giovedì 13 giugno 2024

Pietro Citati, Il Male Assoluto

 


Pietro Citati, Il Male Assoluto, Milano, Adelphi, 2000


Descrive, ponendo in rilievo le caratteristiche dell’opera letteraria. Ha uno stile unico e originalissimo.

P. 13, il breve saggio su Robinson Crusoe di Defoe ci rivela subito il saggista artista o addirittura poeta, perché Citati trasforma la sua capacità di lettura in un corpo vivente di vita propria. Lo stile è accuratissimo, elegante ed estremamente scorrevole. Un maestro inimitabile.

Nel libro non è presente neppure una nota a piè di pagina, ma questo sarebbe probabilmente di disturbo alla narrazione -descrizione dell’oggetto, che è a sua volta un’opera letteraria come il discorso che la prende in considerazione. Si tratta di una rielaborazione artistica del contenuto di un’altra opera d’arte, ma senza travisamenti né alterazioni, anzi dotata di una perspicacia tanto efficace da raggiungere e superare qualunque metodo di critica “scientifica”. E’ tanto diversa dalla prosa saggistica di un estimatore di Citati come Mario Praz, il cui capolavoro, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, abbonda di note in ogni pagina, ma coglie non meno nel segno e ci svela i nascondigli insospettati dei giardini della letteratura. Praz è un assoluto maestro dell’erudizione universitaria, Citati lo è della libera saggistica.

Da p. 30 segue un riassunto commentato delle Affinità elettive di Goethe. E’ questo il metodo di Citati, rifare l’opera in sintesi aggiungendovi di proprio l’interpretazione personale basata su una sensibilità di raffinato artista.

Se nelle pagine sulla Austen ci presenta un genio del realismo, un modello per tutti i romanzi destinati al pubblico, nel presentarci De Quincey elogia l’uomo di cultura, immerso in un mondo di sentimenti e d’immagini grandiose, degno rappresentante del vero romanticismo (quello inglese e in genere nordico) e maestro venerabile di Baudelaire. Coglie degli scrittori la vena del loro genio, il segreto della loro arte, ma soprattutto della loro vita, in una prosa unica, semplice e insieme quasi barocca, come un degustatore di buoni vini che al primo calice vi sa dire tutti i pregi d’una intera cantina.

A p. 95 sempre a proposito di De Quincey è possibile rendersi conto del titolo dell’opera di Citati, Il Male Assoluto. Esso si riferisce al mondo demoniaco dell’inconscio, che alberga minaccioso nel cuore umano.

A p. 102, ritorna la locuzione “male assoluto”, una sorta di breve “leit motiv”.

Il ritratto di Balzac è seguito da quello molto simile di Dumas, che però fu meno inquieto, anche se più avventuroso. Quest’ultimo viene paragonato per la gioia di vivere, l’esuberanza senza eccessi a Rossini.

Le pagine su Edgar Poe, oltre a descrivere le sue opere, sono volte a sottolineare il suo impulso irresistibile verso il trascendente, la vocazione teosofica, la sfida ai limiti della materia.

Giacinto Spagnoletti scrive che il rischio della saggistica di Citati è la parafrasi, ma è meglio questa allo stravolgimento o all’equivoco. E poi Citati è un creatore, anche se tratta di letteratura, di opere altrui. Egli fonde l’autore nell’opera e l’opera nell’autore e questo è in realtà un compito molto difficile. La sua interpretazione fa rivivere le opere letterarie fondendo nell’opera i sentimenti dello scrittore, con uno stile elegantissimo e suasivo come quando descrive gli effetti dell’eloquenza di Dimmesdale ne La lettera scarlatta di Hawthorne.

A proposito di Manzoni, l’ansia della definizione esatta, del vocabolo scelto e preciso, del periodare perfettamente architettonico, rivela l’orrore dell’incertezza, dell’approssimativo, dell’incompleto, dell’inesatto, del fuggevole pensiero e dell’inafferabile tempo, in parole povere della vita che è tutto questo. E questo appunto spiega la terribile nevrosi che pervase con la sua tortura la psiche del grande lombardo.

P. 177, interessantissime le osservazioni sullo stile architettonico e matematico de I promessi sposi e sulla lingua del romanzo, completamente artificiale, ricalcata sul latino, sul francese secentesco e su un toscano immaginario. L’importanza di Manzoni è veramente qui, egli è stato l’inventore della lingua italiana, il padre della nuova cultura dell’Italia, dopo Dante (il nonno ?).

Le pagine sul genio umoristico di Dickens sviscerano tutte le sfumature della personalità dello scrittore inglese.

Anche le pagine su Dostoevskij intessono le vicende biografiche alla presentazione e al commento delle opere, in maniera da illuminare la fonte dell’ispirazione e a darci ragione del contenuto del messaggio dello scrittore. Dotato di una squisita sensibilità Citati riesce a svelarci i segreti della composizione rivelando la mente di Dostoevskij alla luce della testimonianza dei suoi romanzi come un detective o un attento psicanalista.

P. 250, le riflessioni sulle Memorie del sottosuolo, avvicinano l’atteggiamento intellettuale di Dostoevskij a quello di Nietzsche, particolarmente il temperamento sadomasochistico di entrambi.

P. 261 e sgg. analisi del personaggio di Raskol’nikov (Delitto e castigo).

P. 266, 267, il personaggio di Svidrigajlov è quello di un puro sadico. Il sadismo è alla base dell’ispirazione di Dostoevskij, questo spiega la sua affinità con Nietzsche, altro temperamento sadico.

P. 273, altra affermazione di Citati che illumina sul Dostoevskij come precursore di Nietzsche : per giungere alla dimensione che sta al di là del bene e del male bisogna aver conosciuto la terra del delitto.

Passione del gioco d’azzardo alla base della concezione della vita del pensatore di Pietroburgo come risultato d’una serie di casi indipendenti dalla nostra volontà e frutto di un destino incomprensibile.

P. 289, apprezza tra i romanzi di Dostoevskij soprattutto I demòni (così anche Nietzsche ne La volontà di potenza, dimostrando di aver compreso perfettamente lo scrittore russo).

P. 293, 294, Kirillov nei Demòni rappresenta l’ateo che vuole sostituire se stesso a Dio, realizzando una sorta di superuomo. In questo è evidente l’aggancio per Nietzsche alle sue stesse teorie. Sembra veramente che abbia trovato in Dostoevskij un precursore.

P. 305, “il mondo moderno è il trionfo dell’inautentico” e in questa denuncia accomuna, come consapevoli eroi dell’autentico, Flaubert, Tolstoj, Dostoevskij e Nietzsche. Lo stesso Nietzsche era consapevole della sua affinità con gli scrittori francesi e russi dell’Ottocento (vedi La volontà di potenza).

A proposito di Flaubert è interessante l’osservazione di Citati che lo scrittore francese odia i dialoghi e soprattutto in Mme Bovary si limita a pochissimi.

(P. 321, a proposito di Flaubert cita Roger Kempf).

In Bouvard et Pécuchet Flaubert esplicita la sua visione della realtà e dell’umanità, un mondo di idioti immerso nel caos.

Il ritratto di Lewis Carroll è un vero e proprio racconto della vita e della strana natura dell’autore di Alice nel paese delle meraviglie. Citati delinea con una sorta di bonomia divertita il caso di questo scrittore maniaco e amante di bambine.

Le pagine su Carlo Collodi ci rivelano la personalità dell’autore di Pinocchio e l’originale genesi della fiaba. Anche qui per ricchezza di informazioni e sensibilità Citati si mostra impareggiabile.

Le pagine su Tolstoj centrano perfettamente la fonte d’ispirazione dell’autore, la profonda riflessione sulla vita e sulla morte che attraversa tutta l’opera dello scrittore russo e che ne fa il romanziere più umano e più “filosofo” dell’Ottocento. Ne La morte di Ivan Il'ič culmina la sua meditazione filosofica in una prospettiva metafisica, che però non si mostra se non di lontano.

P. 367, colpisce, a proposito di Salgari, la definizione della “sublime idiozia” di Sandokan, cioè un personaggio che riassume in sé le aspirazioni mitomaniache al genio romantico e al superomismo byroniano.

Le pagine su Stevenson sono un ritratto suggestivo di un uomo innamorato della vita e afflitto dalla malattia, gioioso e pur consapevole di tutta la desolazione del destino umano. Siamo di fronte forse a un personaggio in cui Nietzsche avrebbe riconosciuto l’incarnazione del suo superuomo ? Certo, senza il tormento del pensatore tedesco, Stevenson sembra abbia accettato la vita e l’abbia pienamente goduta nella consapevolezza della sua tragedia.

Il ritratto di Henry James, unito alla descrizione di alcune opere, è il frutto di una simbiosi tra l’animo di Citati e quello dello scrittore americano, la delicatezza psicologica e la profondità dell’uno si riverbera nell’altro che ce li restituisce come in una eco, in una modulazione suadente.

Le ultime pagine su Freud ci chiariscono la vera natura del grande analista : un sognatore e in parte un illuso, che abbracciò la pseudoscienza dell’epoca ritenendola infallibile e fondò la religione della psicanalisi.


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