Edmund Wilson Il
castello di Axel
Milano, SE, 1996
Annotazioni limitate
agli interessi poetici del lettore e riflessioni personali in
aggiunta a quelle di Wilson
P.
33. Considerazioni su Walter Pater : “ Quando Pater afferma che
l'esperienza ci dà “ non la verità dei principi eterni,
riconosciuti una volta per sempre, ma un mondo di delicate sfumature
e di condizioni legate da un filo sottile, intricatamente mutevoli al
nostro continuo mutare “, Pater enuncia un punto di vista
esattamente simile a quello dei simbolisti. “
P.
37. Cosa deve fare il poeta moderno per rimanere poeta : “ Benché
oggi più che mai si pubblichino e si leggano le opere di poesia,
sembra che il temperamento autenticamente e naturalmente poetico sia
divenuto una rarità. Forse è vero che la posizione di aristocratica
dignità, caratteristica del poeta del passato, sta diventando sempre
più incompatibile con la nostra moderna società democratica, in
un'epoca in cui il predominio della scienza ha richiamato l'uomo alla
consapevolezza della sua affinità con gli altri animali e della sua
sottomissione alle leggi biologiche e fisiche, piuttosto che alla sua
parentela con gli dei. … Ma il poeta moderno che segua questa
tradizione, e che pure desideri attingere soprattutto dalla vita i
suoi soggetti, deve crearsi una personalità particolare, deve
conservare una condizione di spirito, che gli permetta di escludere
numerosi aspetti del mondo attuale o di rimanere indifferente ad
essi. “
P.
38. La saggezza parla per immagini ( il simbolismo parla per immagini
ricorrendo ad espressioni musicali e unendo quindi pittura e musica
).
P.
66. La poetica di Paul Valéry : la parola poetica non vale per la
sua intelligibilità, ma per lo stato d'animo che suscita, pari a
quello che plasma la musica.
P.
67. Critica più che sensata alla pretesa superiorità e
inaccessibilità ( accesso libero solo agli iniziati ) della poesia
simbolista ed ermetica ( vedi in Italia Luzi e luziani ) : “ Se
Valéry rassomiglia a Descartes, come si compiace, o così pare, di
pensare, allora è impossibile distinguere fra un trattato matematico
o filosofico e una poesia, per simbolista che possa essere. Valéry
qui si rivela, a mio parere, un pensatore tutt'altro che “rigoroso”;
e tradisce per di più, mi pare, il desiderio, difensivo senza dubbio
quanto snobistico, di far credere che l'espressione poetica – che
oggi non serve più alla storia, ai miti e al teatro, e
conseguentemente ha perduto molta della sua popolarità – possieda
una implicita superiorità sulla prosa. Non ha esitato neppure ad
assicurarci in altra occasione che la “ poesia è la più difficile
delle arti “ !
P.
71. La concezione dell'universo in Pascal e A. France profondamente
diversa da quella del moderno Valéry ( noi italiani potremmo dire
dunque che il “pessimismo cosmico” di Leopardi è ingiustificato
). Valéry ritiene infatti che l'uomo non possa più concepire se
stesso come atomo disperso nell'infinito, ma da esso distinto e
separato, bensì come parte indistinta di esso, l'anima dell'uomo, il
suo io, essendo intimamente legata alla realtà esterna, tanto da non
potersene sostanzialmente distinguere o addirittura da poter
affermare che l'universo è una sorta di proiezione di se stessa.
P.
76-77. NB : le peculiarità del verso di Eliot, come in genere del
verso inglese. Questo spiega il fatto della sua naturalezza, mentre
in italiano, a parte pochi casi ( D'Annunzio, Ungaretti, Montale ) il
verso libero sa di traduzione. Indubbiamente a parte l'influsso di
Laforgue, nella poesia di Eliot confluisce tutta quella tradizione
del blank verse che ha in Shakespeare il rappresentante più famoso
e, da non dimenticare, l'alternarsi di verso e prosa e lo
scardinamento dei versi e delle rime tipico dei drammi di
Shakespeare. Vai a pag. 21, dove si legge : “ Il moderno lettore di
lingua inglese troverà ardua un'esatta valutazione dell'influenza di
Poe ( Edgar Allan Poe della cui originalità ha parlato poco prima )
; così come, passando ad analizzare le opere del simbolismo
francese, potrà addirittura stupirsi del fatto che esse abbiano
destato tanta meraviglia ai tempi loro. La composita varietà delle
immagini; la volontaria mescolanza di metafore eterogenee; la
combinazione di passione e di arguzia, di modi grandiosi e prosaici;
l'audace fusione di spirituale e materiale – tutto ciò potrà
sembrargli normale e familiare. Si tratta di procedimenti a lui già
noti attraverso la poesia inglese del Cinquecento e del Seicento –
Shakespeare e gli elisabettiani ne hanno fatto uso senza teorizzarli.
Non è forse questo il linguaggio naturale della poesia ? Non è la
norma rispetto alla quale, nella letteratura inglese, il Settecento
rappresenta un'eresia e alla quale i romantici si sforzarono di
ritornare ? “
E'
la tradizione neolatina, francese e italiana, quella maggiormente
legata alla logica del discorso poetico e al rispetto delle
tradizionali forme metriche ( soprattutto in Italia con il
petrarchismo ) e si capisce dunque come nel continente e soprattutto
all'inizio in Francia il simbolismo abbia rappresentato un'assoluta
novità. Ma bisogna considerare che Mallarmé, grande caposcuola di
esso, era professore d'inglese e indubbiamente la scuola romantica
inglese e Shakespeare devono avere avuto un certo influsso su di lui.
Da notare poi che il cosiddetto verso libero, o meglio in francese
“vers libre”, non è che il verso francese concepito secondo la
metrica inglese e perciò dovrebbe essere ritenuto piuttosto un verso
“irregolare”.
Quanto
al nostro verso libero, in Italia, devo dire ( e qui esprimo il mio
parere ) che i miei connazionali non hanno in realtà nessuna idea di
cosa esso sia, e quando ne scrivono ( e ne scrivono tanti, anzi
tantissimi ) compongono dei pensierini ( non sempre belli ) in prosa
stentata. Quanto ai nostri “ermetici”, sono la brutta copia
immiserita dei maestri d'oltralpe.
P.
90. Opinione assai singolare di Wilson sulla poesia ( tecnica di
comunicazione più primitiva e barbarica della prosa ).
P.
91. Si paragona giustamente il grande romanzo realista di Flaubert (
Madame Bovary ) ai
maggiori poemi dell'epoca classica.
P.
99. Proust, primo narratore influenzato dal simbolismo. Affermazioni
di fondamentale importanza circa la struttura o meglio la natura
della Recherche, si tratta di una vera e propria “ sinfonia
wagneriana “, ossia lo sviluppo narrativo è analogo al complicato
ritorno del leitmotiv e ad una struttura onirico-mnemonica comune
all'opera del musicista.
P.
145. L'Ulisse,
romanzo “simbolista”.
P.
147. “ Relativismo” dello stile di Joyce. Joyce ricorre ai metodi
del simbolismo nella narrazione sovrapponendo alla realtà
circostante la coscienza dei personaggi e deformando il vissuto e la
memoria di esso con la manipolazione inconscia dell'io. Lo scrittore
irlandese raggiunge, con metodi diversi, un relativismo simile a
quello di Proust, anche se l'invadenza del subcosciente è più
evidente.
P.
148. Joyce “sinfonico” : “ E' sempre stata una caratteristica
di Joyce trascurare l'azione, gli elementi propriamente narrativi e
drammatici, ignorare, perfino, l'immediata forza d'urto di un
personaggio rispetto all'altro, quale viene sfruttata dal romanzo
tradizionale, per puntare essenzialmente su una sorta di
ritrattistica psicologica. Vi è in Joyce una possente vitalità, ma
assai poco movimento. Come Proust egli è sinfonico più che
narrativo. I suoi romanzi hanno progressioni e sviluppi musicali
piuttosto che drammatici.”
P.
155. Joyce grande poeta in prosa. La sua è una prosa poetica nel
senso che il mezzo espressivo tradizionale della poesia, cioè il
verso, nel mondo moderno non è più funzionale e il poeta preferisce
ricorrere alla prosa. Ma una prosa tutta particolare, dotata di un
particolare linguaggio, appunto quello del poeta.
P.
181. Walter Pater, Marius the Epicurean,
altro testo fondamentale per il simbolismo ( riguardo all'estetica ).
P.
185. Axel di
Villiers de l'Isle-Adam, precursore di Des Esseintes.
P.
189-90. Vi sono indubbiamente delle affinità tra Rimbaud e Nietzsche
: ( cita probabilmente da “ Una stagione all'inferno “ ) “ Il
poeta si fa veggente con una lunga, intensa e ragionata sregolatezza
di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia:
cerca se stesso, in se stesso fa asciugare tutti i veleni, per non
conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura in cui egli ha
bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, in cui diviene
il malato più grande di tutti, il maggior criminale, il più gran
maledetto – e il supremo Sapiente ! - perché arriva all'ignoto. “
PS.
P.
199. Le considerazioni che Wilson fa sulla via di Axel e quella di
Rimbaud, presentandole come un aut-aut sottoposto anche alla nostra
libera scelta, evidenziano la tipica mentalità americana tutta volta
all'autodeterminazione del proprio futuro, come se la nostra volontà
potesse foggiare liberamente il nostro destino. Il fatto è che
Marcel Proust non poteva che essere Marcel Proust e non Marco Tullio
Cicerone, se l'artista non si inserisce nella vita politica e
sociale, questo non è tanto dovuto a una sua scelta, quanto alle
circostanze e alla sua natura. Si ha un bel dire, ma nessuno può
mutare il proprio carattere se è tanto fortunato da poter mutare
l'ambiente in cui vive.