma già Schopenhauer aveva sottoposto a dura critica l’uomo teoretico estraneo a ogni forma di intuizione e cioè Kant, e nella Critica della filosofia kantiana rivendica la superiorità dell’intelletto sulla ragione e attribuisce grande importanza all’intuizione intellettiva.
Mentre Schopenhauer aveva abbracciato la dottrina induista e buddista della fuga dal mondo in quanto illusione, Nietzsche al contrario con la dottrina dell’eterno ritorno celebra il proprio sì alla vita, al dolore, alla sofferenza, abbracciando con ebbra gioia l’illusione del divenire e nello slancio vitale, nell’affermazione della volontà, della forza vitale si unisce alla totalità del vivente.
Mondo, Dio e Io si fondono in un unico concetto dal quale ora, come da un qualunque tipo di metafisica, di etica o di religione, il singolo individuo può far derivare una norma dell’azione e una venerazione suprema 11.
Identificandosi con la Vita e con il Mondo, il filosofo scopre che la sua mente contenendo in sé l’immagine della realtà è come se la creasse, quindi il suo Io, occhio del mondo (per usare un’espressione di Schopenhauer) diventa Dio stesso, creatore del mondo.
E questo nuovo dio che ci presenta Nietzsche è la figura che egli credeva contenuta già in se stesso come un essere mistico distinta dal singolo povero umano e décadent, cioè Zarathustra. «Zarathustra è quindi il fanciullo e al contempo il Dio di Nietzsche 12» e dalla sua bocca parla la coscienza dell’umanità di tutti i tempi, in quanto egli è l’apice della creazione, il perfetto, il nuovo redentore.
Messo da parte l’esoterismo di Nietzsche, la sua grande affermazione è che l’interiorità del singolo contiene tutto lo sviluppo possibile dell’umanità, tutto il passato continua a vivere dentro di lui nella sua umanità ma anche nella sua animalità, e questa intuizione prepara il cammino a Freud (l’interesse di Nietzsche per l’interpretazione dei sogni ne fa chiaramente un anticipatore di Freud), di cui Nietzsche è indubbiamente il precursore (non solo, ma precorre pure Bergson). La Salomé a questo proposito riporta l’aforisma n. 54 de La gaia scienza, cogliendone l’importanza e manifestando così una propensione alla riflessione sulla psiche umana che ne farà una discepola di Freud. Del resto l’interpretazione in chiave psicologica del pensiero di Nietzsche appare, anche se non sempre con evidenza, un po’ in tutta questa sua opera.
La Salomé in nota a p. 178 ci riferisce poi l’interessantissima lettura che fece Nietzsche forse anche per Zarathustra e cioè il libro di Paul Deussen sulla religione indiana del 1883 (Così parlò Zarathustra è del 1883-1885) opera che contiene due idee fondamentali per Nietzsche e cioè la divinizzazione del filosofo creatore e che egli raccolga in sé la successione di tutti gli eventi in una sorta di coesistenza psichica. Quindi le fonti di Zarathustra dovrebbero essere oggetto di uno studio attento e meticoloso per capire quanto di originale c’è nel pensiero del suo autore e quanto di suggerito.
L’affermazione della Salomé che Così parlò Zarathustra è un poema ed una descrizione trasfigurata della vita del suo autore, è sicuramente esatta, ma c’è anche l’influsso di letture di mistica indiana che Nietzsche probabilmente interpreta a suo modo. Quello che è certo è che non ha dimenticato Schopenhauer.
L’autrice considera la follia di Nietzsche come naturale epilogo della sua filosofia antintellettualistica ed esaltatrice degli istinti primordiali che andrebbe quindi di pari passo con la sua dissoluzione psichica. Può darsi che sia così, ma in questo caso bisognerebbe considerare tutto il pensiero del filosofo o antifilosofo tedesco come un frutto progressivamente marcio e non come conseguenza di libera speculazione intellettuale, ammesso che anche questa non sia che il risultato delle nostre viscere.
Nelle ultime pagine la Salomé apparentemente sembra colma di un senso di pietà e rispetto per il povero Nietzsche, ma in realtà gli rinfaccia di avere battuto moneta falsa, spacciando per proprie in Umano, troppo umano le idee di Paul Rée e in definitiva di avere raggiunto un punto di vista proprio soltanto sulle soglie della follia, con il suo mito del super-Nietzsche, cioè Zarathustra. Insomma la filosofia di Nietzsche cosa mai sarebbe ? Il risultato delle sue contraddizioni, della sua passività di fronte a Wagner, a Rée, alla stessa Lou probabilmente, e alla fine il delirio di un pazzo.
Cicerone nelle Tusculanae disputationes, IV, 18, afferma : «… quae crescentia perniciosa sunt, eadem sunt vitiosa nascentia» e quindi un po’ di follia alla partenza gliela dobbiamo concedere al buon Nietzsche ! Ciò non toglie che il suo pensiero sia comprensibile o condivisibile sino in fondo. Anche Maupassant divenne pazzo come anche Van Gogh, eppure la follia non ha mai messo in discussione il loro valore.
Nel saggio posposto al testo della Salomé, Domenico Fazio sottolinea l’importanza che ebbe per la conoscenza della personalità di Nietzsche il soggiorno a Tautenburg. Qui la Salomé ebbe la possibilità, come probabilmente nessun altro, di condurre lunghe discussioni durante le passeggiate nella foresta e così di conoscere a fondo il pensiero di Nietzsche e soprattutto il suo carattere, che indovinò perfettamente nel descriverlo come essenzialmente religioso ed eroico e intuendone anche i lati più oscuri e psicologicamente labili nella insincerità con se stesso. Nietzsche in parole povere tendeva a negare la propria natura umana in nome di ideali eroici. Ma forse gli istinti ripudiati non lo avrebbero poi fatto a pezzi come fecero di Penteo le baccanti ?
L’intuito della Salomé era rafforzato e reso ancora più acuto con ogni probabilità dall’amore o meglio da un affetto profondo. Si dice che fra le tante relazioni che ebbe la Andreas-Salomé quella vera non fu neppure con suo marito (Andreas appunto) ma con il dottor Pineles 13, che fu l’unico dal quale ebbe un figlio, subito perduto. Ma probabilmente prima di Rilke il grande amore inconfessato fu per Nietzsche, come testimonia la poesia scritta per lui e da lui musicata, la Preghiera alla vita, pubblicata con il titolo di Inno alla vita.
Il valore della testimonianza della von Salomé è dato dal fatto che del libro su Nietzsche fu a conoscenza Nietzsche stesso, perché ella gli lesse e discusse con lui un abbozzo della prima parte dell’opera e alcune sezioni della seconda.
Ma questa testimonianza, che riferisce anche della confidenza fatta all’autrice dal filosofo stesso che le avrebbe rivelato la malattia mortale del padre e il sospetto di averla ereditata, viene confutata aspramente dalla sorella di Nietzsche, Elisabeth, la quale nella sua biografia del filosofo, per stornare l’ombra di tare ereditarie che avrebbero secondo lei danneggiato la fama del fratello, afferma che la malattia del padre fu dovuta a una brutta caduta che avrebbe provocato una commozione cerebrale.
Nella sua biografia del fratello la Förster-Nietzsche condanna decisamente, accusandola di totale falsità, quest’opera della Lou Salomé, ma in verità non si può negare che essa rappresenti ancora oggi una valida testimonianza della personalità del filosofo e costituisca un utilissimo contributo alla comprensione del suo messaggio agli uomini.
In ogni caso sulla base delle testimonianze tramandateci non è possibile chiarire definitivamente il dilemma. Nietzsche divenne pazzo da savio che era prima o fu invece sempre folle ? Forse però è un falso problema. Noi leggiamo quanto ha scritto (o si presume abbia scritto) e lo apprezziamo, perché riconosciamo valore e talvolta verità in ciò che leggiamo. E le parole hanno un senso, almeno in se stesse.
1Op. cit. p. 98.
2Ivi, p. 103.
3G. Colli, Apollineo e Dionisiaco, Milano, Adelphi, 2012, pp. 93-111.
4Cfr. J-J. Rousseau, Le confessioni, Milano, Garzanti, 1994
5Op. cit. p. 131.
6Ivi, p. 134.
7Ivi, p. 135.
8Ivi, p. 153.
9Ivi, p. 155.
10Ivi, p. 157.
11Ivi, p. 170.
12Ivi, p. 173.
13Cfr. Emanuela Riverso, L’Aquila e il Camaleonte, vita e scrittura di Lou Andreas-Salomé e Anaïs Nin, Castrolibero, Talos, 2018, p. 46.