mercoledì 23 luglio 2014

Plutarco, La morte degli oracoli

Plutarco      Iside e Osiride e Dialoghi delfici        Milano, Bompiani, 2002
( a cura di Vincenzo Cilento )


Pag. 316, cap. 18 : molto interessante l'episodio della morte di dèmoni in Britannia. Sul sonno di Kronos vedi Il mulino di Amleto, pag. 549 ( Appendice ).

Cap. 18 : ” Demetrio, poi, affermò che tra le isole, sparse intorno alla Britannia, numerose e deserte, talune traevano il loro nome da dèmoni e da eroi. Egli stesso aveva navigato a quella volta, mandato dall'imperatore a visitarle ed esplorarle; nella più vicina di quelle isole deserte c'erano, sì, alcuni abitanti; i quali non solo erano pochi, ma erano considerati dai Britanni come esseri sacri e inviolabili. Al suo giungere, era scoppiato, lì per lì, un grande sconvolgimento atmosferico con molti portenti celesti : i venti si scatenarono e caddero le folgori. Cessata che fu la bufera, gli isolani la spiegarono col fatto che uno dei loro maggiori dèmoni era appena scomparso. Dicevano : “ Ecco, come una lampada accesa non fa male alcuno, ma nell'atto di spegnersi riesce molesta a tanti, così le grandi anime presentano un fulgore benigno e per nulla nocivo; pure, nel momento in cui si estinguono e periscono, molte volte, come ora, suscitano vento e bufere e, spesso, inquinano l'aria con influenze pestilenziali. Qui, anzi, c'è un'isola, nella quale è tenuto in prigionia Kronos, addormentato sotto la guardia di Briareo; gli fa da vincolo il sonno e sta intorno a lui tutta una corte di dèmoni servizievoli “.

Nell'Appendice de Il mulino di Amleto, pag. 550 si legge : “ Che Kronos … sia innegabilmente il pianeta Saturno non può venir ignorato da chiunque abbia letto il resoconto plutarcheo ( De facie quae in orbe lunae apparet, 941 ) sui “servitori” di Kronos che ogni trent'anni – cioè quando Saturno si trova nel Toro – fanno vela per Ogigia ove prestano servizio per trent'anni, dopodiché sono liberi di andarsene : ma la maggior parte di loro preferisce rimanere perché là, nell'isola di Saturno, l'Età dell'Oro non finisce mai. I servitori passano tutto il tempo in studi matematici, filosofici e simili, né devono darsi pensiero per il cibo, che è sempre a portata di mano. “

Vedi a pag. 322 dell'opera di Plutarco l'episodio dell'eremita presso le sponde del mar Rosso. Profetizza presso il mare, vedi Oannes a pag. 549 de Il mulino di Amleto ( Ioannes il Battista ! ) : “ ( ci si riferisce a un'opera di Robert Eisler ) E' lecito supporre senza esitazione di sorta che lo stesso sincretismo Giovanni-Oannes, che appare così naturale negli gnostici neobabilonesi [ s'intendono i Mandei ], sia esistito anche tra i più immediati discepoli ebrei del Battista, dal momento che un'influenza della credenza babilonese in incarnazioni sempre nuove dell'Oannes primordiale – Berosso conosce ben sei di queste reincarnazioni avvenute nel passato – sulle speranze messianiche del giudaismo posteriore è lungi dall'essere credibile. In IV Esdra, XII sg. … ci si attende che il redentore del mondo, l' “Uomo” celeste, sorga dal “cuore dell'oceano” prima della sua venuta, come dice Daniele ( 7, 13 ), assieme alle nubi del cielo, poiché : “ Come nessun uomo può cercare o scoprire ciò che è nelle profondità dell'Oceano, così nessun mortale può vedere il Figlio di Dio o le sue schiere se non nelle ore del Suo giorno “.
E vediamo Plutarco ( cap. 21 ) :
Dal momento che sta in mezzo a noi la tazza colma di miti e di ragioni mescolati insieme ( e dove mai si potrebbero incontrare più benevoli uditori, per saggiare questi argomenti, come se fossero monete straniere ? ), io non esito a farmi bello col racconto di un barbaro. Errai molto e sborsai parecchi quattrini, in compenso delle informazioni per scoprirlo : egli si lascia incontrare dagli uomini su le sponde del Mar Rosso una sola volta, nell'intero anno, e ne trascorre il resto, come si va dicendo, in compagnia di ninfe erranti e di dèmoni. A stento, alfine, lo rintracciai, e ottenni che mi parlasse con benevolenza.
Tra quanti uomini mai vidi, nessuno è così bello come lui. Immune da ogni malattia è la sua vita, poiché egli, una volta al mese, si cura col frutto, medicinale e amaro, di un'erba. E' esercitato nell'uso di molte lingue : con me, per lo più, usò un dorico che sentiva quasi di poesia. Mentre la sua voce risuona, il luogo s'impregna di fragranza soave, spirante, dolcissima, dalla sua bocca. Gli studi più vari e le ricerche gli fan compagnia tutto il tempo; ma alla virtù oracolare egli è ispirato un giorno solo, ciascun anno : allora egli scende in riva al mare e profetizza, consultato da sovrani e dai loro segretari, che poi s'affrettano al ritorno.
Orbene, costui faceva risalire la virtù oracolare ai dèmoni. Egli si diffuse a parlare di Delfi : di tutto ciò che qui si racconta di Dioniso e delle liturgie che si celebrano egli ha perfetta conoscenza. Diceva, anzi, che e racconti e riti riguardanti Pitone non eran altro che grandi prove sofferte dai dèmoni : al dèmone uccisore, dopo tale impresa, non era stato imposto un esilio terreno di nove anni e la fuga a Tempe; era, sì, stato bandito, ma per passare in un altro mondo, e di là, in seguito, dopo i cicli dei nove grandi anni, purificato e divenuto veramente Febo [ brillante ], ritornare a prendere possesso dell'oracolo, serbato sino allora da Themis.
I miti di Tifone e dei Titani dovevano intendersi nel modo che segue : “ prima tra dèmoni e dèmoni arsero guerre; e poi esili dei vinti o punizioni dei colpevoli, da parte del dio. Così Tifone, si dice, peccò nei riguardi di Osiride, e Kronos nei riguardi di Urano; di conseguenza, il culto reso da noi s'illanguidì ovvero si spense del tutto, allorché trapassarono in un altro mondo. ( Difatti, io ho sentito dire che i Solymi, popoli vicini ai Lici, onoravano Kronos più di ogni altro popolo; ma, allorché Kronos ebbe ucciso i loro capostipiti, Arsalo e Dryo e Trosobio, e si diede alla fuga e migrò da una terra all'altra, dove che fosse – il luogo essi non sanno dirlo - , essi lo trascurarono e chiamarono gli eroi del seguito di Arsalo “gli dèi, duri, di cerro”. I Lici fanno il loro nome nelle pubbliche e private imprecazioni. Potremmo raccogliere molti elementi, somiglianti a quelli su riferiti, dalle narrazioni mitologiche ).
Se anche chiamiamo alcuni dèmoni con i nomi riservati propriamente agli dèi, non è il caso di stupirsi – continuava il barbaro – poiché a tutti piace trarre il proprio nome dal nome di quel dio al quale ciascuno sia strettamente avvinto e alla cui potenza e al cui onore partecipi. Mi spiego : tra noi, uno è chiamato Dios, un altro Ateneo, un terzo Apollonio o Dionisio o Ermeo. Intanto, solo a pochi capita, per avventura, che il nome abbia una giusta corrispondenza; per i più, invece, tali nomi di origine divina non corrispondono per nulla, anzi sono una stonatura bell'e buona “.

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