venerdì 21 aprile 2017

Edmund Wilson, Il castello di Axel

Edmund Wilson Il castello di Axel Milano, SE, 1996



Annotazioni limitate agli interessi poetici del lettore e riflessioni personali in aggiunta a quelle di Wilson


P. 33. Considerazioni su Walter Pater : “ Quando Pater afferma che l'esperienza ci dà “ non la verità dei principi eterni, riconosciuti una volta per sempre, ma un mondo di delicate sfumature e di condizioni legate da un filo sottile, intricatamente mutevoli al nostro continuo mutare “, Pater enuncia un punto di vista esattamente simile a quello dei simbolisti. “
P. 37. Cosa deve fare il poeta moderno per rimanere poeta : “ Benché oggi più che mai si pubblichino e si leggano le opere di poesia, sembra che il temperamento autenticamente e naturalmente poetico sia divenuto una rarità. Forse è vero che la posizione di aristocratica dignità, caratteristica del poeta del passato, sta diventando sempre più incompatibile con la nostra moderna società democratica, in un'epoca in cui il predominio della scienza ha richiamato l'uomo alla consapevolezza della sua affinità con gli altri animali e della sua sottomissione alle leggi biologiche e fisiche, piuttosto che alla sua parentela con gli dei. … Ma il poeta moderno che segua questa tradizione, e che pure desideri attingere soprattutto dalla vita i suoi soggetti, deve crearsi una personalità particolare, deve conservare una condizione di spirito, che gli permetta di escludere numerosi aspetti del mondo attuale o di rimanere indifferente ad essi. “
P. 38. La saggezza parla per immagini ( il simbolismo parla per immagini ricorrendo ad espressioni musicali e unendo quindi pittura e musica ).
P. 66. La poetica di Paul Valéry : la parola poetica non vale per la sua intelligibilità, ma per lo stato d'animo che suscita, pari a quello che plasma la musica.
P. 67. Critica più che sensata alla pretesa superiorità e inaccessibilità ( accesso libero solo agli iniziati ) della poesia simbolista ed ermetica ( vedi in Italia Luzi e luziani ) : “ Se Valéry rassomiglia a Descartes, come si compiace, o così pare, di pensare, allora è impossibile distinguere fra un trattato matematico o filosofico e una poesia, per simbolista che possa essere. Valéry qui si rivela, a mio parere, un pensatore tutt'altro che “rigoroso”; e tradisce per di più, mi pare, il desiderio, difensivo senza dubbio quanto snobistico, di far credere che l'espressione poetica – che oggi non serve più alla storia, ai miti e al teatro, e conseguentemente ha perduto molta della sua popolarità – possieda una implicita superiorità sulla prosa. Non ha esitato neppure ad assicurarci in altra occasione che la “ poesia è la più difficile delle arti “ !
P. 71. La concezione dell'universo in Pascal e A. France profondamente diversa da quella del moderno Valéry ( noi italiani potremmo dire dunque che il “pessimismo cosmico” di Leopardi è ingiustificato ). Valéry ritiene infatti che l'uomo non possa più concepire se stesso come atomo disperso nell'infinito, ma da esso distinto e separato, bensì come parte indistinta di esso, l'anima dell'uomo, il suo io, essendo intimamente legata alla realtà esterna, tanto da non potersene sostanzialmente distinguere o addirittura da poter affermare che l'universo è una sorta di proiezione di se stessa.
P. 76-77. NB : le peculiarità del verso di Eliot, come in genere del verso inglese. Questo spiega il fatto della sua naturalezza, mentre in italiano, a parte pochi casi ( D'Annunzio, Ungaretti, Montale ) il verso libero sa di traduzione. Indubbiamente a parte l'influsso di Laforgue, nella poesia di Eliot confluisce tutta quella tradizione del blank verse che ha in Shakespeare il rappresentante più famoso e, da non dimenticare, l'alternarsi di verso e prosa e lo scardinamento dei versi e delle rime tipico dei drammi di Shakespeare. Vai a pag. 21, dove si legge : “ Il moderno lettore di lingua inglese troverà ardua un'esatta valutazione dell'influenza di Poe ( Edgar Allan Poe della cui originalità ha parlato poco prima ) ; così come, passando ad analizzare le opere del simbolismo francese, potrà addirittura stupirsi del fatto che esse abbiano destato tanta meraviglia ai tempi loro. La composita varietà delle immagini; la volontaria mescolanza di metafore eterogenee; la combinazione di passione e di arguzia, di modi grandiosi e prosaici; l'audace fusione di spirituale e materiale – tutto ciò potrà sembrargli normale e familiare. Si tratta di procedimenti a lui già noti attraverso la poesia inglese del Cinquecento e del Seicento – Shakespeare e gli elisabettiani ne hanno fatto uso senza teorizzarli. Non è forse questo il linguaggio naturale della poesia ? Non è la norma rispetto alla quale, nella letteratura inglese, il Settecento rappresenta un'eresia e alla quale i romantici si sforzarono di ritornare ? “
E' la tradizione neolatina, francese e italiana, quella maggiormente legata alla logica del discorso poetico e al rispetto delle tradizionali forme metriche ( soprattutto in Italia con il petrarchismo ) e si capisce dunque come nel continente e soprattutto all'inizio in Francia il simbolismo abbia rappresentato un'assoluta novità. Ma bisogna considerare che Mallarmé, grande caposcuola di esso, era professore d'inglese e indubbiamente la scuola romantica inglese e Shakespeare devono avere avuto un certo influsso su di lui. Da notare poi che il cosiddetto verso libero, o meglio in francese “vers libre”, non è che il verso francese concepito secondo la metrica inglese e perciò dovrebbe essere ritenuto piuttosto un verso “irregolare”.
Quanto al nostro verso libero, in Italia, devo dire ( e qui esprimo il mio parere ) che i miei connazionali non hanno in realtà nessuna idea di cosa esso sia, e quando ne scrivono ( e ne scrivono tanti, anzi tantissimi ) compongono dei pensierini ( non sempre belli ) in prosa stentata. Quanto ai nostri “ermetici”, sono la brutta copia immiserita dei maestri d'oltralpe.
P. 90. Opinione assai singolare di Wilson sulla poesia ( tecnica di comunicazione più primitiva e barbarica della prosa ).
P. 91. Si paragona giustamente il grande romanzo realista di Flaubert ( Madame Bovary ) ai maggiori poemi dell'epoca classica.
P. 99. Proust, primo narratore influenzato dal simbolismo. Affermazioni di fondamentale importanza circa la struttura o meglio la natura della Recherche, si tratta di una vera e propria “ sinfonia wagneriana “, ossia lo sviluppo narrativo è analogo al complicato ritorno del leitmotiv e ad una struttura onirico-mnemonica comune all'opera del musicista.
P. 145. L'Ulisse, romanzo “simbolista”.
P. 147. “ Relativismo” dello stile di Joyce. Joyce ricorre ai metodi del simbolismo nella narrazione sovrapponendo alla realtà circostante la coscienza dei personaggi e deformando il vissuto e la memoria di esso con la manipolazione inconscia dell'io. Lo scrittore irlandese raggiunge, con metodi diversi, un relativismo simile a quello di Proust, anche se l'invadenza del subcosciente è più evidente.
P. 148. Joyce “sinfonico” : “ E' sempre stata una caratteristica di Joyce trascurare l'azione, gli elementi propriamente narrativi e drammatici, ignorare, perfino, l'immediata forza d'urto di un personaggio rispetto all'altro, quale viene sfruttata dal romanzo tradizionale, per puntare essenzialmente su una sorta di ritrattistica psicologica. Vi è in Joyce una possente vitalità, ma assai poco movimento. Come Proust egli è sinfonico più che narrativo. I suoi romanzi hanno progressioni e sviluppi musicali piuttosto che drammatici.”
P. 155. Joyce grande poeta in prosa. La sua è una prosa poetica nel senso che il mezzo espressivo tradizionale della poesia, cioè il verso, nel mondo moderno non è più funzionale e il poeta preferisce ricorrere alla prosa. Ma una prosa tutta particolare, dotata di un particolare linguaggio, appunto quello del poeta.
P. 181. Walter Pater, Marius the Epicurean, altro testo fondamentale per il simbolismo ( riguardo all'estetica ).
P. 185. Axel di Villiers de l'Isle-Adam, precursore di Des Esseintes.
P. 189-90. Vi sono indubbiamente delle affinità tra Rimbaud e Nietzsche : ( cita probabilmente da “ Una stagione all'inferno “ ) “ Il poeta si fa veggente con una lunga, intensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia: cerca se stesso, in se stesso fa asciugare tutti i veleni, per non conservarne che la quintessenza. Ineffabile tortura in cui egli ha bisogno di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, in cui diviene il malato più grande di tutti, il maggior criminale, il più gran maledetto – e il supremo Sapiente ! - perché arriva all'ignoto. “



PS.
P. 199. Le considerazioni che Wilson fa sulla via di Axel e quella di Rimbaud, presentandole come un aut-aut sottoposto anche alla nostra libera scelta, evidenziano la tipica mentalità americana tutta volta all'autodeterminazione del proprio futuro, come se la nostra volontà potesse foggiare liberamente il nostro destino. Il fatto è che Marcel Proust non poteva che essere Marcel Proust e non Marco Tullio Cicerone, se l'artista non si inserisce nella vita politica e sociale, questo non è tanto dovuto a una sua scelta, quanto alle circostanze e alla sua natura. Si ha un bel dire, ma nessuno può mutare il proprio carattere se è tanto fortunato da poter mutare l'ambiente in cui vive.

Nessun commento:

Posta un commento