domenica 23 dicembre 2018

Walter Benjamin, Liberami dal tempo


Walter Benjamin, Liberami dal tempo e altre poesie, cura e traduzione di Claudia Ciardi, Pistoia, Via del vento, 2011



Sono sonetti dedicati a un uomo, un giovane poeta morto prematuramente nel 1914. Ebbene per lo stile e per la forma queste poesie suggeriscono un nome, che forse potrà sembrare un azzardo o forse introdurre un confronto troppo facile e anacronistico : Shakespeare. In effetti subito a una prima lettura è stata questa l'impressione : questi sonetti assomigliano a quelli di Shakespeare. E non solo perché siano sonetti rivolti a un uomo ma ovviamente per la loro foggia, il loro stile, la loro essenza, il fondo musicale, cangiantesi in metafore e analogie come riverbero marino del mare infinito. In breve, si tratta di poesia simbolista, come del resto la poesia del Nord, da Shakespeare a Hoelderlin.
E' stato Edmund Wilson a proposito del verso di Eliot a sottolineare il fatto che nella sua poesia confluisce tutta quella tradizione del blank verse che ha in Shakespeare il rappresentante più famoso. Scrive Wilson : “ Non è forse questo il linguaggio naturale della poesia ? Non è la norma rispetto alla quale, nella letteratura inglese, il Settecento rappresenta un'eresia e alla quale i romantici si sforzarono di ritornare ? “ (1)
E il dionisiaco Hoelderlin e il mistico Rilke sono evidenti manifestazioni della natura simbolista cioè della natura musicale della poesia nordica, che non si sviluppa seguendo le tracce consapevoli di un disegno, ma piuttosto scaturisce delle profondità dell'animo o dal subconscio con l'impeto di un prodigioso turbine.
E come evidenti risultano le somiglianze tra la poesia di Hoelderlin e quella dell'americano Edgar Allan Poe ( si confronti ad esempio l' “Inno alla dea dell'armonia” con “Al Aaraaf” ) (2), così evidenti sono le analogie tra questi sonetti di Benjamin e quelli di Rilke.
Prendiamo in considerazione quale esempio questa poesia della raccolta di Benjamin :

Siccome già perduta nel fondo mare dei dolori
della tua vita rotola l'onda, perdona
il sommesso canto che l'amante abbandonato
versa dalla bocca leggera dei folli

il canto che nella dimenticata oscurità come un brigante
sui passi montani tra cui sei nato
erra fino alla cima, semmai le spente orecchie
il tuo affanno nel mulinare del vento avessero raccolto

piangendo il tempo di un'ora benevola
quando tendesti alla sua rima e un dolente fulgore
dal canto le accordasti di una bocca accesa.

Tu ancora di amare strofe intrecciavi la corona
prima che tra bianche onde i suoi tralci spogli
nei capelli neri ti torcesse il dio dei morti.
( p. 9 )

Tentiamo ora un accostamento a un sonetto di Shakespeare :

Dalle belle creature un frutto amiamo,
che mai non muoia di beltà la rosa
ma come al tempo ceda, maturando,
rechi un tenero erede la memoria.
Ma ai tuoi splendenti occhi sposo sei
tu, di te nutri il fuoco tuo, la luce,
dov'è abbondanza carestia facendo,
a te, alla tua dolce essenza crudo.
Tu, l'ornamento fresco ora del mondo,
unico araldo a gaia primavera,
il tuo contento seppellisci in boccio,
tenero avaro, e ammucchiando sperperi.
Pietà del mondo ! O quanto al mondo devi
ingordo inghiotti, e nella tomba e in te. (3)

Passiamo ora a una poesia di Rilke, “Apollo primitivo” : (4)

Come talvolta in mezzo ai rami
ancora spogli un mattino sorge, e in quel momento
è primavera : così nulla affiora
dal suo capo, che il subito portento

della poesia non ci ferisca; il muro
d'ombra è lontano dal suo sguardo incauto
troppo fresca è la fronte per il lauro,
e solo tardi all'arco delle pure

sue sopracciglia sorgerà il rosaio,
da cui foglie cadute e sparse il lieve
tremito della bocca veleranno,

quella che tace adesso e accenna solo
a un sorriso da cui nitida beve
il canto come un'acqua nella gola.

Alla poesia di Benjamin si potrebbe anche accostare quella di Georg Trakl “Al ragazzo Elis” : (5)

Elis, se il merlo chiama da nere foreste,
allora è il tuo tramonto.
Bevono le tue labbra il fresco di azzurre sorgenti.

Lascia, se la tua fronte piano sanguina,
le remote leggende
e il presagio oscuro del volo.

Tu che vai con passi taciti nella notte
carica di grappoli purpurei
levi più belle nell'azzurro le braccia.

Batte un cespo di rovi
dove i tuoi occhi guardano, lunari.
Elis da quanto tempo tu sei morto.

Il tuo corpo è un giacinto
in cui fruga con ceree dita un monaco.
Il silenzio è una nera grotta; sbuca

di tanto in tanto timida una fiera,
abbassa lenta le palpebre gravi.
Nera rugiada cola alle tue tempie,

ultimo oro di stelle cadute.

Si notino elementi di somiglianza in questo sonetto di Benjamin ( p.12 ) :

Una volta delle sue orme era piena la città bianca
come una canzone moriva nelle sue finestre,
riflesso il suo sguardo, e il giorno si schermiva
fissandolo da cieli inermi

che ardenti pendevano sull'antico parco
dove al battito d'onda di grazie offerte
lo circuì un torpore il cui verde riflusso slittò via
alla nascita dei soli, quando in segreta forza

angeli lo sottrassero per paesi più distanti
d'imbiancate montagne dove l'anima dell'amica
precipitando volteggiava abiti di lino.

Il giovane un groviglio di schegge luccicanti
l'involse, sul capo stanco si curvò
dallo strale di un'eterna luna la fronte circonfusa.

Che dire di fronte a tanta bellezza ? La poesia ha i suoi misteri che si rivelano nell'intimo dei suoi fedeli. Posso soltanto notare che la lettura di esse non è agevole e meno che mai la possibilità di attribuire ad esse un senso logico. Esse come un brano musicale parlano direttamente alla coscienza, senza l'intermediario del raziocinio, agiscono come una magia su di noi e ci trasformano. E questo incanto avviene mediante quell'oscuro procedimento che è chiamato “analogia” (6) e che è una sorta di metafora estrema i cui confini si perdono al limite dell'incomprensibile. Perché non è la ragione che deve comprendere, né la poesia è fatta di ragione (7). Si può forse definire l'emozione che suscita un quadro ? O il brivido che ci pervade all'ascolto di una sinfonia ?
Ringraziamo dunque Claudia Ciardi per averci offerto questa bella e accurata traduzione, che suggerisce la profondità dell'originale e ne evoca il segreto.


  1. Edmund Wilson, Il castello di Axel, Milano, SE, 1996, p. 21.
  2. E' evidente l'influsso della poesia di Schiller, “Inno alla gioia” ( “An die Freude”, 1785 ), l'inno di Hoelderlin è del 1792, ma il suo discorso poetico si trasforma in un fiume di immagini musicali.
  3. W. Shakespeare, I sonetti, a cura di Rina Sara Virgillito, Roma, Newton Compton, 1999, p. 31, sonetto n.1.
  4. Rainer Maria Rilke, Poesie, tradotte da Giaime Pintor, con due prose dai quaderni di Malte Laurids Brigge, Torino, Einaudi, 1983, E-Book, p. 13.
  5. Ibidem, p. 69.
  6. E' Baudelaire a fornirci una delucidazione assai suggestiva del termine nei Paradis artificiels (1860), cap. IV, a proposito ovviamente dell'ebbrezza provocata dall'hashish.
  7. Bisogna ricordare a questo proposito il magistero di Stéphane Mallarmé, i cui sonetti (1893) rappresentano un modello sicuramente presente a Benjamin.

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