Talete diceva che la morte non differisce in niente dal
vivere, e aveva ragione. Infatti se non ci fosse la vita non ci sarebbe la
morte e se c’è la morte è perché prima c’era la vita. Lo stesso sviluppo degli
organismi è collegato alla morte di altri organismi, il nutrimento dei corpi è
il risultato della morte di altri corpi, l’accrescimento di un corpo è dovuto
alla morte delle cellule preesistenti, il mutamento e il divenire dei fenomeni
sono una morte continua. Dunque la vita e la morte sono gli elementi
costitutivi del mutamento, del divenire, che è la caratteristica fondamentale
di tutti i fenomeni della realtà, cioè della materia. E se la materia è un
continuo mutamento, che cosa siamo noi, poveri corpi umani ? Prima un bimbo,
poi un giovane, poi un uomo maturo, poi un vecchio, infine un cadavere. Che
cosa c’è di stabile in noi, di durevole, di immutabile ? Proprio nulla. Siamo
forse quelli di prima ? E’ difficile dirlo, certo non saremo più dopo. Verrebbe
quasi da dire che non siamo affatto, dal momento che mutiamo di continuo senza,
talvolta, neppure aver coscienza di noi stessi. I nostri pensieri fluiscono
dentro di noi come un torrente in piena dal quale siamo travolti senza scampo.
Non sappiamo neppure perché pensiamo a certe cose ora e non ad altre, non
sappiamo perché abbiamo certi impulsi, certi sogni tortutatori.
L’unica cosa che sappiamo è di essere presenti e di subire
tutto quello che accade dentro e fuori di noi, null’altro. Saremo presenti
anche alla nostra morte, e dopo ? Non saremo più presenti ? Chi può dirlo ? Non
abbiamo certo voluto noi venire al mondo e la nostra presenza qui è sempre
stata espressa nella nostra domanda : “ Perché ? “
Schopenhauer ( Il mondo come volontà e rappresentazione,
IV, ed. Laterza ) aveva cercato di rispondere e, secondo me, in modo persuasivo
e suggestivo : “ Non abbiamo dunque da indagar né il passato innanzi la vita,
né il futuro dopo la morte : invece come unica forma in cui la volontà si svela
dobbiamo conoscere il presente. “ Ed io penso che noi siamo presenti adesso in
quanto apparteniamo all’eterno presente. Che cosa saremo in fin dei conti ha
poca importanza.
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