martedì 12 febbraio 2013

Giovanni Pascoli, Fanum Apollinis






Putre senescebat deserto in litore fanum.
Semirutae stabant hedera cingente columnae,
muscus humi triglyphos circum lateresque linebat,
iamque ipsum limen tenues effuderat herbas,
et rubus implerat multa propagine lucum.
Aeditumus morti servabat proximus aedem
iam collabentem, veteres vetus ipse ruinas.
At cellae in medio, taciti velut immemor aevi,
arboris haerebat trunco modo puber Apollo.
Iamdudum priscis aberant sua numina templis,
templaque corruerant : terra caeloque repulsi
daemones errabant, ventis et nubibus acti :
deseruere Lares vicos et compita : passim
deflebant fontes summisso murmure nymphas.
Unus in occulto fani iuvenalis Apollo
stabat agens aliud, subrepentique lacertae
insidiabatur. Suspendit dextra sagittam :
ipse silet : sese iamiamque lacerta deo dat.



 Un tempio in rovina invecchiava su una spiaggia deserta. Le colonne mezzo diroccate erano tenute in piedi dall'abbraccio dell'edera e per terra il muschio ricopriva i triglifi e le pietre del pavimento. Anche l'ingresso era stato invaso da sottili erbe e i rovi avevano riempito il bosco sacro di fitte ramificazioni. A custodire il tempio cadente c'era un guardiano ormai prossimo alla morte, vecchio tra vecchie rovine. Ma in mezzo alla cella, come indifferente al silenzioso scorrere del tempo, stava appoggiato al tronco di un albero un Apollo appena adolescente. Da tempo ormai gli dei avevano lasciato i loro antichi templi e i templi erano crollati: scacciati dalla terra e dal cielo vagavano come demoni, spinti dal vento e dalle nuvole. I Larii avevano abbandonato borghi e crocicchi; qua e là le fonti con un mormorio sommesso piangevano le Ninfe. Solo quell'Apollo giovinetto restava in piedi nella parte più segreta del tempio, intento a tutt'altro: spiava una lucertola che si arrampicava lentamente su per il tronco. Con la destra il Dio tiene sollevata una freccia; trattiene il fiato: la lucertola è ormai sotto tiro.
( traduzione di Nora Calzolaio )


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