VII
I
diavoli che Dante trova nella quinta bolgia del cerchio ottavo, se
hanno del terribile, hanno anche del comico. Essi stringono la lingua
coi denti per far cenno al loro duce, come è usanza dei monelli, e
il lor duce fa trombetta di ciò che non occorre rammentare. Si
lasciano ingannare da Ciampolo, o chi altri si sia il famiglio
del buon re Tebaldo, e due di loro, Alichino
e Calcabrina, si azzuffano per ciò, e cadono nel bel mezzo del
bollente stagno.
Diavoli
così fatti, se possono incutere terrore (e molto ne incutono a
Dante), possono anche muovere a riso, ed hanno grande somiglianza con
quelli che si vedono trescare per entro ai Misteri e alle Moralità
del medio evo. Io non ho a ricercare qui come la fantasia popolare, e
anche la non popolare, pure ingombre come erano dei terrori
dell’Inferno, giungessero a ideare il demonio burlesco, sciocco,
ridicolo. Molti elementi concorrono in sì fatto concetto, a
sceverare i quali sarebbe necessaria un’accurata analisi. Ricorderò
solo che il diavolo appar ridicolo in numerose leggende, e che viene
un tempo in cui l’officio principale suo sulla scena è quello di
far ridere gli spettatori.
Se fu in
Francia, il che è assai dubbio, Dante può avervi veduto, in certe
rappresentazioni di sacro argomento, diavoli molto simili a quelli
ch’ei pone nella bolgia dei barattieri, poiché, già nel XII
secolo, alla rappresentazione di Mistère d’Adam, si
vedevano demonii correre per la piazza, tra il popolo, ma è da
credere che anche in Italia Dante potesse vedere così fatti demonii,
sebbene sia vero ciò che nota il D’Ancona, non avere, cioè, più
tardi, nelle Sacre Rappresentazioni nostre, il diavolo raggiunto mai
quel grado di ridicolo che raggiunse in Francia. La rappresentazione
dell’Inferno, fattasi in Firenze nel 1304, e nella quale erano,
secondo narra Giovanni Villani, diavoli orribili a vedere, è
possibile non si facesse in quell’anno la prima volta. In una sua
costituzione, del 1210, Innocenzo III parla di monstra larvarum,
che s’introducevano nelle chiese, ed è assai probabile che tra
esse ce ne fossero di diaboliche.
Anche i
nomi che Dante dà a que’ suoi demonii rimandano a Misteri e a
Sacre Rappresentazioni, dove nomi consimili occorrono frequenti. Tali
Misteri e tali Sacre Rappresentazioni sono, gli è vero, posteriori
alla Divina Commedia;
ma nulla vieta di credere che essi occorressero già in drammi più
antichi, non pervenuti sino a noi.
Dante, Inferno, XXII
Io vidi già cavalier
muover campo,
e cominciare stormo e far lor mostra,
e talvolta partir per loro scampo;
e cominciare stormo e far lor mostra,
e talvolta partir per loro scampo;
corridor
vidi per la terra vostra,
o Aretini, e vidi gir gualdane,
fedir torneamenti e correr giostra;
o Aretini, e vidi gir gualdane,
fedir torneamenti e correr giostra;
quando
con trombe, e quando con campane,
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane;
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane;
né
già con sì diversa cennamella
cavalier vidi muover né pedoni,
né nave a segno di terra o di stella.
cavalier vidi muover né pedoni,
né nave a segno di terra o di stella.
Noi
andavam con li diece demoni.
Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa
coi santi, e in taverna coi ghiottoni.
Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa
coi santi, e in taverna coi ghiottoni.
Pur
a la pegola era la mia 'ntesa,
per veder de la bolgia ogne contegno
e de la gente ch'entro v'era incesa.
per veder de la bolgia ogne contegno
e de la gente ch'entro v'era incesa.
Come
i dalfini, quando fanno segno
a' marinar con l'arco de la schiena
che s'argomentin di campar lor legno,
a' marinar con l'arco de la schiena
che s'argomentin di campar lor legno,
talor
così, ad alleggiar la pena,
mostrav' alcun de' peccatori 'l dosso
e nascondea in men che non balena.
mostrav' alcun de' peccatori 'l dosso
e nascondea in men che non balena.
E
come a l'orlo de l'acqua d'un fosso
stanno i ranocchi pur col muso fuori,
sì che celano i piedi e l'altro grosso,
stanno i ranocchi pur col muso fuori,
sì che celano i piedi e l'altro grosso,
sì
stavan d'ogne parte i peccatori;
ma come s'appressava Barbariccia,
così si ritraén sotto i bollori.
ma come s'appressava Barbariccia,
così si ritraén sotto i bollori.
I'
vidi, e anco il cor me n'accapriccia,
uno aspettar così, com' elli 'ncontra
ch'una rana rimane e l'altra spiccia;
uno aspettar così, com' elli 'ncontra
ch'una rana rimane e l'altra spiccia;
e
Graffiacan, che li era più di contra,
li arruncigliò le 'mpegolate chiome
e trassel sù, che mi parve una lontra.
li arruncigliò le 'mpegolate chiome
e trassel sù, che mi parve una lontra.
I'
sapea già di tutti quanti 'l nome,
sì li notai quando fuorono eletti,
e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.
sì li notai quando fuorono eletti,
e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.
«O
Rubicante, fa che tu li metti
li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!»,
gridavan tutti insieme i maladetti.
li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!»,
gridavan tutti insieme i maladetti.
E
io: «Maestro mio, fa, se tu puoi,
che tu sappi chi è lo sciagurato
venuto a man de li avversari suoi».
che tu sappi chi è lo sciagurato
venuto a man de li avversari suoi».
Lo
duca mio li s'accostò allato;
domandollo ond' ei fosse, e quei rispuose:
«I' fui del regno di Navarra nato.
domandollo ond' ei fosse, e quei rispuose:
«I' fui del regno di Navarra nato.
Mia
madre a servo d'un segnor mi puose,
che m'avea generato d'un ribaldo,
distruggitor di sé e di sue cose.
che m'avea generato d'un ribaldo,
distruggitor di sé e di sue cose.
Poi
fui famiglia del buon re Tebaldo;
quivi mi misi a far baratteria,
di ch'io rendo ragione in questo caldo».
quivi mi misi a far baratteria,
di ch'io rendo ragione in questo caldo».
E
Cirïatto, a cui di bocca uscia
d'ogne parte una sanna come a porco,
li fé sentir come l'una sdruscia.
d'ogne parte una sanna come a porco,
li fé sentir come l'una sdruscia.
Tra
male gatte era venuto 'l sorco;
ma Barbariccia il chiuse con le braccia
e disse: «State in là, mentr' io lo 'nforco».
ma Barbariccia il chiuse con le braccia
e disse: «State in là, mentr' io lo 'nforco».
E
al maestro mio volse la faccia;
«Domanda», disse, «ancor, se più disii
saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia».
«Domanda», disse, «ancor, se più disii
saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia».
Lo
duca dunque: «Or dì: de li altri rii
conosci tu alcun che sia latino
sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii,
conosci tu alcun che sia latino
sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii,
poco
è, da un che fu di là vicino.
Così foss' io ancor con lui coperto,
ch'i' non temerei unghia né uncino!».
Così foss' io ancor con lui coperto,
ch'i' non temerei unghia né uncino!».
E
Libicocco «Troppo avem sofferto»,
disse; e preseli 'l braccio col runciglio,
sì che, stracciando, ne portò un lacerto.
disse; e preseli 'l braccio col runciglio,
sì che, stracciando, ne portò un lacerto.
Draghignazzo
anco i volle dar di piglio
giuso a le gambe; onde 'l decurio loro
si volse intorno intorno con mal piglio.
giuso a le gambe; onde 'l decurio loro
si volse intorno intorno con mal piglio.
Quand'
elli un poco rappaciati fuoro,
a lui, ch'ancor mirava sua ferita,
domandò 'l duca mio sanza dimoro:
a lui, ch'ancor mirava sua ferita,
domandò 'l duca mio sanza dimoro:
«Chi
fu colui da cui mala partita
di' che facesti per venire a proda?».
Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita,
di' che facesti per venire a proda?».
Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita,
quel
di Gallura, vasel d'ogne froda,
ch'ebbe i nemici di suo donno in mano,
e fé sì lor, che ciascun se ne loda.
ch'ebbe i nemici di suo donno in mano,
e fé sì lor, che ciascun se ne loda.
Danar
si tolse e lasciolli di piano,
sì com' e' dice; e ne li altri offici anche
barattier fu non picciol, ma sovrano.
sì com' e' dice; e ne li altri offici anche
barattier fu non picciol, ma sovrano.
Usa
con esso donno Michel Zanche
di Logodoro; e a dir di Sardigna
le lingue lor non si sentono stanche.
di Logodoro; e a dir di Sardigna
le lingue lor non si sentono stanche.
Omè,
vedete l'altro che digrigna;
i' direi anche, ma i' temo ch'ello
non s'apparecchi a grattarmi la tigna».
i' direi anche, ma i' temo ch'ello
non s'apparecchi a grattarmi la tigna».
E
'l gran proposto, vòlto a Farfarello
che stralunava li occhi per fedire,
disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!».
che stralunava li occhi per fedire,
disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!».
«Se
voi volete vedere o udire»,
ricominciò lo spaürato appresso,
«Toschi o Lombardi, io ne farò venire;
ricominciò lo spaürato appresso,
«Toschi o Lombardi, io ne farò venire;
ma
stieno i Malebranche un poco in cesso,
sì ch'ei non teman de le lor vendette;
e io, seggendo in questo loco stesso,
sì ch'ei non teman de le lor vendette;
e io, seggendo in questo loco stesso,
per
un ch'io son, ne farò venir sette
quand' io suffolerò, com' è nostro uso
di fare allor che fori alcun si mette».
quand' io suffolerò, com' è nostro uso
di fare allor che fori alcun si mette».
Cagnazzo
a cotal motto levò 'l muso,
crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia
ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!».
crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia
ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!».
Ond'
ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia,
rispuose: «Malizioso son io troppo,
quand' io procuro a' mia maggior trestizia».
rispuose: «Malizioso son io troppo,
quand' io procuro a' mia maggior trestizia».
Alichin
non si tenne e, di rintoppo
a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali,
io non ti verrò dietro di gualoppo,
a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali,
io non ti verrò dietro di gualoppo,
ma
batterò sovra la pece l'ali.
Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,
a veder se tu sol più di noi vali».
Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,
a veder se tu sol più di noi vali».
O
tu che leggi, udirai nuovo ludo:
ciascun da l'altra costa li occhi volse,
quel prima, ch'a ciò fare era più crudo.
ciascun da l'altra costa li occhi volse,
quel prima, ch'a ciò fare era più crudo.
Lo
Navarrese ben suo tempo colse;
fermò le piante a terra, e in un punto
saltò e dal proposto lor si sciolse.
fermò le piante a terra, e in un punto
saltò e dal proposto lor si sciolse.
Di
che ciascun di colpa fu compunto,
ma quei più che cagion fu del difetto;
però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!».
ma quei più che cagion fu del difetto;
però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!».
Ma
poco i valse: ché l'ali al sospetto
non potero avanzar; quelli andò sotto,
e quei drizzò volando suso il petto:
non potero avanzar; quelli andò sotto,
e quei drizzò volando suso il petto:
non
altrimenti l'anitra di botto,
quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa,
ed ei ritorna sù crucciato e rotto.
quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa,
ed ei ritorna sù crucciato e rotto.
Irato
Calcabrina de la buffa,
volando dietro li tenne, invaghito
che quei campasse per aver la zuffa;
volando dietro li tenne, invaghito
che quei campasse per aver la zuffa;
e
come 'l barattier fu disparito,
così volse li artigli al suo compagno,
e fu con lui sopra 'l fosso ghermito.
così volse li artigli al suo compagno,
e fu con lui sopra 'l fosso ghermito.
Ma
l'altro fu bene sparvier grifagno
ad artigliar ben lui, e amendue
cadder nel mezzo del bogliente stagno.
ad artigliar ben lui, e amendue
cadder nel mezzo del bogliente stagno.
Lo
caldo sghermitor sùbito fue;
ma però di levarsi era neente,
sì avieno inviscate l'ali sue.
ma però di levarsi era neente,
sì avieno inviscate l'ali sue.
Barbariccia,
con li altri suoi dolente,
quattro ne fé volar da l'altra costa
con tutt' i raffi, e assai prestamente
quattro ne fé volar da l'altra costa
con tutt' i raffi, e assai prestamente
di
qua, di là discesero a la posta;
porser li uncini verso li 'mpaniati,
ch'eran già cotti dentro da la crosta.
porser li uncini verso li 'mpaniati,
ch'eran già cotti dentro da la crosta.
E
noi lasciammo lor così 'mpacciati.
Nessun commento:
Posta un commento