Non so perché d'amore
il dolce sguardo
tu mi negasti
ed arrossivi ancora
non di piacere, ma di sdegno
allora,
quando agli assalti ero lontano
e tardo.
Non del piacere
l'amoroso sguardo
l'animo mio ti volse,
non era l'ora
di basse voglie, ma quando
Amore accora
e cinge del suo fuoco,
ond'io ardo.
Un dio
parlava nel mio
inteso volto
ed a sua legge vincolava fede,
non l'aspra fuga
di chi mai non cede.
Ma tu fuggisti
al tuo promesso volto
e me
trattasti come chi travede,
e non s'incontra
dove Amore
ha sede.
Ora la nebbia involve
questo mio cuore,
vane sono le ore
ed ogni moto assolve
un sogno di silenzi.
Muto il mare respira
la notte che avanza,
nella mia stanza l'occhio
s'apre immoto
e il vuoto si spalanca.
E stanca
è la mia vita,
fuggita tu, mia speranza,
mi sei per sempre
forse, se il sole
più non leverà
la sua crinita fiamma.
Dorme ora la terra
e serra ogni amore
entro il suo petto.
Candida ella posa
coi neri capelli sparsi
sul letto quale fiore
che la rugiada attende,
con la sua chioma
cui l'aria lieve discende
d'uno spiro dischiuso.
E il vento invade la notturna
chioma arborea
delle selve montane ove cade eburna
la veste della vergine luna,
e sull'equorea bruna
iride del lago si distende.
Effuso spirito profondo doma
l'infinito coro delle stelle,
e un pianto si distilla
nel mio seno, e ad ogni favilla
un desiderio nasce di più belle
immagini fugaci.
Audaci brame che il buio nasconde
nell'onde dell'ombra,
come in fondo al mare.
Ma avare sono l'ore del giorno,
senza ritorno ci tolgono i sorrisi,
e la notte sola li irradia
nei mondi lontani del cielo
radianti di beatitudine.
La solitudine allora
felici ci rende e indora
un nostro pensiero, perduto
nelle còltrici immense
del sonno celeste.
E il tuo fantasma m'investe
nel seducente canto
della notte, che del suo manto
mi cinge intessuto
d'amati sogni, ove oblìo consola
di fugace visione
l'immortale illusione.
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