giovedì 1 novembre 2012

Una voce fra gli alberi





O voi, interminabili spiriti,
che abitate il suolo della terra,
o voi, che innalzate il capo
svettante sopra le più alte vette,
o voi, che fremete ai palpiti della primavera,
che sopportate solenni il bianco greve
peso dell’inverno, ascoltate !
Quanti venti selvaggi e fredde notti
e bufere e folgori impietose
sopportammo, né cedemmo, fermi, saldi
sulla roccia, a sfida. E poi
le gioie di calde estati e le gazzarre
di mille esseri fugaci e canori
ospitammo; gioie che non sanno
gli uomini. Ora che il sole ci arride
in questo splendido tramonto, ora
è giunto il tempo. Non vacillate, fratelli !
Per più superba razza, da lungo tempo
predetta, per più superbo sguardo ardente
di vita immortale, noi abdichiamo,
noi ci poniamo, con dignità, al loro servizio.
Gioite, fratelli, poi che gli dei
risorgono e abbattono
le rocche e i neri covi degli empi,
poi che l’iniqua ricchezza svanisce
d’una progenie esausta, infima,
avversa alla Vita, odiosa a se stessa.
Muoiono coloro che osarono calpestare
le sacre immagini degli dei, muoiono
i freddi artefici del loro destino,
gli stolti, abbattuti insieme ai loro idoli
e alle parole colme di menzogne.
E’ nato l’Uomo non nelle terre dell’Asia
né in templi occulti, ma sotto il sole,
sotto gli occhi di tutti è nato.
Ed ora alza il suo sguardo sopra noi
come un inno di gloria e di gioia !
E cede e s’affatica sotto il carico dei dolori,
ma a noi rivolge lo sguardo ardente,
a noi che siamo i padri di tutte le stirpi.
Ed ara i campi nella vampa del meriggio
e suda e geme, ma la bocca sua
canta la gioia e le montagne
echeggiano del suo canto, poi che canta
la gioia, e i boschi ancora sono pieni
degli dei !
E la sua vita ha per compagno
l’alito degli avi e la sua bocca
si nutre del sangue della terra e beve
a fonti pure.
Gioite fratelli, poi ch’egli
dormirà presso le nostre ombre e fiori
cresceranno a primavera sopra le tombe.

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