sabato 23 dicembre 2023

Arthur Schopenhauer, Critica della filosofia kantiana

 


Arthur Schopenhauer, Critica della filosofia kantiana in Il mondo come volontà e rappresentazione, vol. II, Bari, Laterza, 1991


Scheda di lettura


P. 541, riconosce in Kant il suo maestro moderno, insieme agli antichi scritti induisti e Platone.

P. 544, NB : Hegel definito “goffo ed insulso”.

P. 547, Kant afferma sostanzialmente che le verità dogmatiche sono frutto della mente umana.

P. 548, mi sembra che qui Schopenhauer forzi un po' il testo di Kant, perché K. non dice che il comportamento umano sia forzatamente morale, ma è morale perché segue la legge morale. Invece S. afferma che il comportamento è determinato assolutamente dalla cosa in sé.

Ibidem, NB : elogio di Giordano Bruno, paragonato a Platone.

P. 556, attacca con veemenza gli idealisti, la cui filosofia ritiene senza senso.

P. 559, rimprovera a Kant di non aver a sufficienza distinto la conoscenza astratta dall'intuitiva.

P. 561, rimprovera a K. incoerenza e forzatura nell'uso dei termini, adattandoli al suo prefissato schema dimostrativo (senza preoccuparsi seriamente dell'oggetto della trattazione). In parole povere a Kant (come agli idealisti) interessa più il sistema che la verità.

P. 564, Schopenhauer non disistima Kant, tanto che definisce la Critica della ragion pura “l'opera più importante della letteratura tedesca” !

P. 566, rimprovera a Kant di non aver debitamente separato la conoscenza intuitiva e l'astratta.

P. 569, Kant commette un grave errore nella mistione della conoscenza intuitiva con l'astratta. Questo passo falso inficia tutta la sua teoria della conoscenza.

P. 570, Kant afferma all'inizio che l'intuizione sta a sé, che ci è data.

P. 571, nel subordinare tutta la natura all'intelletto, K. è chiaramente padre dell'idealismo, almeno secondo l'interpretazione di Schopenhauer.

P. 572, Kant non riesce a spiegare l'intuizione del mondo esterno, di qui il suo sostanziale fallimento.

P. 573, posizione chiaramente antiidealistica di Schopenhauer, mentre Kant, facendo dipendere la natura dall'intelletto, inizia la tradizione idealistica.

P. 574, dicendo che Kant nega che l'intuizione sia intellettuale, mi sembra che S. sia un po' troppo severo e tenda a giocare con le parole.

Ibidem : il discepolo è uno specchio d'ingrandimento degli errori del maestro. Detto valido per ogni epoca.

P. 575, grande errore di Kant fu introdurre un oggetto della rappresentazione tra la rappresentazione e la cosa in sé, di cui si sarebbero valse le categorie, ma sia l'uno sia le altre sono superflue. Di qua l'assoluta inutilità della dottrina delle categorie, vera e propria acrobazia cerebrale, che oscura la filosofia di Kant.

P. 580, è evidente che quando K. afferma che degli oggetti si hanno concetti, sbaglia ed ha invece ragione Schopenhauer dicendo che degli oggetti abbiamo intuizioni, perché i concetti sono astrazioni.

P. 581, l'amore per l'astrazione condusse Kant all'errore fondamentale dell'elaborazione del concetto puro.

P. 582, S. fa dell'ironia sull'oscurità della filosofia di Kant nel cap. “Sullo schematismo dei concetti puri dell'intelletto”.

P. 584, l'invenzione aberrante delle categorie è dovuta all'errore psicologico di K. dell'elaborazione architettonica, cioè ipotassi, a tutti i costi. E questo ovviamente non solo nel periodare, ma anche e soprattutto nella deduzione logica.

P. 586, per S. l'unica vera fonte di conoscenza è la conoscenza intuitiva, per Kant è quella concettuale.

P. 588, (contro gli idealisti) il mondo intuitivo non corrisponde affatto alla forma della riflessione, la quale potrebbe adattarsi così com'è anche a un altro mondo.

Ibidem : inconsistenza della deduzione delle categorie.

P. 589, dove parla del giudizio generale, speciale e particolare S. non è molto chiaro.

P. 592, si ha giudizio categorico solo dove viene espressa la causalità.

P. 601, 602, false considerazioni di Kant e di Aristotele sul concetto di necessario e accidentale. Il necessario assoluto (cioè libero da cause) è impossibile, l'accidentale se visto come effetto di una causa non è tale ma necessario. Senza dubbio l'argomentazione di Schopenhauer è più precisa, meno “tedesca” e più concreta.

P. 606, infondatezza della teoria delle categorie, dovuta alla mania simmetrica e architettonica di Kant.

P. 607, la tavola delle categorie è una gabbia basata su considerazioni casuali e arbitrarie, meglio : denominazioni casuali e arbitrarie.

P. 610, la materia è la rappresentazione della causalità ed esiste solo relativamente all'intelletto, la cui facoltà consiste nel riconoscimento di causa ed effetto.

P. 611, errore fondamentale di Kant : la mancata distinzione tra conoscenza astratta e conoscenza intuitiva.

P. 612, grande errore di Kant di avere sottovalutato l'intuizione a vantaggio del concetto astratto, anzi di averla considerata come un apporto della sensazione e di avere affermato che contribuisce alla conoscenza solo il concetto astratto ! Ibidem, invece per S. nell'intuizione “si obiettiva la cosa in sé”, l'intuizione è il fondamento della conoscenza.

P. 615, Kant confonde sempre la conoscenza data dall'intuizione con quella del pensiero e quindi dà luogo a una grande confusione. K. salta subito al pensiero astratto, senza analizzare il passaggio dalla sensazione al pensiero, senza definire né sensazione, né intelletto, né ragione. Fenomeni e noumeni sarebbero intesi da K., in senso suo proprio soltanto, come realtà manifesta e cosa in sé immanifesta, mentre il loro significato originario è quello relativo alla conoscenza intuitiva e alla conoscenza astratta. E' qui che K. non indaga, dando per scontata l'esperienza nella conoscenza intuitiva e non separando quest'ultima dall'astratta.

P. 616, invece di opinabili categorie, non avrebbe fatto meglio K. a ricorrere alle forme proprie della grammatica, ad es. sostantivi, aggettivi, verbi ?

P. 623, Schopenhauer non considera la ragione umana una facoltà principe come fa Kant, tanto che per lui l'incondizionato per la ragione è un nonsenso. S. attribuisce maggiore importanza all'intelletto e all'intuizione.

P. 626, Kant nella sua ricerca dell'incondizionato non è stato tanto guidato dalla ragione quanto dalla religione, egli perviene con sofismi a dimostrazioni pseudorazionali.

P. 627, 628, le notizie che S. fornisce del fatto che Platone avrebbe derivato la sua concezione della divinità da Mosé, sono errate. Platone è un seguace del pitagorismo e dell'orfismo, non aveva nessuna notizia della religione ebraica.

P. 629, Kant fa un cattivo uso della parola idea, perché la intende come concetto astratto, mentre il suo vero significato platonico è “immagine, visione” e la sua comprensione non è affidata alla riflessione razionale, ma all'intuizione.

P. 630, errore di Kant nell'identificare il quid metafisico nel soggetto, perché quest'ultimo appartiene alla logica, se identificato giustamente nella sostanza esso allora in quanto sostanza permanente è la materia. Equivoco di Kant che ha identificato soggetto e predicato in sostanza e accidente e ha confuso concetti astratti propri della logica e del regno della ragione con oggetti intuiti dall'intelletto in un rapporto diretto con il mondo fenomenico.

P. 633, contrariamente al procedimento logico della ragione che ricava i concetti generici dall'assemblaggio di quelli specifici, il concetto generico di sostanza fu ricavato soltanto da quello specifico di materia, in quanto un suo accidente, la permanenza, venne preso come unico significato di sostanza. Si tratta perciò di un'operazione di falsificazione volta solo a incamerare nel concetto di sostanza di per sé fasullo il concetto di sostanza immateriale accanto a quello della materia, di qui il concetto falso di anima intesa come sostanza.

P. 635, le categorie di Kant sono derivate dalla sua mania della simmetria, puri sofismi.

P. 639, cita il libro di Giordano Bruno, De l'infinito, universo e mondi, S. apprezza molto il Nolano.

P. 641, l'ammettere un principio nella serie delle cause, risulta surrettizio e falso.

P. 644, l'infinito non è esauribile con alcuna rappresentazione, cioè non si può pensare l'infinito. Per altro il mondo non esiste in sé, ma solo nella rappresentazione, vale a dire che la totalità non esiste e l'incondizionato non è conoscibile. NB : il mondo deve esistere solo nella rappresentazione del soggetto, che può seguire la serie di cause e di effetti all'infinito nel regresso (ma mai nel progresso !).

Si noti che se l'infinito non è conoscibile né si può supporre un principio dello spazio, allora il Soggetto primo (Dio) deve essere fuori della serie delle cause. Ciò dà ragione a Platone e alla sua concezione del Demiurgo, non creatore, ma ordinatore del mondo. Allora il Soggetto non è neppure infinito e non si identifica con l'universo, ma è Intelligenza che conosce e opera. Vide Cicerone, Tusculanae disputationes, I, 25 e Platone, Timeo, 38 a e 39 b. (Il corsivo è mio).

P. 647, Kant ha erroneamente ritenuto che il substrato del fenomeno sia la cosa in sé, la quale invece non appartiene minimamente al fenomeno, ma è solo soggetto, mai oggetto.

Dal mio punto di vista, non capisco perché Schopenhauer, dopo avere indicato nella volontà dell'individuo il suo essere in sé, passi a una Volontà universale che si individua nel singolo, visto come momentanea manifestazione. Io come soggetto individuale come posso essere nello stesso tempo universale ? Come posso essere cosa in sé individuale e cosa in sé universale ?

P. 648, critica la concezione di Kant della perfetta libertà umana espressa nella Critica della ragion pratica, si tratta di mera illusione.

P. 651, molto acutamente rimprovera a Kant di avere negato la presenza della cosa in sé nei semplici fenomeni della natura anche animale, tranne che nell'uomo. Si tratta infatti di una inconseguenza, se al fenomeno è sotteso il noumeno, questo deve valere per tutti i fenomeni.

Tanto per esemplificare, il termine νοούμενον è usato dagli stoici nel significato di “pensiero” (vedi Diogene Laerzio, VII, 59). Quindi la terminologia che sia Kant che Schopenhauer utilizzano non è molto chiara.

P. 654, accusa Kant di aver proseguito nella concezione della filosofia scolastica dell'Ens realissimum e di aver dato inizio all'astrazione epistemica propria dell'Idealismo.

P. 656, attacca la filosofia delle università, il cui intento è chiaramente politico.

P. 659, riconosce a Kant il grande merito di avere considerato tutta la realtà come semplice fenomeno. Kant ha aperto la via ad una nuova visione del mondo (che è quella naturalmente di Schopenhauer).

P. 663, giustamente per quanto riguarda la morale, Rousseau attribuisce più importanza alla coscienza che non alla ragione.

P. 664, cita Cicerone, De natura deorum, III, c. 26-31, riguardo alla ragione come mezzo e strumento per tutti i delitti.

P. 666, dotta dissertazione sul “nihil admirari” oraziano. Schopenhauer mostra di possedere una raffinata cultura umanistica.

P. 668, fa dell'ironia sul concetto di ragione in Kant, “il sesto senso delle nottole”.

P. 669-670, Kant non ha mai dato una definizione chiara ed esaustiva del termine “ragione”.

P. 671, il concetto di dovere incondizionato di Kant è contraddittorio e la sua concezione della virtù fine a se stessa è già in Platone.

P. 674, contesta l'impostazione teorica dell'etica di Kant basata su un complicato formalismo che invece si può risolvere nel precetto “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Ma questo è pur sempre un precetto egoistico. L'imperativo categorico disinteressato è una illusione.

P. 675, la massima della Critica della ragion pratica, del dovere per il dovere, è assurda e pedantesca. Il fondamento di un'azione a beneficio del prossimo non è il dovere per se stesso, ma l'amore.

P. 676, impostazione tutto sommato errata della Critica della ragion pratica, svolta tutta sulla falsariga della Critica della ragion pura e basata su concetti non dimostrati come dignità e felicità, la quale ultima è erroneamente collegata al concetto di virtù.

P. 677, la dottrina del diritto di Kant viene definita “una parodia satirica della maniera kantiana”, a sottolineare la sua intrinseca debolezza.



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