Un giorno tu sarai un raggio sul mare,
nel corteo che si perde luminoso
oltre il confine. Violaceo un abbaglio
e verde confonde l'occhio incantato.
Tu la luce che s'effonde giocosa
rimarrai per sempre a contemplare.
Un giorno tu sarai un raggio sul mare,
nel corteo che si perde luminoso
oltre il confine. Violaceo un abbaglio
e verde confonde l'occhio incantato.
Tu la luce che s'effonde giocosa
rimarrai per sempre a contemplare.
Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari, Laterza, 2010
Scheda di lettura
P. 7, la filosofia ermetica come gnosi, conoscenza intuitiva del divino. Somiglianza con la filosofia indiana (vedi G. Tucci).
P. 11, inizio del Pimander: la Parola luminosa, il Figlio di Dio (https://cdn.website-editor.net/dcdbb6508cb14435a94e1fd2ec52ce25/files/uploaded/Ermete-Trismegisto-Corpus-Hermeticum-Libri-I-XVIII.pdf).
P. 13, Apuleio di Madaura e l'Asino d'oro.
P. 14, per Giordano Bruno l'Ermetismo è l'unica vera religione.
P. 18, la più antica teologia inizia con Zoroastro.
P. 33, vedi Coomaraswamy, Induismo e Buddismo, Milano, Rusconi,1994, p. 95, Ermete viene citato insieme a Platone. Vi sono molti punti in comune con la tradizione induista.
P. 38, cfr. Marco Aurelio, Pensieri, Milano, Mondadori, 2002, p. 225, libro X,7. Qui nel testo ermetico è evidente l'influsso della filosofia stoica.
P. 55, influenza delle idee gnostiche ed ermetiche sul mondo arabo.
P. 56, le corrispondenze. C'è qualcosa che ricorda Baudelaire. E infatti Baudelaire era interessato alla magia. Cfr. Huysmans, Là-bas (romanzo sulla magia nera).
P. 63, I misteri egiziani di Giamblico per l'apprendimento della magia egizia.
P. 66, Giuliano imperatore, Ad Elios re (vedi Giuliano imperatore, Alla madre degli dei e altri discorsi, Mondadori, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, 1987) per la concezione astrologica. Tendenza egiziana della religione pagana tardo-antica.
P. 70, i malinconici, Saturno, considerazioni adatte alla figura di Faust.
P. 71, Plotino, Enneade IV, le immagini divine.
P. 75, le ombre delle idee.
P. 85, psicologia astrale ? Ibidem : la “Primavera” del Botticelli considerata un talismano o figura del mondo.
P. 95, tradizione ermetico-cabalistica cui si unisce anche la tradizione pitagorica. L'orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola, sorta di Magna Charta della magia rinascimentale.
P. 100, NB : “le mutue relazioni che innervano tutta la natura”, vedi concezione della poesia in Baudelaire (interessato alle scienze occulte) e Goethe, oltre al Faust vedi Urpflanze, la pianta originaria.
P. 102, l'alfabeto ebraico, il linguaggio creativo di Dio, Cabala.
P. 119, la Clavis Salomonis, opera assai rozza di magia medievale.
P. 120, gnosticismo ebraico-pagano dei primi secoli dopo Cristo.
P. 128, simboli pagani nell'affresco dell'appartamento dei Borgia in Vaticano.
P. 132, Dante e le sfere celesti.
P. 155, Dio e le divinità secondarie, connubio tra cristianesimo e paganesimo.
P. 159, Alessandro VI e la paganizzazione della Chiesa.
P. 162, importanza per i cabalisti della filosofia antica di Pitagora.
P. 169, NB : cita Macrobio, Somnium Scipionis.
P. 173, la magia rinascimentale come molla per l'applicazione delle conoscenze. I Greci vi si rifiutarono, perché consideravano vili le attività pratiche (ma forse fecero bene !).
P. 180, differenza fondamentale tra gli Umanisti e gli studiosi di filosofia greca del Rinascimento.
P. 187, Giordano Bruno, mago ermetico.
P. 194, popolarità dell'Asino d'oro di Apuleio durante il Rinascimento italiano.
P. 200, la religione ermetica intesa in senso cristiano, durante la Controriforma.
P. 213, il De umbris idearum, magia mnemotecnica.
P. 217, richiami a Plotino.
P. 236, Bruno restaura l'antica religione dell'Egitto e della Grecia.
P. 244, NB, gli dei come archetipi junghiani.
P. 248, lo Zodiacus vitae di Palingenio.
P. 258, profezia dell'Asclepius, sul ritorno della religione egiziana.
P. 266-68, interpretazione ermetica delle teorie copernicane da parte di G. Bruno.
P. 276, la dottrina del corpo astrale, cui si interessò Ficino.
P. 279, il latino di Bruno è un latino sgrammaticato e assolutamente personale.
P. 288, G. Bruno e Apuleio di Madaura.
P. 301, sostanziale paganesimo di Bruno.
P. 303, il messaggio di G. Bruno è forse all'origine della Massoneria del XVII sec.
P. 308, “l'anno grande del mondo”, cfr. De Santillana-Dechend, Il mulino di Amleto. Qui però non si precisa di che si tratti, né tantomeno si parla di precessione degli equinozi.
P. 310, riforma celeste dello Spaccio, forse precessione degli equinozi ?
P. 317, gli dei o potenze della personalità, vedi possibile trait d'union con Jung, Simboli della trasformazione.
P. 321, influsso di Bruno sulla letteratura inglese dell'epoca di Elisabetta (quindi anche su Shakespeare ?).
P. 335, influsso sulla poesia elisabettiana del Degli Eroici Furori.
P. 344, la filosofia ermetica di Bruno è una filosofia dell'interiorità.
P. 354, sostanziale pitagorismo di Bruno, travestito da ermetismo egizio.
P. 360, “poteri o forze di una personalità”, più che di magia io parlerei di psicologia bruniana, in questo senso la sua magia è molto interessante e fa “pendant” con quella di G. Jung.
P. 369, la “Primavera” del Botticelli riflette il culto astrale di Marsilio Ficino.
P. 372, la posizione di Bruno è vicina a quella degli yogin dell'India, cfr. Tucci.
P. 380, F. Pucci, il movimento navarrista derivato dall'ermetismo religioso.
P. 383, carattere collerico e irascibile del Bruno.
P. 392-93, NB : Bruno e Shakespeare, il personaggio di Biron (forse Bruno ?) in Pene d'amor perdute.
P. 395, il Dialogo dei massimi sistemi di Galileo influenzato da La cena de le ceneri di Bruno ?
P. 401, i Domenicani calabresi e napoletani come culle del movimento di Bruno e Campanella.
P. 405, Stato totalitario comunista di Campanella.
P. 418, “manifestationem et occultationem” vedi René Guénon, Il Demiurgo, Milano, Adelphi, 2007, p. 84.
P. 432, lo Spaccio della bestia trionfante ispirò le Pene d'amor perdute di Shakespeare.
P. 440, Casaubon demolisce la credenza nell'antichità degli scritti di Ermete Trismegisto.
P. 444, Fludd e Raleigh.
P. 449, I ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini e i Rosacroce.
P. 457, Bruno e la Massoneria, Il flauto magico di Mozart (Zarastro = Zarathustra e Trismegisto).
P. 472, argomento plausibile sulla validità dei libri ermetici come testimonianza della tradizione sacerdotale egiziana, anche se la loro redazione appartiene alla tarda antichità.
P. 489, Keplero e la matematica come misurazione quantitativa, vedi critica a questo atteggiamento della scienza moderna da parte di R. Guénon, Il Demiurgo e altri saggi.
P. 495, Leonardo da Vinci mago ? Suggestioni dell'ermetismo nelle sue concezioni secondo Eugenio Garin.
P. 496, La Nuova Atlantide di Francesco Bacone, sua origine ermetica.
P. 501, il meccanicismo cartesiano ha impoverito la visione della realtà riducendola a rapporti di tipo quantitativo e a un meccanicismo senza interiorità della coscienza (stessa concezione in R. Guénon, Il regno della quantità e i segni dei tempi).
Tu, sacro eroe dell'Azovstal,
martire della gloria,
impassibile difensore della Patria libera,
combatti contro i tormenti del nemico
che oltraggia l'essenza dell'uomo,
tu, vero figlio dell'Uomo.
Nei tuoi occhi si riflettono
gli assalti delle fiere,
dei selvaggi lupi della steppa,
assetati di sangue.
Resisti nel grande sacrificio
per la difesa delle porte.
Lontano popoli pacifici ti ignorano,
obliosi nella loro Gomorra,
ma tu sei l'araldo della Fede,
il soldato, che non diserta,
della Libertà.
E tu, nemico, rispetta
questa schiera d'eroi,
perché non ti travolga il disgusto
dei tempi a venire
e la maledizione degli uomini.
Figlio della luce della Libertà,
combatti con speranza contro il nero
odio, aspira alla luce
e troverai la via alla liberazione.
Figlio della luce della Libertà,
costretto ad abbracciare le armi
e non il sorriso della pace,
tra sete e fame e dolore
chi più di te è degno
della Libertà ?
Un padre che piange la morte
del figlio ho visto sul ciglio
della strada.
Ho visto le lacrime
scendere sulle guance
come sangue dalla ferita.
O sole, guarda questa terra !
Come essa è massacrata,
un deserto è la pianura,
le foreste scheletri neri.
Un cane randagio s'aggira tra le case,
quale anima che vuole abbandonare gli uomini.
Ma il nemico non ha onore,
non rispetta i morti.
Allora sorgi dal tuo covo d'acciaio
e combatti sino alla fine,
per la vittoria !
Il tuo braccio è armato di luce,
il tuo volto risplende
per l'amore dei tuoi figli.
Solleva il capo dal dolore,
guarda il sole che sorge
sopra le montagne,
alta si levi la tua speranza
e il cuore si colmi della pace.
Psiche, ti sei cullata allora
nella luce di un pomeriggio caldo,
tra il lene dondolio dei rami
degli aranci odorosi,
non sentivi ancora
l'incenso, non scorgevi dondolii
di turiboli,
ma ingenua e lieta sognavi
le promesse dei giorni.
E al respiro del mare
tu anche respiravi,
nel moto alterno era
un'onda il diaframma,
il diaframma un'onda,
e tu eri nel tutto
e ogni cosa era in te.
Beata nel grembo del vivente
eri parte del tutto, ma
il tutto era una parte
ed oltre non vedevi.
Da dove vieni dunque ? Chi sei ?
Sei una dea o una mortale ?
Quali ombre di pesci sovra
la posidonia nell'acqua vibrante di luce,
tremola l'incanto di un sogno lontano,
lontano, prima del cosciente risveglio
nel chiarore di un'alba.
Un tempo sovrastavano bianche nubi
dal sole irradiate
un mondo di dei.
Le rupi scintillavano
e lontano nel vento echeggiava
il gracchio dei corvi.
Le ombre delle nubi
ci avvolgevano.
Ma fulgidi di luce
alitavamo la nostra giovinezza.
Guarda come limpida l'acqua
abbraccia le rocce sul mare,
i pesci ci seguono nel nuoto
incuriositi come da strani pesci.
Non siamo forse io e te
un mito ? E tu sei certo
una sirena.
Come un eterno ragazzo
sento che la vita è semplice
e meravigliosa.
Non era così quando ero un ragazzo
e guardavo ammirato il mare,
ed ero un dio ?
Non è così ora che contemplo
il tuo viso nel ricordo,
il bellissimo viso
di principessina severa,
immobile come una dama egizia ?
Questi sono momenti in cui la vita
si rivela in tutta la sua potenza.
Guarda attraverso il riverbero delle acque
come trema il sogno del tuo amore,
avvolta dai baci della luce.
Quasi un'onda il tuo corpo
si posava sulle dune
come nel fondo del mare
e la mia ombra palpitava
nella luce di smeraldo.
Mormorava il mare sul lido
con un ansito rauco
e il tramonto si annunciava
insanguinando le piane equoree e i colli.
Tu eri, mio sogno silente,
viva e presente
ed annunciavi con gli occhi
la visione,
prima che svanisse nella notte.
Il tuo canto allora sarebbe sorto
sovra le onde agitate dalla luna,
una profezia avrebbe illuminato
le stelle.
I giunchi alla foce del torrente
fremono testimoni
di quell'attesa.
Quali parole risonarono nella sera,
una dolce musica ?
György Lukács, Teoria del romanzo (1920), Milano, SE, 1999
Scheda di lettura
P. 16, la Teoria del romanzo in quanto reazione al presente si pone nella scia del Decadentismo. Constatazione di Benn : “ la realtà non esisteva più, rimaneva la sua smorfia”.
P. 23, NB : filosofia (concezione del mondo) alla base della poesia, frutto della contrapposizione o no tra l'io e il mondo, tra interiorità ed esteriorità.
P. 27, questa contrapposizione tra io e mondo non c'era nel mondo greco, dove le concezioni metafisiche non erano passibili di estensione all'infinito ma trovavano un loro limite ed una loro oggettivazione.
P. 35, significato della tragedia greca :
La tragedia greca si situava oltre l'opposizione tra la prossimità della vita e l'astrazione, poiché la pienezza non implicava per essa il problema della vicinanza alla vita, né la trasparenza del dialogo comportava la revoca della sua immediatezza. Qualunque caso o necessità di tipo storico abbiano portato alla formazione del coro, il significato artistico della tragedia è questo : recare, di là da ogni vita, vitalità e pienezza all'essenza.
P. 38, nel dramma moderno la solitudine è l'autentica essenza del tragico, non in quello antico perché allora la vita era concepita come collegata all'essenza, mentre nel dramma moderno si attinge all'essenza al di là della vita o nonostante la vita.
P. 39, definizione di epica e di dramma. Il testo di Lukács esige un'esegesi come si trattasse di un testo poetico ed essenzialmente metaforico, anzi criptico. Il fascino di quest'opera risiede nello stile poetico-criptico.
P. 41, contenuto del dramma è il dovere, il superamento della vita. Ibidem : il dovere uccide la vita, quindi è antiepico, perché l'epos è la rappresentazione della vita.
Ibidem, giudizio negativo sull'epos di Virgilio e la narrativa di Zola, opere concepite in vista di un dover essere.
P. 42, nell'epica soggetto e oggetto non coincidono. Considerazioni suggestive circa la grande e la “piccola” epica (p. 43).
P. 46, osservazioni acute sull'umorismo. Il discorso procede però sempre per categorie, per astrazioni concettuali, perfettamente calzanti ma estremamente opinabili. Una perfetta prosa da idealista che ha elaborato uno stile impeccabile.
Ibidem, definizione della soggettività della grande epica : “puro organo atto ad accogliere il mondo”. Il contrario della soggettività lirica.
P. 47, Dante nel Paradiso si mostra agli antipodi dell'epica, quale “depositario della sintesi trascendentale”.
P. 47-48, non capisco perché questo giudizio negativo sulle Affinità elettive di Goethe (anche Papini esprime un giudizio negativo, vedi in Dante vivo) che, secondo me, sono un assoluto capolavoro. Segno evidente che l'impostazione idealistica porta a forzature e a travisamenti che spesso contraddicono l'evidenza.
P. 50, definizione di trivialità. Queste considerazioni a mio parere hanno anche una valenza psicologica, oltre che trascendentale.
P. 51, l'opera di Cervantes in prosa è grande epica, quella dell'Ariosto in versi è opera lirica.
P. 52, l'epopea di Dante : “i versi di Dante … non sono lirici : essi condensano l'epopea unificandola al tono della ballata”.
P. 53, psicologia dell'eroe romanzesco, individuo votato essenzialmente alla ricerca.
P. 53-54, l'argomentazione procede come al solito per astrazioni ed è alquanto nebulosa.
P. 54, “ogni forma è la soluzione di una dissonanza che giace al fondo della vita”, anche questa è una definizione di tipo psicologico.
P. 55-56, interiorità dell'anima nella lirica, pagina da accostare ad Apollineo e dionisiaco di G. Colli.
P. 56, la natura nella lirica è proiezione dell'interiorità.
P. 58. influsso di Schelling ? (Sistema dell'idealismo trascendentale).
P. 59, l'eroe dell'epopea non è mai un individuo.
P. 61, l'opera di Dante segna il passaggio dalla pura epopea al romanzo.
P. 63, “ogni forma d'arte è definita dalla dissonanza metafisica della vita”. Ibidem : “Il romanzo è la forma della matura virilità”.
P. 64, “l'arte – in rapporto alla vita – è sempre un nonostante”.
P. 65, la letteratura d'intrattenimento, “completamente insensata”.
Ibidem : intrinseca natura di processo del romanzo. Il romanzo in quanto forma rappresenta un equilibrio tra l'essere e il divenire.
P. 67, soggettività come interiorità, impegnata nello sforzo di imprimere al mondo estraneo il contenuto della propria nostalgia.
P. 72, l'individuo problematico del romanzo.
P. 78, l'ironia, la malinconia, il demonico, considerazioni di carattere metafisico-psicologico.
P. 80, il romanzo è l'epopea del mondo abbandonato dagli dei.
P. 81, l'eroe del dramma e il destino, differenze profonde tra il dramma e il romanzo. Inadeguatezza del dramma moderno che si avvicina troppo all'essenza del romanzo. Ibidem, il romanzo è la forma dell'avventura, la storia di un'anima che si mette in cammino per conoscersi.
P. 82, l'ironia del poeta è la mistica negativa dei tempi senza dei.
P. 84, fondamento trascendente del romanzo.
P. 93, questo seguire rigoroso la dialettica hegeliana rende il saggio astratto ed aprioristico, talvolta sconfinante in affermazioni fuori luogo o assurde.
P. 95, sull'Ariosto : “il mondo intero … rifuso in un gioco di pura bellezza”.
P. 96, il Don Chisciotte, “prima grande lotta dell'interiorità contro l'infamia prosaica della vita esteriore”.
P. 97, prosaicizzazione del mondo che contrasta con la ricerca dell'interiorità (affermazioni analoghe in R. Guénon e G. Colli).
P. 98, il dramma “sublime” di Kleist.
P. 99, il principio del male : la pura e semplice assenza dell'idea.
P. 100 e sg., epicità di Balzac, realizzata solo nei personaggi non nell'insieme.
P. 105, la scoperta dei romanzieri del XIX sec. (l'anima è più vasta del destino a cui è condannata in vita).
P. 108, vacuità dei romanzi di Walter Scott, mancanza di idee, utopia nostalgica che non approda a nulla.
P. 109, dissonanza profonda nella Salammbô di Flaubert tra esterno e interiorità dell'anima non risolta artisticamente.
P. 109-110, il romanticismo della disillusione, l'eroe negativo (vedi Flaubert, Tolstoj). NB : la parte seconda dell'opera è senza dubbio più apprezzabile della prima, soprattutto nella conclusione sono interessanti le pagine su Tolstoj.
P. 111, il romanticismo e la vita come opera d'arte.
P: 112, l'autodissoluzione della forma in un desolante pessimismo.
P. 113, fallimento circa l'unità compositiva dell'Oblomov di Gončarov.
P. 114-115, considerazioni sul tempo e lo spazio nell'epopea e nel dramma.
P. 118, importanza dell'Éducation sentimentale di Flaubert.
P. 118-119, pagine mirabili sull'interpretazione dell'Éducation sentimentale.
P. 120, coglie l'essenza dell'opera di Proust, ma in teoria e senza citarlo mai.
P. 128, il romanzo pedagogico.
P. 139, NB : il mondo epico di Tolstoj, natura e civiltà.
P. 141, l'amore come strumento di nascita secondo Tolstoj.
P. 142, la noia esistenziale in Tolstoj.
P. 144, dissidio profondo tra realtà umana inessenziale e realtà interiore (la vera). Problematicità dell'opera di Tolstoj, dal profondo contenuto filosofico.
Ibidem : “i romanzi di Tolstoj sono una dilatazione del romanzo della disillusione, una ripresa della forma flaubertiana in chiave barocca”.
P. 146, Dostoevskij iniziatore della nuova epopea.
https://gyorgylukacs.wordpress.com/i-testi/teoria-del-romanzo/
Nei giardini di Boboli, sopra la fontana del Nettuno, laddove c'è il labirinto di basse siepi, salirono, lui e le due donne.
E qui in vista della campagna, degli ulivi e delle ville e castelli, appoggiati alla balaustra discorrevano.
L'ansia della primavera alitava loro sul viso, l'ora del mezzogiorno abbassava le palpebre in un principio di sopore.
Come due sorelle, poggiati i gomiti sulla sponda di pietra, erano immerse nel sole. Le loro parole aleggiavano come colombe lentamente armoniose.
Presto le loro forme dorate nel sole si sarebbero calate sotto le volte di San Miniato e smarrite quasi nel buio della chiesa. Allora le avrebbe cercate con ansia più forte.
E scesero dunque tra il verde perenne degli allori, appena trattati dalle cesoie dei giardinieri. Si udiva il rumore dei passi sul selciato. Allora presero a parlare ancora un poco, prima di dividersi dopo la fontana del Nettuno. Nel grande teatro all'aperto, in fondo alla scalinata, dinanzi al palazzo Pitti, li attendevano gli altri compagni.
Ed egli si volse verso il sole, e a ricordare il passato, quando molti anni prima aveva attraversato quel giardino, avvolto dalla brama d'amore per una dolce fanciulla bionda come Simonetta che nasce dall'acque salse nella fantasia di Botticelli.
Era quella stessa Venere che ora lo invaghiva d'una delle due donne, colei che sembrava nuovamente incarnarne l'essenza.
Era ormai notte quando si diressero all'Ospedale degli Innocenti. Dinanzi alla porta sotto la volta affrescata egli provò a confessarle il suo amore, ma ella lo zittì subito. Non poteva, non voleva. Era già impegnata da molto tempo. Intanto la compagnia si sciolse e ognuno se ne tornò al proprio albergo. Così fu costretto a ritirarsi, suo malgrado e con il cuore in subbuglio.
Ma vide nella penombra allontanarsi due fanciulle della compagnia e ad esse si unì piacevolmente parlando degli avvenimenti della giornata. Era bello parlare con loro, erano ingenue e fresche come un gioioso mattino di primavera. Gli sembrava di essere nella piccola banda delle fanciulle di Proust, e come lui si beava della loro vista, delle loro parole, della vivacità che le animava e che avrebbe voluto condividere appieno. Ma si rendeva conto della distanza degli anni, nonostante il suo corpo fosse ancora giovane e forte, ahimé una distanza incolmabile e che avvicinava sempre più alla tomba.
Per questo egli era avido della loro presenza e apprezzava le loro vite molto più di quanto esse potessero sentirsi vivere. Con loro, insomma, anche lui sembrava voler recuperare il tempo perduto.
Sei tornata onda del mare
della memoria a urtare
lieve e terribile alla riva
desolata che s'apre vinta
da te
e ti getti su lei, su me
disperata, dissolvendoti
e rinascendo sempre
come il respiro del giorno
quando sorge dalle acque
tremule e gelide
della notte.
Sei tornata dall'ombre nere
dell'esilio, dai sogni remoti
d'infanzia, conscia
della tua condanna.
Non porti più notizia
dei miraggi dell'orizzonte,
ma difficile è vincere
le speranze.
Ora consolami prima che la chioma
canuta mi privi dello specchio,
dimmi ancora parole in un brivido,
sussurrami una musica mai udita,
una nostalgia, un riparo
dove piangere i giorni perduti
e le aurore che più non vedranno
questi occhi.
Ora consolami con il tuo ultimo
amore, l'ultimo che mi accompagni
sino alla fine, quando lontano
mi porterai con te,
nell'immenso fluttuare canoro
di luce.