Soren Kierkegaard
Sul concetto di ironia in riferimento costante a Socrate
( 1841 )
Milano,
BUR, 1995
P.
63, sullo sprofondare in se stesso di Socrate : “ ecco, con questo
sguardo fisso davanti a sé, cui tanto spesso s'abbandonava, potrebbe
fornire un'immagine plastica della sintesi astratta di comico e
tragico, di cui può essere qui questione. Lo sguardo fisso può
appunto denotare, o lo sprofondare speculativo ( questa sarebbe
piuttosto la postura platonica ), o quel che diciamo il non pensare a
niente, nel momento in cui il “niente” ti si fa quasi visibile.
Una sintesi superiore di tal fatta Socrate poteva fornirla certo, ma
è la sintesi astratta e negativa nel nulla. “
P.
88-89, nel momento in cui Kierkegaard fa di Socrate un nichilista
conferisce piena validità alle argomentazioni di Nietzsche nella
Nascita della tragedia
: “ La filosofia platonica vuole che l'uomo muoia alla conoscenza
sensibile per dissolversi attraverso la morte nel regno
dell'immortalità, dove l'eguale in sé e per sé, il bello in sé e
per sé ecc. vivono in un silenzio di tomba. Con forza ancor maggiore
ciò viene espresso nelle parole di Socrate, che il desiderio del
filosofo è di morire ed esser morto. Ma un desiderio simile della
morte in sé e per sé non può essere fondato sull'entusiasmo, se si
vuole davvero rispettare questa parola, e non riferirla ad es. alla
frenesia con cui talvolta si vede l'uomo aspirare
all'autoannientamento, probabilmente fondata su una specie di tedio
della vita. Sin quando non si può dire di veder chiaro in tale
aspirazione, può esserci ancora l'entusiasmo, ma quando essa ha il
suo fondamento in una certa inerzia, oppure il soggetto è
consapevole di ciò cui aspira, allora a predominare è il tedio
della vita. “
P.
132, il dèmone di Socrate, il dèmone “mostruoso” dell'ironia :
“ … qual dèmone mostruoso abiti nei vuoti luoghi ed aridi
dell'ironia. … per uno come Platone dev'essere stato sempre molto
difficile capire del tutto Socrate … davvero non si può cercare in
Platone una mera restituzione di Socrate. “
P.
138, Aristofane porta in scena nelle Nuvole
il Socrate reale : “ Per prima cosa è importante convincersi che
quello portato in scena da Aristofane è il Socrate reale. “
P.
179, aspetti negativi dell'operato di Socrate ( in questo Kierkegaard
sembra andare d'accordo con Nietzsche ) : “ E quando col singolo
aveva concluso, allora per un attimo si placava la fiamma divorante
dell'invidia ( nell'accezione metafisica del termine ), per un attimo
allora l'entusiasmo distruttivo della negatività era appagato, e
così Socrate assaporava appieno la gioia del'ironia, godendone
doppiamente, poiché sentiva d'avere agito per il dio, col suo
avallo. … La negatività sottesa alla sua ignoranza per lui non era
un risultato, non un punto d'avvio per una speculazione più profonda
… Questa ignoranza era la vittoria eterna sull'apparenza, che
nessun fenomeno singolo né la somma di tutti i fenomeni poteva
strappargli, ma in virtù della quale ad ogni istante vinceva
sull'apparenza. … Se dunque Socrate poté trovar pace in
quell'ignoranza, è perché non lo muoveva un bisogno speculativo più
profondo. “
P.
215, Socrate distrugge la classicità, vedi Nietzsche, La
nascita della tragedia : “
Ma l'ironia a sua volta è il gladio, la spada a doppia lama che
Socrate fece roteare, qual angelo di morte, sopra la Grecia. L'ha
colto ironicamente bene egli stesso nell'Apologia,
dove dice d'essere come un dono degli dèi, e specifica : un tafano
indispensabile a quel grande e nobile, ma tardo destriero che era lo
stato greco. … In lui si conclude uno sviluppo e con lui ne inizia
uno nuovo. E' l'ultima figura classica, ma consuma questa sua
sorgiva, naturale pienezza nella missione divina con cui distrugge la
classicità. “
P.
233, l'opera di Kierkegaard si rivela sempre più un'interpretazione
del socratismo alla luce dell'hegelismo.
P.
273, Socrate il nihilista, in questo la tesi di Kierkegaard combacia
con quella del Nietzsche : “ … per lui l'intera vita sostanziale
della grecità aveva perduto il suo valore, vale a dire dunque che la
realtà sussistente era per lui irreale, e non per questo o quel
singolo verso, ma nella sua totalità intera in quanto tale; nel
rapportarsi a questa realtà senza valore, lasciò sussistere per
finta il sussistente, e così lo portò a rovina; in tutto ciò
divenne sempre più leggero, sempre più libero in negativo. Ebbene,
stando a questo vediamo bene che il punto di vista di Socrate, in
quanto negatività infinita e assoluta, fu ironia. ”
P.
285, ricorda sempre il Nietzsche : la volontà di autodeterminazione,
essere il proprio destino : “ L'ironista però ha sempre in serbo
la sua libertà poetica, sicché, quando s'accorge di non diventare
nulla, ci poeta sopra, e, come noto, tra i modi poetici di vita
preconizzati dall'ironia ve n'è uno, anzi il più nobile fra tutti :
diventare puro nulla. “
P.
288, la noia, fondamentale stato d'animo dell'ironista, vedi Leopardi
: “ Noia è l'unica continuità dell'ironista. Noia, quest'eternità
senza contenuto, questa felicità senza piacere, questa profondità
superficiale, questa sazietà affamata. Ma noia è precisamente
l'unità negativa, sussunta in una coscienza personale, in cui le
opposizioni scompaiono. “
NB
vedi Diogene Laerzio, libro II, 32-33 :
Ἔλεγε
δὲ καὶ προσημαίνειν τὸ δαιμόνιον τὰ
μέλλοντα αὐτῷ· τό τε εὖ ἄρχεσθαι
μικρὸν μὲν μὴ εἶναι, παρὰ μικρὸν δέ·
καὶ εἰδέναι μὲν μηδὲν πλὴν αὐτὸ
τοῦτο [εἰδέναι].
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