Dandysmo, estetismo e “femme fatale” nella rievocazione
nostalgica dell’antichità a proposito del Tizio Caio Sempronio ( 1877 )
di Anton Giulio Barrili.
( Parte prima )
Siamo al tempo della repubblica romana, all’epoca di Giulio
Cesare e Cicerone. Il cavaliere Tizio Caio Sempronio s’innamora della
bellissima Clodia, già amata dal poeta Catullo, e, nonostante il suo patrimonio
sia molto diminuito a causa delle continue spese, per lei sborsa somme ingenti
nell’acquisto di gioielli, vesti, cocchi, ville. Ma l’usuraio, cui è costretto
a ricorrere per mantenere un tenore di vita così dispendioso, è, a sua volta,
innamorato di Clodia. Costui, il rozzo banchiere Cepione, perciò provoca con
ogni mezzo la rovina finanziaria di Sempronio. La bellissima dama abbandona
Tizio Caio alla notizia del fallimento e passa dalla parte di Cepione. Ma il
bel cavaliere trova l’appoggio morale ed economico di un’altra nobildonna e si
sottrae alla condanna per debiti (1).
Tizio Caio Sempronio è un giovane spensierato e ricco, un
dongiovanni di buon cuore, prodigo e generoso con gli amici, cortese e amabile
con le dame. La sua psicologia è tutta qui. Anche quando sarà in cattive acque
la spensieratezza non verrà meno, l’elegantone non farà una piega e manterrà il
suo atteggiamento di “nonchalant”. E’ il gentiluomo ideale che, naturalmente,
non esiste nella realtà. Ecco il suo ritratto :
“ Tizio Caio Sempronio era un gentil cavaliere, e bello, per
giunta, come un dio di fabbrica ellèna. Si diceva che sua madre lo avesse
concepito dopo essersi fortemente commossa alla veduta di una statua di Scopa.
Aveva i capegli biondi e riccioluti, diritto il naso, breve il labbro
superiore, il mento rotondo, l’orecchio piccolissimo; insomma, tutte le
bellezze d’Apollo. “ (2)
E in seguito l’autore scrive :
“ E’ bello di una lieta ed altera bellezza … L’uomo ha da essere
ardito. Vedetelo, con quella fronte alta e quel suo sguardo sfavillante. “ (3)
In questo profilo si avverte un estetismo di origine
neoclassica. Una bellezza statuaria, apollinea, che risente della vaga
sensualità del Canova e mantiene qualcosa di molle e di sensuoso, proprio della
raffinata e delicata civiltà del Settecento.
Anche Winckelmann, del resto, nelle descrizioni dell’Apollo
del Belvedere e dell’Antinoo del Belvedere tradiva una disposizione d’animo
sensuale nell’apprezzamento dell’opera d’arte e nella concezione del Bello (4).
Barrili rileva anche un’altra particolarità della bellezza
del personaggio : “ l’orecchio piccolissimo “, quasi a suggello o a tocco
finale d’una bella erma marmorea. Caratteristica questa ch’era stata anche di
Byron, i cui nobili natali erano stati riconosciuti dal pascià di Giànina, Alì,
signore d’Albania, proprio dalla piccolezza delle orecchie, oltre che dai
capelli ricci e dalla bianchezza delle mani (5).
La gentilezza e la grazia del Bello neoclassico si possono ad
esempio avvertire nei versi seguenti della Musogonia ( 1797 ) di
Vincenzo Monti, che paiono accordarsi perfettamente al ritratto dell’apollineo
Tizio Caio, laddove Mnemosine s’innamora di Giove trasformato in pastorello :
“ Loda il volto gentil, le rubiconde
Floride guance e il ben tornito collo;
Loda le braccia vigorose e tonde,
E l’omero che degno era d’Apollo;
Bel sorriso, bel guardo, e vereconde
Care parole, e tutto alfin lodollo. “
( XXI ottava )
Del resto Tizio Caio non è altro che una maschera. Sotto la
toga s’agita un contemporaneo di Barrili, un gentiluomo borghese dotato di
velleità cavalleresche. Nella Roma di fine secolo ( quindi pochi anni dopo )
furoreggiava il tableau vivant, il nuovo gioco di società in cui ci si
divertiva a travestirsi secondo un modello d’arte, un quadro celebre, una
foggia antica (6). Evidentemente l’immaginario collettivo privilegiava la
rievocazione e la riesumazione storica, nessuna meraviglia dunque se si
riscontrano nel personaggio dello scrittore savonese evidenti anacronismi di
carattere soprattutto psicologico.
L’estetismo d’origine neoclassica s’accorda con la
sensibilità propria dell’epoca in cui visse Barrili. Nella novella Senso
( 1883 ) di Camillo Boito ecco il ritratto del dongiovanni Remigio :
“ … un misto di Adone e di Alcide. Bianco e roseo, con i
capelli biondi ricciuti, il mento privo di barba, le orecchie tanto minute che
sembravano quelle di una fanciulla, gli occhi grandi e inquieti di colore
celeste : in tutto il volto una espressione ora dolce, ora violenta, ma di una
violenza o dolcezza mitigata dai segni di un’ironia continua, quasi crudele. “
(7)
Il dongiovanni del tempo ha in genere sembianze apollinee. Anche
nel racconto di Barbey d’Aurevilly “ Le plus bel amour de Don Juan “ de Les
diaboliques ( 1874 ) si legge, a proposito del conte Ravila de
Ravilès :
“ C’était la
vraie beauté – la vraie beauté insolente, joyeuse, impériale, juanesque
enfin ; le mot dit tout … “ (8)
Si può notare che le caratteristiche fisiche del personaggio
sono in tutto fedeli al modello che era servito a Barrili : un esemplare di
bellezza neoclassica dotato di un fascino byroniano.
Al medesimo canone estetico risponde la figura del
bellissimo dandy Lucien de Rubempré, che compare in Splendeurs et misères
des courtisanes ( 1847 ) di Balzac. Il personaggio dello scrittore francese fu idoleggiato da Oscar Wilde che appunto nel 1890
diede vita a Dorian Gray. E la fisionomia del dandy di fine secolo non è
davvero molto diversa dall’Antinoo vagheggiato da Winckelmann (9) :
“ Yes, he
was certainly wonderfully handsome, with his finely-curved scarlet lips, his
frank blue eyes, his crisp gold hair. There was something in his face that made
one trust him at once. All the candour of youth was there, as well as all
youth’s passionate purity. “ ( cap. II, 30 )
Per quanto riguarda l’indole di questi personaggi è chiaro
che il capostipite è il Don Giovanni definitivamente celebrato da Mozart. “ Tout le plaisir de l’amour est dans le
changement “, questo è il suo motto (10). E non sembra smentirlo Tizio
Caio Sempronio, il cui destino pare avvicinarsi a quello d’un altro amante di
Clodia, realmente esistito però, il volubile Celio (11). Né si allontana dal
motto amorale il Tullio Hermil de L’innocente ( 1892 ) di Gabriele
D’Annunzio. Tullio è il tipico dongiovanni intellettuale e Giuliana, la moglie,
è un’Elvira che soffre in silenzio ( anche se ricambia l’infedeltà del marito
con il suo adulterio ). A un certo punto il protagonista pensa :
“ Io credevo che per me potesse tradursi in realtà il sogno
di tutti gli uomini intellettuali : - essere costantemente infedele a una donna
costantemente fedele. “ (12)
Tizio Caio Sempronio però non attira su di sé la colpa della
propria incostanza, lo salva la bellezza, la galanteria, e soprattutto il fatto
di amare una “vamp” molto più volubile di lui. Al caso suo si addice il verso
virgiliano
“ gratior et pulchro veniens in corpore virtus. “
( Eneide, V, 344 )
Il “ cattivo “ Cepione ha invece un aspetto ributtante e
grottesco.
Mentre il malvagio Zerduste (13) in Semiramide ( 1873
) appariva dotato di caratteristiche esteriori “ sataniche “, proprie del “ bel
tenebroso “, Cepione è simile a un dèmone di basso rango, a un sileno o a un
satiro :
“ Era egli … una montagna di carne. Aveva piccina la testa e
grossolane le fattezze. La barba, rasa sulle guancie, gli girava a mo’ di
collare intorno alle mascelle, nascondendo la pappagorgia che gli pendeva sotto
il mento. Postumio Floro diceva di quella barba : - è la forca che tu meriti, o
Cepione, segnata anticipatamente intorno al tuo collo. – Il nobilissimo uomo
entrò sotto l’atrio con passo risoluto, ma barellando un pochino per cagione di
quel buzzo che doveva portare con sé, e dondolando sotto alla risvolta della
toga il braccio corto e massiccio. Gli occhi piccini e luccicanti, le gote
rubiconde come i rosolacci, le labbra tumide e per giunta allungate da un certo
suo vezzo tra l’orgoglioso e il beffardo, finalmente quella pappagorgia che vi
ho detto più su, davano al nostro Cepione una certa rassomiglianza con un
tacchino. S’intende che nella mente sua egli si teneva per un gallo. “ (14)
La figura è, senza dubbio, ben costruita, viva nella nostra
immaginazione. Barrili, come riesce bene nel ritratto, così dà buon saggio
della sua abilità anche nelle caricature.
Note
(1) Come la gioventù dorata del tempo, dunque, anche il
personaggio di Barrili è preda dei creditori. Un carme di Catullo ( carm. 26 )
pone in evidenza questa triste realtà :
“ Furi, villula
nostra non ad Austri
flatus opposita est neque ad Favoni
nec saevi Boreae aut Apheliotae,
verum ad milia quindecim et duecentos.
O ventum horribilem atque pestilentem ! “
(2) A. G. Barrili, Tizio Caio Sempronio, Milano,
Treves, 1879, pag. 2.
(3) Op. cit. pag. 174.
(4) A tal proposito si tenga presente la parentela
letteraria che lega Walter Pater a Winckelmann, dovuta ovviamente a una simile
disposizione d’animo. Cfr. Mario Praz, La carne, la morte e il diavolo nella
letteratura romantica, Firenze, Sansoni, 1976; pag. 267.
(5) A. Maurois, Don Giovanni o la vita di Byron,
Milano, Dall’Oglio, 1953; pag. 113.
(6) Cfr. Album D’Annunzio, Milano, Mondadori, 1990;
pagg. XVI-XVII.
(7) Camillo Boito, in Narratori settentrionali
dell’Ottocento, Torino, UTET, 1970; pag. 739.
(8) J. Barbey
D’Aurevilly, Les diaboliques, Paris, Garnier-Flammarion, 1967; pag. 100.
(9) “ Certo, era meravigliosamente bello, con quelle sue
labbra scarlatte dalla curva delicata, quei suoi occhi azzurri pieni di
franchezza, quei suoi capelli d’oro ondulati. Nel suo volto c’era qualche cosa
che ispirava fiducia a prima vista. Si sentiva che si era conservato immune
dalle sozzure del mondo. “ ( Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray,
Milano, Club degli Editori, 1963; pag. 19 ).
(10) Cfr. Giovanni Macchia, Vita avventure e morte di Don
Giovanni, Milano, Adelphi, 1991; pag. 45.
(11) Cfr. Gaston
Boissier, Cicéron et ses amis, Paris, Librairie Hachette, s. d. ;
pag. 167 e segg.
(12) G. D’Annunzio, L’innocente, Milano, Mondadori,
1991; pag. 88.
(13) Cfr. Maurizio Pallavicini, Letteratura
erotico-esotica nella Semiramide di A. G. Barrili, LA RASSEGNA DELLA
LETTERATURA ITALIANA, Serie VIII - N.
1-2 – Gennaio-Agosto 1992; pagg. 118-120.
(14) Op. cit. , pag. 135.
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