mercoledì 13 agosto 2014

L'isola dei morti

Sull'opaca distesa
lentamente a colpi di remo
fra lievi balzi di spuma
avanzava la barca
nera,
lo stanco nocchiero
il braccio tendeva
bianco
sopra il remo,
affondandolo
nell'acqua buia.
Vortici intorno,
misteriosi gorghi
balbettavano
ignote litanie,
vicino le procellarie
rispondevano.
Più in alto
i gabbiani si astenevano,
avulsi testimoni,
dalle sterili acque.
Lentamente a colpi di remo
sull'opaca distesa
la barca nera
s'inoltrava sull'acqua
plumbea, nel deserto
liquido scivolava
inesorabile,
sotto un cielo incolore
tra nubi vorticose.
Fra lievi ansiti di spuma
lo stanco nocchiero
il braccio tendeva
bianco
e il remo affondava
nell'acqua nera.
E nel silenzio
al remeggio
su dai mulinelli spumosi salivano
spiriti fallaci, veli tenui
d'insidiosi colori,
inauditi rumori attutiti
dall'onda e odori
di essenze d'oriente.
Assente era colui che ascoltava,
né turbato dall'inganno,
procedeva pallido col suo remo.
Ma l'onda più aspra divenne
e turgida e il mare più nero
e più bianco.
Nel cielo i pensieri tortuosi
scaturirono faville
colme di minaccia,
tremendo scoccò il rombo
il dardo.
Assente era colui che ascoltava
e la sua mano il remo calcava.
Insidiose e tremanti
l'onde, dèmoni vaganti,
variegate fluivano assorte,
ombre della rapida morte.
Ed egli varcò la corrente,
passò oltre il cupo fragore
e sulle equoree pianure
vide le figlie di Forco.
Quali cigni danzavano
sulle brillanti lande,
canute e un occhio
e un dente solo avevano,
irridevano le gengive
i vanti delle Sirene.
Ah, di quali pene
gli afflissero la vista
l'altre figlie di Forco
le Gorgòni maligne
di serpi incoronate !
Odiate dai mortali
suggono la vita
con gli sguardi fatali.
Insidiose e tremanti
l'onde, dèmoni vaganti,
variegate fluivano assorte,
ombre della rapida morte.
Ratti alitanti destrieri,
accecanti miraggi,
i cani del Cielo
piombarono ventando
di grandi ali l'ardito
nauta. Avidi di carogne,
grifoni dal rostro
acuto rampogne gracchiavano.
Brillavano ancora l'onde
assetate d'aride sponde,
brillavano dal grembo tenace
sull'orma dell'eterna pace.
Ma udì prima un borbottìo
sommesso e poi un grondare
delle bavose bocche, dei ceffi
di Scilla, enfiati di calunnia,
di nera notte invasi.
E piano, piano avanzava,
la barca via scivolava
sull'onde frementi di schiuma
fra vampe di torbida bruma.
Ed ecco improvvise le rupi
irte di massi, scagliose
emersero dalla nebbia fallace,
ali di furo rapace.
Un murmure maestosi cipressi
addussero all'onda ventosa,
tremarono arcani riflessi
nell'aria ormai luminosa.
La chiglia s'infisse nel lido,
discese e col remo trafisse
le sabbie e quello, albero nuovo,
diramò novelle radici.
E i piedi calcarono il suolo
dell'isola ignota ai mortali.
Respirò. Un'aura pregna d'aromi
immortali l'avvinse
e dalla selva espirante
venne un sommesso richiamo.
Allora il volto protese
colpito da voce a lui nota
e vide, tremando di gioia
e ai sensi umani rapito,
suo padre incontro alla riva
radioso di luce più viva
del sole, e sorse con lui alla sorte
dei Vivi nella terra di Morte.




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